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Il mio senso del Natale: Amour e musica.

Creato il 23 dicembre 2012 da Unarosaverde

Se il Natale e’ tempo di nascita, potrebbe sembrare poco appropriato scegliere un film come Amour, di Haneke, come compagnia per un tranquillo sabato pomeriggio. Nonostante il titolo possa far immaginare una storia romantica, la trama e’ incentrata sulla fine dell’amore attraverso il suo atto piu’ estremo, quello che sublima il sentimento stesso con la scelta della morte in risposta ad una vita che non può’ più’ essere definita tale.

La scena si svolge quasi completamente all’interno di un appartamento dove vivono due anziani musicisti. Si amano, condividono interessi, abitudini e anni di vita comune e stanno trascorrendo giorni quieti ma ricchi di piccoli piaceri. Poi, inattesa, arriva la malattia, in una forma che costringe lui a guardare la metamorfosi lenta e crudele del corpo e della mente di lei; lui sceglie di assisterla, in dimensione molto privata e protettiva, fino a quando, persa ogni speranza, non gli resta che un gesto estremo per entrambi.

Non ci sono grandi dialoghi, eventi rumorosi, brusii lungo la narrazione. Le lunghe pause, le riprese fisse intorno ai due soggetti, la lentezza del movimento lasciano che le domande, e le risposte ad esse, sia lo spettatore a deciderle dentro di se’.

Piu’ di tanti altri, questo film può’ suscitare reazioni molto diverse: noia, fastidio, rifiuto, fascinazione ma, per quel che mi riguarda, gli spunti di riflessione che un tema come questo offre preferisco coglierli e rimuginarli. D’altronde, così’ come ci preoccupiamo tanto di chi nasce, mi sembra logico ci si debba interessare anche a chi muore e tentare, per quanto triste sia, di accettare il fatto che, come esiste il nostro inizio, cosi’ ne e’ prevista la fine, perlomeno qui, nel mondo che noi conosciamo. Oltre i nostri confini tangibili, nessuno può’ veramente sapere che cosa accade perciò’ che ognuno di noi se ne faccia la propria rappresentazione e viva in modo coerente a ciò’ che crede lo attenda. In ogni caso mi e’ sembrato narrasse una storia d’amore, senza nessun dubbio.

Di tutt’altre emozioni si e’ riempita invece la serata, mentre ascoltavo con il solito piacere, circondata da molte persone che conosco, il tradizionale concerto natalizio del coro ANA del mio paese, inframmezzato da pastorali suonate su un organo in cui mio padre e mio zio si sono divertiti, con certe melodie poco canoniche ma molto allegre, mentre tentavano di placare gli acciacchi tonali del vecchio strumento. Si e’ cantato di bimbi e di speranza, di guerre ed errori, di campane che suonano e della voglia che si ha di un futuro pieno di cose semplici, come una ninna nanna, e ricche di luce, come la musica.

Poco lontano, in un locale accanto al sagrato, bolliva speziato il vin brule’ ignaro delle note. Il paese antico, addormentato e freddo, aspettava paziente la nascita del nuovo giorno che stava arrivando, ancora una volta, a rimpiazzare quello che se ne stava andando.


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