La piccola Mei scopre un varco misterioso tra i cespugli e ci cade dentro proprio come Alice nella tana del Bianconiglio. Allo stesso modo noi scivoliamo dolcemente nel magico mondo di Hayao Miyazaki. E’ così che Il mio vicino Totoro ci conduce per mano in un microcosmo campagnolo e incantato, selvaggio e puro, in quell’immaginario tipico dell’infanzia popolato dai “nerini del buio” (come li chiamano le sorelline Satsuki e Mei), da totori e totorini conosciuti solo nelle fiabe, da un gommoso e malleabile Gatto-bus che riecheggia con furore l’indimenticabile Stregatto incontrato dalla biondina di Lewis Carroll.
Totoro è un inno alla grazia e alla fantasia, al piacere di disegnare e stupire lo spettatore. Sempre con semplicità. Senza trovate spettacolari che stonino da una poetica che fa della genuinità dei sentimenti e dei personaggi il proprio punto di forza. Un’opera intelligente che esalta la vita, l’ambiente, la gioia dei più piccoli. Un Miyazaki ancora lontano dalla complessità, accessibile solo ad adulti particolarmente attenti, di opere venture come l’apprezzatissimo Il castello errante di Howl. E forse proprio per questa “elementarità” di fondo Totoro è ancor più piacevole, tenero, amabile, spensierato, ma non disimpegnato.