Il motociclista che non mantiene la distanza di sicurezza dal veicolo che lo precede non è in grado di porre in essere tutte le necessarie manovre di emergenza per evitare eventuali situazioni quali l'attraversamento di un pedone. Pertanto, in caso di investimento di pedone - deceduto a causa dell'impatto - è responsabile per il reato di omicidio colposo
Tizio, alla guida di una motocicletta, investe il pedone Caio – che stava attraversando sulle strisce pedonali-.
L’investimento causa il decesso di Caio.
Tizio, allora, viene citato in giudizio per il reato di omicidio colposo.
In primo grado e in appello, l’imputato viene condannato ad otto mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo. Secondo i Giudici di merito, infatti, non aveva mantenuto la distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva e, pertanto, non era riuscito a mantenere il controllo del proprio motoveicolo, non avendo la possibilità di mettere in atto tutte le manovre di sicurezza per evitare l’impatto con il pedone.
Il caso finisce davanti alla Corte di Cassazione.
I Giudici di legittimità prendono le mosse dalle risultanze di tutti i mezzi di prova espletati nel corso del giudizio di merito.
Le circostanze emerse sono le seguenti:
- Il motociclista si è avvicinato troppo al veicolo che lo precedeva;
- Il medesimo non ha potuto mettere in atto tutte le misure di sicurezza necessarie, non avendo potuto mantenere il pieno controllo del motoveicolo da lui condotto;
- Il motociclista non è stato in grado di reagire alla situazione determinata dall’attraversamento del pedone e, di conseguenza, non ha potuto mettere in atto le necessarie manovre di emergenza e non ha potuto evitare l’investimento.
La Suprema Corte concorda con il ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, la quale ha indicato nella condotta di cui sopra quella Tizio avrebbe dovuto porre in essere allo scopo di evitare l’investimento del pedone.
I Giudici di secondo grado hanno, altresì, approfondito la questione dell’efficienza causale della violazione della condotta sopra descritta, desumendone la conferma della condanna di cui alla decisione di primo grado.
Alla luce di quanto detto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello e condannando Tizio al pagamento delle spese del procedimento, nonchè della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione pecuniaria.
Roma, 9 dicembre 2012
Avv. Daniela Conte
Studio Legale Avv. Daniela Conte & Partners