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Il mio vicino Totoro

Creato il 29 aprile 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1
Il mio vicino Totoro
A distanza di circa ventun'anni, arriva in Italia Il mio vicino Totoro, figlio del maestro dell'Anime giapponese  per eccellenza Hayao Miyazaki, risalente al 1988 e qui giunto solo nel 2009 (eh già, ce la prendiamo comoda noi italiani). Per questo film inizialmente Hayao aveva pensato a una sola protagonista, poi però decise in qualche modo di "sdoppiarla" mantenendo prima di tutto una coerenza ideologica. Infatti, le due sorelline di Totoro sono Satsuki e Mei, ed entrambi i loro nomi fanno riferimento al mese di maggio. Ad arricchire il fascino narrativo e artistico del film c'è poi un forte elemento autobiografico, poiché lo stesso Miyazaki insieme ai suoi fratelli, ha vissuto in prima persona la malattia della madre.
Queste due sorelle si trasferiscono con il papà in un piccolo villaggio di campagna, a Tokorozawa. Siamo nella Tokyo degli anni '50 e l'impatto con l'elemento della natura è fin da subito coinvolgente. Una volta trasferiti qui, avrebbero potuto far visita più spesso alla mamma ricoverata in un ospedale, proprio nelle vicinanze. Il primo curioso approccio a un "nuovo mondo" avviene nella casa, quando gli esserini del buio o "corrifuliggine" si rivelano alle protagoniste. L'aspetto magico sta nel fatto che solo gli occhi ingenui e incontaminati dei bambini possono vedere questi spiritelli, gli stessi che poi ritroviamo nel film La città incantata. Il cuore della vicenda si accende quando Mei, si imbatte in un grande albero di canfora e proprio lì, incontra due strani animaletti pelosi che la portano poi dal più grande e dormiglione, Totoro. Talpa, procione (mio figlio lo chiama "il coniglio strano") o qualsiasi animale si possa riconoscere, purché riporti i nostri occhi a intravedere l'aspetto fiabesco e strabiliante, nascosto in tutto ciò che ci circonda.
Il mio vicino Totoro
Il nome in realtà deriva dal personaggio scoperto da Mei in un libro di fiabe, il Troll (in giapponese Tororu). E la cosa più tenera è che il nome di Totoro altro non è che la personalizzazione di una bambina che, a malapena può dire, di aver imparato a parlare e questo è a mio avviso uno degli aspetti più straordinari del film. Fin dal titolo la curiosità di voler arrivare in fondo, perché Totoro cattura sia grandi che bambini ma il regista ci tiene a mettere in chiaro subito una cosa: questo enorme animale dall'aspetto pacioso ma dal sorriso a volte inquietante, non verrà mai compreso realmente se non dai bambini. Appartiene a loro (come le scoperte che un po' spaventano ma attirano), così come i libri che gli leggiamo prima del bacio della buonanotte, quelle storie andranno dritte dritte nei loro sogni. E ogni giorno sarà un giorno in più per accrescere la curiosità e la voglia di conoscere. Esiste un modo migliore per diventare grandi?
Il mio vicino Totoro
Totoro però non è solamente il riflesso più colorato della fantasia e dei sogni dei bambini. Come dicevo all'inizio la natura ha un impatto forte sullo spettatore e Totoro incarna esattamente questo, il rispetto per il mondo che ci circonda. Bellissima la sequenza che vede le ragazzine in braccio a Totoro e Satsuki grida alla sorellina: "guarda Mei sembriamo il vento!". (Se l'espressione non è totalmente corretta chiedo scusa).Questo vento poi porterà nel giardino delle piantine, e poco importa se non è chiaro quanto ci sia di reale in quella magica notte, i germogli sono nati e la natura ha fatto il suo miracolo. Non è nemmeno tanto chiaro cosa sia accaduto realmente nella notte in cui aspettano il padre alla fermata dell'autobus. Anche lì compare Totoro e un'altra insolita creatura chiamata Gattobus. Così simile allo Stregatto di Alice, questo autobus peloso e soffice aiuterà Satsuki a riportare a casa la piccola Mei, persa nella campagna perché voleva tornare dalla madre e portarle una pannocchia.
Il mio vicino Totoro
Non so fino in fondo quale sia il segreto del cinema di Miyazaki, so solo che ogni volta, finito di vedere un suo film, faccio un enorme salto indietro, se non altro ci provo. E rivedo tutto ciò che da bambina mi meravigliava, quello in cui credevo e che a miei genitori sembrava assurdo. Si insomma, tutto ciò che ho perso per strada e di cui, inconsciamente, ho ancora oggi tremendamente bisogno...

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