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Il mio pellegrinaggio a Czestochowa

Da Paolo Statuti

Il mio pellegrinaggio a CzestochowaUn atto di devozione e di gratitudine

 

   E’ il 5 agosto 1988, una mattina d’estate apparentemente come tante altre, ma sostanzialmente molto diversa e che non dimenticherò mai. Dopo la Santa Messa celebrata alle ore 7.00 nella Parrocchia della Natività, nel quartiere “Praga” di Varsavia, ci siamo divisi in sei gruppi. Il primo, contraddistinto dal colore bianco e composto solo di bambini, era seguito dagli altri contrassegnati dai colori: giallo, verde, amaranto, arancione e azzurro. Mia moglie ed io eravamo inseriti nel gruppo arancione. In tutto circa 800 pellegrini di ogni età e professione. Attorno a noi la folla di parenti e amici accorsa per salutare i propri cari. Nei loro occhi la promessa di seguirci con la mente e con lo spirito, e il rammarico di non poter essere con noi nel lungo cammino di 310 chilometri verso il Santuario della Madonna Nera a Częstochowa. Un festoso scampanio accompagna la nostra partenza. Apre il corteo la Croce, affiancata dalla bandiera polacca e da quella del Papa.

   Dopo qualche chilometro ci troviamo già in aperta campagna, a stretto contatto con la natura e con l’animo pronto a intercettare messaggi nuovi e insoliti, che s’incrociano tra la terra e il cielo, che parlano di fede e sacrificio, di amore, penitenza e speranza, di pazienza e gioia. Siamo già mentalmente lontani dalle proprie comodità e abitudini di tutti i giorni e ci sentiamo uniti dalla semplicità, dalla benevolenza, dal desiderio di aiutarci a vicenda, dal sentirci un’unica grande famiglia in Cristo. Durante tutto il pellegrinaggio durato dieci giorni, siamo infatti tutti “fratelli” e “sorelle” e con questo appellativo ci rivolgiamo tra noi.

   L’itinerario, che è sempre lo stesso ogni anno, tocca villaggi prevalentemente agricoli, come ad esempio: Glinki, Warka, Białobrzegi, Fałków e così via, dove veniamo accolti dalla popolazione locale sempre con manifestazioni di autentica spontaneità e di grande affetto. Quante minestre calde ci hanno offerto, quanti secchi di tè, quanta frutta, perfino dolci! E quale ospitalità abbiamo trovato per i pernottamenti! Quante lacrime ho visto affacciarsi negli occhi delle persone in attesa del nostro passaggio! E inoltre: contadini che interrompevano per un attimo il lavoro nei campi e agitavano un braccio, imitati da frotte di bambini.

   Questo filo diretto con gli abitanti delle campagne ci ha seguiti dall’inizio alla fine, a testimonianza di una identità di sentimenti e di una comune partecipazione spirituale a questo meraviglioso evento.

   Col passare dei giorni, la calura non accenna a diminuire, aumenta la stanchezza fisica, i piedi si ricoprono di vesciche, ma la fatica viene ampiamente ripagata da una grande gioia interiore.

   Le preghiere e i canti che si levano in continuazione da ogni gruppo, scandiscono la nostra marcia verso il Santuario. Sentiamo che essi non si dissolvono nel nulla, ma arrivano a destinazione e vengono ascoltati e ci ritornano sotto forma di benedizioni e di forza spirituale.

   Camminiamo attraverso prati, boschi, paesini, lungo strade asfaltate, sentieri polverosi, sempre più vicini alla miracolosa immagine della Madonna Nera. Qualche volta davanti a noi sfreccia un treno e il macchinista aziona il segnale acustico per salutarci. A intervalli di una o due ore ci fermiamo per riposarci e approfittiamo di quelle soste per dare un po’ di sollievo ai piedi e per rifocillarci.

   Ricordo in particolare l’incanto della notte trascorsa in un fienile: il silenzio dei campi rotto dal canto dei grilli, la luce che filtrava attraverso le tavole di legno delle pareti, il pensiero di vivere un’esperienza unica e indimenticabile, la sensazione di sentirmi più vicino a Dio.

   Nella seconda parte del pellegrinaggio a volte ci siamo incrociati con folti gruppi provenienti da altre città polacche, e l’incontro veniva sottolineato da calorosi applausi, sorrisi e scambio di distintivi. Un segno anche questo della fratellanza in Cristo di tutti i pellegrini.

   Poco prima di arrivare a Częstochowa abbiamo fatto sosta in un boschetto chiamato “del perdono”, e lì ci siamo abbracciati chiedendo idealmente    scusa a tutti per le eventuali offese arrecate e per augurarci pace e felicità. E’ stato un gesto di amore sincero e spontaneo e di partecipazione alla gioia comune.

   A 10 chilometri circa da Częstochowa, uscendo da un bosco si vede per la prima volta in lontananza la torre-campanile del Santuario. E’ uno degli istanti più commoventi dell’intero pellegrinaggio. Ci inginocchiamo tutti per ringraziare la Madonna e per salutarla: Ave Maria…

   Finalmente dopo dieci giorni di religiosa e febbrile attesa percorriamo le vie di Częstochowa, accolti entusiasticamente dagli abitanti della città: applausi, sorrisi, fiori, balconi imbandierati ci fanno dimenticare la stanchezza e le vesciche ai piedi. Ormai si pensa solo al momento più bello e più solenne, quando ci troveremo faccia a faccia con la Madonna di Jasna Góra, per coronare il nostro cammino verso Cristo attraverso Lei. Non è facile descrivere ciò che si prova in quell’attimo, è una cosa che bisogna sperimentare di persona. Posso soltanto dire che ho provato una grande serenità, un senso di protezione e una sincera gratitudine. In fondo era questo lo scopo principale della mia partecipazione al pellegrinaggio: esprimere alla Madonna la devozione e la gratitudine per tutto quanto mi ha dato finora nella vita.

   Quanti ricordi rimarranno per sempre impressi nella memoria: la Santa Messa all’aperto concelebrata all’alba da tutti i sacerdoti partecipanti al pellegrinaggio, un bambino di sei anni che cantava al microfono “Maria, Regina della Polonia”, la gioventù polacca così bella, semplice e cordiale, le infermiere sempre pronte a intervenire per alleviare all’occorrenza stanchezza e dolori, in alcuni paesini la suggestiva cerimonia dell’offerta di pane e sale – antica usanza slava simbolo di ospitalità, il suono delle campane che ci accoglieva ovunque ci fosse una chiesa…ma più di tutto e al di sopra di tutto ricorderò quel volto bruno della Madonna, segnato su una guancia, e il suo sguardo dolce e malinconico che sembra costantemente dire: “Dove vai, uomo? Fermati un istante a parlare con me, confida in me…io ti aiuterò e ti consolerò”.

Agosto, 1988   Paolo Statuti

  

  

(C) by Paolo Statuti   

 



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