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Il missionario della democrazia

Creato il 10 febbraio 2014 da Conflittiestrategie

 

Su quello che sta succedendo in Ucraina, si è detto e scritto molto. Secondo i mass-media, i manifestanti protestano contro il presidente Viktor Yanukovych perchè  accusato di corruzione e di essere amico degli oligarchi mafiosi gravitanti nell’orbita del Cremlino. Questi manifestanti, sempre per opinione dei media occidentali, sono a volte, in favore dell’Europa, contro la Russia, forse di sinistra, ma magari di estrema destra, di certo sono nazionalisti o semplicemente aspirano a maggiore libertà. In apparenza la confusione regna suprema; ma questo scompiglio è solo uno specchio per le allodole, la realtà è ben evidente, i disegni geopolitici sono chiari e i fatti decifrabili.

Procediamo per gradi. Per arrivare al punto di svolta della crisi Ucraina bisogna retrocedere nel tempo, di qualche mese, in un posto geografico  e in un contesto politico completamente diverso da quello dell’Ucraina: La Siria. Molti di voi si chiederanno cosa centri la situazione siriana con quella ucraina? C’entra, c’entra; c’è un comune denominatore tra le due crisi; una, quella siriana, già in un contesto di guerra civile, l’altra, quella ucraina ci si avvicina sempre di più. Vi ricordate l’accordo raggiunto tra i cinque stati, riguardo la crisi in Siria? In particolare i colloqui tra Russia e Stati Uniti? Certo, in apparenza il vincitore di quegli accordi, lo statista di calibro, risultò Putin, non Obama; addirittura i piani di aggressione alla Siria, già predisposti e studiati a tavolino, furono accantonati in tutta fretta; tutto questo dopo che Obama aveva già dichiarato l’intenzione di procedere con l’attacco militare contro il regime di Assad. Obama fu costretto a rinunciare, un po` per l’accerchiamento orchestrato dai Russi, un po` per le pressioni ricevute, soprattutto negli Stati Uniti stessi, come risultato della impopolarità registrata dal presunto piano di un attacco alla Siria. La Russia ha vinto, gli Stati Uniti hanno perso si disse, Putin meglio di Obama si sussurò. Nello scacchiere geopolitico gli Stati Uniti erano stati surclassati dai Russi e costretti a rinunciare ai loro piani di guerra, facendo infuriare i loro più stretti alleati come l’Arabia Saudita la quale contava non poco sull’intervento militare a stelle a strisce in terra siriana. La domanda sorge spontanea; fu veramente vittoria? Forse se vittoria è stata, nel caso Siria, non fu certamente vittoria decisiva, anche se ha lasciato la bocca amara a più di qualche personaggio importante negli ambienti politici e militari americani.  Bisogna capire che certi personaggi ci avevano messo la faccia perchè rappresentanti di quell’apparato militare, tanto forte, quanto dipendente dalle decisioni prese in termini di polita estera dalla Casa Bianca, decisioni vitali per continuare a mantenere la posizione di “lobby forte”  all’intero del mondo politico Americano. Questa posizione è determinante per accaparrarsi cospicui contratti militari. Questi personaggi , più che  Kerry e Obama, hanno subito, anche se meno pubblicamente, l’umiliazione e la scotto del relativo fallimento dei piani di destabilizzazione e balcanizzazione della Siria, mancando di conseguenza anche l’obbiettivo primario che si erano prefissati; l’Iran. Un attacco alla Siria, avrebbe volute dire accerchiamento all’Iran, seguito eventualmente da una operazione militare contro l’Iran stessa, il che avrebbe significato, in termini economici, introiti massicci per tutto l’apparato militare americano per molti anni a venire. Lo smacco sulla Siria chiedeva vendetta e vendetta è stata, anche se parziale fino a questo momento.

Da tempo, l’ Ucraina era stata individuata come la spina nel fianco russo. La fitta rete di rapporti fra gli americani e gli ambienti politici e sociali ucraini è venuta alla luce con questa rivolta di piazza, ma già esisteva sin dai tempi del popolo arancione; una grande fetta della società ucraina è “anti-Russa”, “anti-Putin”, “pro-europea”. Il ricambio generazionale favorisce gli americani. I giovani vivono e respirano occidentalismo, grazie soprattutto ai social media; Facebook, Twitter, Instagram, etc. Questi sono potenti strumenti di propaganda a disposizione degli occidentali. A far innescare la rivolta è bastato poco agli americani, anche se la vera svolta  è avvenuta quando uno di quei personaggi sopra menzionati, bastonato sulla vicenda della Siria, si è presentato alla folla di Kiev dichiarando che “l’America sta con il popolo ucraino”. Questo cosiddetto personaggio prima di andare in piazza a Kiev, il 15 Dicembre scorso, si è incontrato inoltre con la figlia di Yulya Tymoshenko Yevgenia Tymoshenko, ha delegittimato pubblicamente il governo del presidente Viktor Yanukovych. Questo personaggio altro non è che il missionario della democrazia; John McCain. Intendiamoci McCain è un tipo a cui la scelta democratica di un popolo interessa ben poco. Lui è la punta di diamante di una classe politica bipolare alla quale molti politici, da ambo le parti, fanno capo, asservita per altro alle varie lobbies, in particolare quelle militari.

McCain è recidivo; le sue crociate non sono nuove. Organizzò la stessa messinscena l’anno scorso con il suo viaggio in Siria dove incontrò i ribelli antigovernativi, sigillando ufficialmente l’alleanza con i terroristi, dando credito ad un movimento manovrato dai servizi sauditi e dagli interessi delle lobbies militari. Solo che in quella occasione , come già detto, la repulsione espressa dai cittadini americani,  insieme all’ostacolo posto dai cinesi e russi, ha costretto Obama a frenare il suo impeto aggressivo, spiazzando sia sauditi che lobbies e rendendo vano il lavoro del missionario McCain.

Ora, l’unico problema per McCcain è il tasello che e` venuto a mancare all’amministrazione Obama sia sulla vicenda Siria sia su quella Ucraina; il sostegno aperto e inequivocabile della Comunità Europea. Sulla Siria c’è stato più di un tentennamento e sulla situazione Ucraina non si è vista una Europa aggressivamente schierata al fianco della rivolta anti-Yanukovych/anti-Putin. Addirittura sul poco entusiasmo dimostrato dall’Europa, a parte qualche comunicato rilasciato senza tanta convinzione, il Dipartimento di Stato Americano si è dimostrato molto insofferente. Il piano di scacco matto alla Russia di Putin sarebbe già andato in porto se l’Europa si fosse dimostrata più interessata alla situazione Ucraina. Questa incognita dell’Europa è l’unico fattore che potrebbe far deragliare i piani degli americani. Ma come si dice, la speranza è l’ultima a morire; quindi tra il Missionario McCain, i social networks e i servizi di intelligence, il Dipartimento di Stato Americano spera ancora di dare a Putin la spallata decisiva.

Per quanto riguarda il nostro fedele paladino della democrazia, McCain, la speranza è che la guerra in atto nel partito repubblicano, di cui McCain  rappresenta la vecchia guardia, sia senza tregua e senza prigionieri,  una vittoria della nuova leva, significherebbe che McCain può finalmente godere di quella pensione da coltivatore; un quieto riposo verso cui tanti in America vorrebbero vederlo approdare.

 


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