Il giudizio di Federica De MasiSummary:
Una commedia al sapore di ipocrisia e rancori che avvelena a colpi di risate, con un cast di tutto rispetto…
A distanza di 7 anni Francesca Archibugi (Mignon è partita, Questione di cuore) torna dietro la macchina da presa per dirigere un remake tutto ricoperto di spine. Il modello principe è la pièce teatrale di madrepatria francese Le prénom di Alexandre De la Atellière e Matthieu Delaporte, divenuto poi adattamento cinematografico ad opera degli stessi autori teatrali nel 2012 con il titolo di Cena tra amici. La storia si svolge lungo l’arco di una notte. I personaggi sulla scena sono 5, due coppie e un amico che si riuniscono a cena per trascorrere come al solito la serata insieme. Paolo (Alessandro Gassman), agente immobiliare sborone e sua moglie Simona (Micaela Ramazzotti), bella, un po’ coatta ed autrice di un best seller piccante, sono in attesa del primogenito. Betta (Valeria Golino), sorella di Paolo, è un’insegnante un po’ frustrata, madre di due bambini e sposata con Sandro (Luigi Lo Cascio), raffinato scrittore e professore universitario precario. Infine c’è Claudio (Rocco Papaleo), eccentrico musicista che cerca di far da paciere quando si infiammano gli animi. Potrebbe essere la solita tranquilla cena fra vecchi amici, ma alla semplice domanda rivolta al futuro papà “come chiamerete il futuro bebè?” si scatena il putiferio dando vita a recriminazioni e rivelazioni che sconvolgeranno tutti per sempre.
Il nome del figlio non è la solita commedia all’italiana, non si sofferma sulle situazioni e sulla gag immediata, ma lascia ampio respiro ai personaggi e ai loro dialoghi. Lo stampo si avverte subito essere d’oltralpe e ricorda per molti versi un’altra commedia avvelenata, Carnage di Roman Polanski, film anch’esso di provenienza teatrale, tutta parole e fendenti.
Il primo punto a favore Il nome del figlio se lo aggiudica per il minuzioso lavoro fatto sulla sceneggiatura da Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, sceneggiatore fra gli altri de Il capitale umano, che trasferiscono la vicenda dalla tavola francese a quella italiana, apparecchiando con conflitti e contrapposizioni che nascono dagli ultimi vent’anni politici e culturali del nostro bel paese. “Il testo c’era già ed era collaudato” ha detto la regista, ma a lei va il merito di aver trasformato i caratteri francesi in personaggi tutti italiani che rendono credibile tutto l’insieme. I cinque sono ritratti dell’Italia moderna, stereotipi, maschere del luogo comune e dell’ideologia mancata dai connotati facilmente riconoscibili, che parlano di politica e filosofeggiano sul mondo senza accorgersi dei disagi che abitano ad un palmo dal proprio naso. Come un’Italia insoddisfatta, che non ha il coraggio di rendersi realmente moderna e al passo con i tempi, che sono incontrovertibilmente cambiati, anche questi 5 personaggi sono ancorati ad un ricordo del passato, di quando erano giovani e spensierati, al mare, un tempo migliore rispetto all’oggi della vicenda che li blocca inesorabilmente in uno still frame che li inghiottisce.
L’altro punto a favore il film se lo aggiudica grazie ai protagonisti, una cinquina d’eccezione formata da Alessandro Gassman, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo e Micaela Ramazzotti, che riescono a portare a compimento, dopo un inizio in salita, un’impresa ardua e rara per il nostro cinema. Rara come la scena in cui i protagonisti maschili intonano la bellissima canzone Telefonami tra vent’anni del compianto Lucio Dalla. Una staffetta di parole, puntualità e un pizzico di improvvisazione che crea la famosa sospensione dell’incredulità. Sulla carta Il nome del figlio potrebbe sembrare un’operazione commerciale, con tanto di zampino di Paolo Virzì qui in veste di produttore associato, e invece si tratta di un film che vi stupirà per ritmo, colpi di scena e risate.
Di Federica De Masi per Oggialcinema.net