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Il mondo in una tazza

Da Miwako
IL MONDO IN UNA TAZZA
Un pacco di Alpenliebe intero. Finito in meno di dieci minuti.E prima le arachidi salate.E prima ancora la crema di cioccolato.Proprio come quand'ero piccola.Lo sono sempre stata, ingorda.L'unica differenza è che, da piccola, la crema al cioccolato non la sapevo fare. Ora si, accidenti a me.
Adesso, per l'angolo del salutista, bevo un orzo caldo gigante, con i termosifoni accesi ad asciugare i maglioni e una pentola di riso e piselli sul fuoco. Ci ho messo curry, prezzemolo e paprika. Uno dei miei intrugli sperimentali. Ad onor di cronaca, è il pranzo di domani. Sono un tombino ma non al punto da mangiarmelo alle tre di notte (falsa).Oltretutto, in un'inaspettata condizione di ristrettezze economiche, mi trovo a dovermi ingegnare con quello che c'è in casa. Le mie finanze piangono miseramente, con quelle quattro lire rimaste, devo comprare gli ultimi tutti i regali di Natale. Fossero mille, le lire, me ne andrei in America.Non che solitamente navighi nell'oro, intendiamoci, ma 50€ in meno a tre giorni da Natale fanno una differenza abissale.
Ho comprato una tazza.Io adoro le tazze. Le adoro sul serio. Non ne compro molte, ho gusti difficili. E non è neanche detto che le compri.L'ultima con cui sono entrata in fissa, era una delle tazze del bar di fronte alla libreria in cui lavoro.E' un bar per GenteBene e turisti altolocati, di quelli coi lampadari di cristallo e i camerieri vestiti da pinguini. D'estate, quando il tempo tra uno scontrino e l'altro non era abbastanza per concedersi un pasto, cenavo lì, con un cappuccino e due risate con i baristi che, ormai, mi conoscevano.Il dialogo surreale è stato più o meno il seguente:"Senti ma ... cosa succederebbe se, in un attimo di distrazione, questa tazza cadesse accidentalmente dentro la mia borsa?""Col cappuccino o senza?""Senza cappuccino. Col piattino. Ti sto chiedendo il permesso di rubarla, in realtà""Guarda, fosse per me te ne darei pure un servizio intero; ma considerando che sono di Richard Ginori e che le vendono a 35€ sul sito, non sono proprio nella condizione di poterlo fare""Richard chi?""Ma tu, da quant'è che vivi a Firenze?""Sei anni""E non conosci Richard Ginori? Signorina, la tua cultura in materia di porcellane lascia alquanto a desiderare""Si, ma anche in materia di granchi delle Mangrovie se è per questo; nel senso che non è un peccato così condannabile non sapere chi è Richard Ginori, soprattutto se consideri che non sono nata qui e che non sono in attesa di sposalizio con dote in via di acquisizione""Vero. Rimane il fatto che Richard Ginori è un'istituzione e tu non lo conosci""Vero. Ora la posso rubare?""No" Il giorno dopo, uscita dopo l'ennesima giornata infernale, svoltai all'angolo che si affaccia sul battistero e salutai i miei amici pinguini. A. mi fermò, si guardò in giro e mi disse: "Tieni, mettila in borsa; il capo è in ufficio, non se ne accorgerà nemmeno".Iniziai a saltare con la tazza in mano ringraziandoli mille volte, mentre i pinguini mi dicevano di avere la decenza di nasconderla prima di esultare, giusto per dare alla cosa una parvenza di innocenza.Sorrisi, impacchettai e portai a casa.Tempo dopo, i pinguini me ne diedero pure un'altra, "perché la prima era senza piattino, e una Richard Ginori senza piattino, un se po' vedè".Così, ora ho le mie due Richard Ginori da mettere in dote, insieme al divano verde della mia bisnonna, le tazzine da caffè a fiori anni '70 (sempre della bisnonna) e un vecchio comò dell'altra bisnonna.Niente da dire, proprio una donna da sposare.
Ma torniamo alla scintilla che ha scatenato la mia digressione: la tazza.L'ho vista durante una toccata e fuga in cerca di regali.La renna bianca che ci sta sopra mi ha chiamato dalla lontana Finlandia Cina, e non ho saputo resistere.C'è tutto quello che deve esserci: è capiente, comoda, maneggevole e, soprattutto, è natalizia.
Non so cosa mi piaccia delle tazze. Forse il fatto che mi fanno sentire immediatamente a casa, ovunque io sia; o forse il fatto che dentro ci sta tutto il caffè che voglio. Certo, è anche un discorso estetico, ma io credo abbia più a che fare con quella sensazione di accoglienza immotivata che avverto ogni volta che ne stringo una bollente tra le mani.Capita di torvarsi a casa di qualcuno per un the o un caffè extra-large; capita che questo qualcuno mi faccia scegliere la tazza, o che mi racconti da dove viene quella in cui ha appena versato l'oro nero, e, non lo so, non riesco a non rimanere affascinata dalla microstoria che contiene.A casa dei miei, ne ho una "presa" in Finlandia. Quando firmai il contratto, prima di partire, era esplicitmanete suggerito di portate delle stoviglie perché l'HOAS non si faceva carico di fornirle. Arrivata là, poggiate le valigie a terra, con il caffè più imbevibile della terra sul fuoco, scelsi una tazza da quelle disponibili nella credenza, portate e lasciate da chi ci ha vissuto prima di me, e scelsi lei. Fu la prima tazza in cui bevvi un caffè in quel luogo che mi è così caro. Fu quella che mi vide appena sveglia quasi ogni mattina; quella che cadde rompendosi, miracolosamente, solo il manico; quella che portai a casa dopo sei mesi di tête-à-têteTuttora, ogni volta che me la ritrovo tra le mani, stracolma di caffè fumante, non posso fare a meno di ripensare a quei tempi felici.Questa è solo una piccola parte di tutte le storie di cui sono fatte le mie tazze, infinitesimale rispetto a tutte quelle che avrò in casa quando sarò vecchia e rugosa e i miei anni si conteranno in tazze venute da chissà dove, o in cerchi, come per gli alberi.Nel frattempo, tenete a mente, semmai dovessi passare da voi per un caffè, che il modo più efficace per farmi sentire la benvenuta è offrirmelo in una delle vostre tazze e raccontarmi la sua storia. Se sarà quella sbeccata che usavate la mattina dopo una sbornia nella vostra casa da studenti, tanto meglio, ne avrà di storie da raccontare.

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