Faccio una breve carrellata delle ultime notizie dall’Egitto prima di dedicarmi al mistero in corso, la benzina, fenomeno che quanto a surrealismo credo li abbia battuti tutti, dall’inizio della rivoluzione ad oggi. L’ex capo dei servizi segreti di Hosni Mubarak, Omar Suleiman, 74 anni, venerdì scorso ha annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali. Uno scandalo, se si pensa a tutti i giovani martiri che hanno rinunciato alla propria vita per rovesciare il cancro del regime in questo paese. “La sua candidatura è un insulto per l’Egitto e potrebbe far ripartire daccapo la rivoluzione”. E’ questo il commento del candidato alla presidenza egiziana dei Fratelli Musulmani, Khairat Al-Shater. A conferma di come sia ancora molto influente, Suleiman è riuscito a raccogliere settantaduemila firme in un solo giorno, più del doppio delle trentamila richieste. Tra i candidati, il salafita Abu Ismail rischia l’esclusione perché, dopo aver ricoperto l’Egitto del suo poster ed esser stato ridicolizzato dai giovani sui social network col copia-e-incolla del suo faccione ovunque, è risultato che sua madre, di origine egiziana, ha anche la nazionalità americana, e per legge anche i genitori di un candidato devono essere egiziani. Dubbi anche sulla partecipazione di El Shater dei Fratelli musulmani e Ayman Nour dell’opposizione, perché sono stati in carcere – nota bene: quest’ultimo per le sue idee, non perché abbia assaltato una banca o ucciso un cristiano (ehm, scusate, un musulmano).
Per il 20 aprile prossimo è stata indetta una manifestazione di massa, per le piazze e le strade delle città d’Egitto ma anche di altri paesi e di tutti coloro che vorranno solidarizzare con il popolo egiziano, per protestare contro lo scandalo della candidatura di Suleiman. Scandalo per alcuni, mentre ovviamente chi lo sostiene appartiene alla facile scuola dell’“era meglio prima”. Come dice il testo dell’invito scritto dall’amica e corrispondente dal Cairo, “I martiri della rivoluzione hanno un valore, il popolo egiziano ha un valore! No Suleiman, no Fratelli (non) Musulmani, no SCAF!” Perché il punto è proprio questo, è all’estero non se ne parla abbastanza: pochi musulmani sono tanto-poco musulmani quanto i sedicenti “Fratelli Musulmani”, pronti ai soliti giochi di equilibrio con l’occidente (America, Israele e dietro l’Arabia Saudita) ed eventualmente ad accantonare, immagino, la questione palestinese, pur di arrivare al potere (secondo le loro promesse durante la rivoluzione, inoltre, non avrebbero presentato alcun candidato alle elezioni).
Ora, c’è un mistero che, per quanto intervisti persone, da settimane, non si dipana. Sembra davvero che su questo argomento nemmeno gli intellettuali o i mass media si pronuncino. Un mese fa, mi è capitato di trovarmi a Luxor e di assistere a scene bibliche di code di uomini a piedi, lungo una strada che portava a un distributore di benzina chiuso, recanti centinaia di taniche vuote da riempire. E’ da allora che interrogo questo o quel cittadino egiziano per capire cosa stia succedendo con la benzina. Da allora, non c’è stata una persona che mi abbia dato la stessa versione di un’altra e i racconti si sono moltiplicati. Li elencherò qui, fermo restando che in ogni caso aggiornerei il blog se avessi ulteriori notizie sul tema.
Uno degli intervistati mi dice che “non c’è più benzina”, ma non sa spiegarmi il perché, e quando glielo domando ha l’aria di non esserselo nemmeno chiesto. Questa la reazione più comune. Al ché, ipotizza uno sciopero – visto che non si parla che di scioperi da un anno e che l’intera economia del paese è in stallo.
Un altro egiziano mi dice: la stanno rubando. Stanno assaltando i benzinai. Nel frattempo, passo da Luxor al Cairo al Sinai, e la situazione pare ripetersi ovunque uguale.
Un altro cittadino egiziano amico mi dice che è colpa dei benzinai, che fanno a gara per distribuire meno benzina e venderla a prezzo più alto, approfittando del caos generale del paese. Il prossimo mi dice che è un modo per distogliere l’attenzione della massa dai disastri che sta combinando il parlamento nel frattempo.
Un’egiziana mi confessa che le versioni in giro sono tante, ma che pare che sia un complotto per non far trovare più benzina ai cittadini, per immobilizzarli, la stanno addirittura gettando nel deserto.
Un altro egiziano, e parlo di persone che normalmente si informano, leggono e studiano, mi dice che è una mossa centrale dal Governo: togliere la benzina, poi arriveranno lentamente al pane (e oggi ho saputo che cominciano a scarseggiare anche molto medicinali nazionali e addirittura penicillina), il tutto per immobilizzare il popolo e forzarlo a dire “era meglio prima, era meglio Mubarak”. Guarda caso nel frattempo si candida il suo ex braccio destro.
Un altro degli intervistati mi dice di non credere a nessuna delle versioni che sento, che nessuno sa la verità, punto. Un’altra mi ripete che i racconti che circolano sono tanti ma che c’è un alone di mistero su questa faccenda: gira voce che la benzina ora la stiano vendendo solo di contrabbando al confine con Israele (a Taba), a quattro volte il suo prezzo reale.
Per completare il quadro, bisogna dire che l’Egitto stesso possiede petrolio: ne produce circa 600.000 barili al giorno, con un valore al dettaglio di circa $ 18 miliardi di dollari all’anno (fonte: The New York Times). Per chi vive in questo paese e cerchi di ragionare in modo logico, in certi periodi per spiegare certi fenomeni si sarebbe tentati di presupporre l’intervento alieno, o non se ne verrebbe a capo. In attesa di nuovi sviluppi e aggiornamenti, un cordiale saluto dall’Egitto, con preghiera di diffusione della protesta di massa del 20 aprile prossimo.