Il titolo non parla di me, visto che l’arte marziale più vicina che abbai mai praticato è la visione di Dragon Ball. É una frase che sento spesso esclamare a Lorenzo Luilli, appassionato e praticante di judo. Gli ho chiesto di spiegarmi come mai crede che il suo judo sia stato massacrato in sede olimpica e dalle sue esigenze televisive, e questo è quello che mi ha scritto. Concordate con lui? In caso positivo o negativo, lasciateci un commento! :)
Ho sempre pensato che essere nato nel 1964 – anno in cui il Judo fece la sua comparsa alle Olimpiadi di Tokyo – sia stato un segno del destino, e che gli oltre 25 anni di pratica di questa splendida Arte ne siano stati come una conseguenza. Sebbene abbia tanto da fare, nella vita di tutti i giorni, non ho abbandonato il mondo delle Arti Marziali: mi basta anche solo vedere una foto di un incontro di Judo per accelerare il battito del mio cuore… potete quindi immaginare come mi senta quando ho la possibilità di vedere le gare in diretta nel più alto momento sportivo ed emozionale che possa esistere per un atleta: le Olimpiadi!
Purtroppo, da anni ormai, quello che era il “mio” Judo è solo un pallido ricordo, non tanto per gli atleti – che seppur diversi sono sempre magnifici e per i quali ogni paragone (anche se la tentazione di farli è fortissima) non ha alcun senso – quanto invece per le storture che nel corso del tempo la Federazione Internazionale ha pensato bene di imporre, nella vana (e dannosa) speranza di renderlo più telegenico e con appeal per il grande pubblico.
1) I Judogi colorati. Dopo anni di resistenza da parte dei giapponesi -sono stati adottati per rendere più facilmente distinguibili i due atleti, che altrimenti, avvinghiati e aggrovigliati come accade spesso in una specie di gruppo Laocoontico tutti in bianco, avrebbero potuto aumentare le chance del telespettatore inesperto di cambiare canale.
2) Il minestrone sui punteggi. Prima sono state introdotte frazioni di punto talmente aleatorie ed evanescenti da rendere il risultato finale spesso succube del segno zodiacale dell’arbitro e del cognome da nubile del lattaio degli atleti in gara. Successivamente si è operata una specie di semplificazione che praticamente riportò tutto all’inizio – o quasi – ma che non fece affatto bene allo share, tanto da far cambiare di nuovo il canale al solito telespettatore inesperto.
3) Terza rivoluzione, più strisciante: le proiezioni a terra. Il Judo, per chi non lo sapesse, consta di un combattimento che inizia in piedi ma che può proseguire a terra, e in questa fase gli atleti cercano la vittoria immobilizzando l’altro, mettendogli in leva il gomito e costringendolo alla resa, oppure strangolandolo e ancora costringendolo ad arrendersi con un gesto molto semplice, cioè battendo per terra o sul corpo più volte con la mano.
Il problema è che i cervelloni della Federazione hanno deciso che, per alleviare i dolori al capo dei pochissimi telespettatori sopravvissuti, c’era bisogno di velocizzare il tutto e renderlo frizzante e spumeggiante: e così, si decise che il lavoro paziente e sottile della lotta a terra mal si prestava allo scopo, per cui fu stabilito che:
- o si consegue un punto nel giro di pochissimi secondi
- o l’arbitro deve interrompere il combattimento e far rialzare i due contendenti.
Ora, quanti telespettatori sono stati riconquistati da queste manovre? Zero!
In compenso quella che era ancora, forse – ma qui servirebbe un altro pezzo ben più lungo e articolato, e non vorrei causare altre emicranie – un’Arte Marziale è diventata un circo, una parodia di quello che era una volta. E il bello è che nessuno ci ha guadagnato.
Se ne avete voglia date un’occhiata alle prove dei vari Yasushiro Yamashita, Toshihiko Koga e Neil Adams, confrontateli con quello che vedrete in queste giornate a Londra 2012, e poi mi direte. Io sarò romantico, o semplicemente legato al passato perché è il mio passato, ma questo Judo non lo riconosco più.
Photo credit by Singapore 2010 Youth Olympic Games
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