Non ho voglia di insistere sul risultato delle elezioni, anche se le grottesche interpretazioni che vengono elucubrate dal bamboccio di Rignano e dal suo cerchio magico dopo il fallimento del gioco di prestigio, gridano vendetta. Ma insomma ciò che ho detto ieri a botta calda mi sembra sufficiente anche se scritto a risultati ancora parziali: soprattutto mi pare evidente che con queste regionali il potere renziano (o meglio i poteri che lo hanno assunto come co.co. premier), passa da una legittimazione mediatico – salvifica a quella di ultima spiaggia. Un giro di boa nel quale ciò che ora garantisce il disegno reazionario di una terza repubblica oligarchica, non è tanto l’apparente spinta propulsiva verso il nuovo, ma la semplice mancanza di un’opposizione organizzata ed efficace.
Si tratta di un passaggio chiave che riguarda nello specifico Renzi e l’Italia, ma che in realtà serpeggia sotto varie forme ed esperienze in tutto il continente: indica, al di là delle contingenze e delle differenze, che sta perdendo slancio la trentennale egemonia culturale del liberismo il cui progetto è stato sostanzialmente quello di invertire il senso comune dei cittadini facendo percepire loro il welfare come fattore inessenziale e negativo, la solidarietà come sospetta, i diritti come un abuso, le Costituzioni come un ostacolo all’economia, i sindacati come superflui o disdicevoli, lo Stato stesso come un oltraggio nei confronti del privato. Alla luce di questa egemonia è stato possibile ” diminuire la democrazia” come predicavano i chicago boys, vuoi attraverso la paura, il ricatto sul lavoro, le monete uniche e persino progetti ideali come quello europeo. Tutto questo è stato giocato da una parte sulla illusione di modernità e dall’altra sull’aggancio a un passato precedente come fu con Thatcher che turibolava l’ultra capitalismo finanziario e insieme la buona Inghilterra vittoriana, o mutatis mutandis, come ha mostrato l’infinitamente più modesto Renzi persino nella scelta dei candidati, mettendo da un parte il presunto nuovo di impresentabili favorite e dall’altro i più opachi rappresentanti del notabilato meridionale e di un vetusto sistema di potere.
Il protrarsi di una crisi economica sistemica e delle sue conseguenze ha finalmente interrotto il circuito egemonico, mostrando tutta l’inefficacia e anzi la negatività dei topoi economici e politici martellati nella mente delle persone. Siamo così dentro un maelstrom, un punto zero nel quale sia il progressivo deterioramento della “modernità” liberista, sia la permanenza di una visione imposta nel corso di molti decenni e fattasi sistema, sembrano avere quasi la stessa forza portando ad una situazione di stallo. O meglio a tentativi e precursori di cambiamento che tuttavia non riescono ad individuare bene il nemico, perché esso è in fondo dentro di loro. La situazione greca che ha saputo creare Syriza ed è in via di sfasciarla è esemplare da questo punto di vista. Come lo è anche l’assenza, il frazionamento e/o l’inefficacia di un’opposizione in Italia, oggetto misterioso che batte colpi formidabili al tavolino del medium, ma non si palesa e soprattutto non sembra determinata se non in modeste frange a elaborare e poi imporre nuove e diverse interpretazioni della situazione nella quale ci troviamo. Nuove parole, nuovi memi: invece spesso si rimane ancorati a quelli vecchi magari traducendoli in inglese, mentre qualcuno pensa addirittura che sottrarsi alle messe cantate del dibattito pubblico sui media, sia un modo di distinguersi coerente e sufficiente.
Capisco che tutto questo possa in apparenza essere percepito come un’astrazione lontana dalle regionali. Eppure il risultato concreto che si è determinato nell’insieme consiste proprio nell’aver strappato il pane di bocca a Renzi , ossia l’egemonia sulla parola “nuovo”. Ora sa che per restare saldo al comando dovrà riempirlo con cose che non ha.