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Il nuovo culto: giubilo in grigio

Creato il 19 novembre 2011 da Albertocapece

Il nuovo culto: giubilo in grigioAnna Lombroso per il Simpliccissimus

Pensavate magari che fossero orbati e orfani come i comici e gli imitatori? Macchè il contorsionistico trasformismo dei nostri media non ci delude mai. Basta sintonizzarsi sul servizio sostitutivo della Rai e ecco messi da parte nervosette querule, sprezzanti professionisti del disincanto, bercianti corrispondenti dall’oltrepopavese la ribalta è riservata a reggimenti di manierati corrispondenti esteri in cravattina regimental, soporiferi numi del sole 24 ore che “ce l’avevano detto”, ma cautamente per non farci preoccupare, contabili e esattori del gas prestati alla comunicazione, educati e pedanti esperti di computisteria. Insomma Omnibus si è mutato da un giorno all’altro nelle cyberlezioni di ragioneria della scuola Nettuno.

Spariti i puntigliosi resocontisti delle performance degli scambisti, i meticolosi trascrittori delle intercettazioni hard. Per lasciare il posto agli esperti della scienza triste, ammesso che sia una scienza e ammesso che gli economisti non giubilino invece sadicamente di predire sciagure prossime senza accorgersi che si sono verificate.
Per carità i pezzi di colore ci sono eccome. Predomina il grigio ovviamente, non colore composto, manierato, la tinta della nebbia, della caligine che rende i contorni indistinti, quello più vicino all’invisibilità. Ma poi ci sono i rosa, i giallini, le nuance delle regine nordiche, indossate con la distinzione di non distinguersi della ministre soroptimist. E i fili di perle che non possono mancare e sono concessi dal bon ton anche ai funerali, il mezzo tacco a rocchetto, le testine a carciofino.

Quelli della cronaca lussureggiante delle ministre in calendario, dei colpi di sole nelle criniere sfrontate, erano in estasi per il profittevole scandalo e adesso sono addirittura più ammirativi della fruttuosa austerità. E infatti si è adeguato anche il vocabolario: il potere forte è delicato, garbatamente allusivo, composto, discreto, sobrio, soprattutto sobrio, come è sempre stato quello della ricchezza, non quella cialtrona e sgangherata dell’ex presidente – non mi stanco mai di chiamarlo così, ex – ostentata e volgare. Questa è la ricchezza controllata e oculata che si svolgeva negli ovattati ambienti della case severe di Lubecca, dietro le persiane semichiuse, che il sole rovina i tappeti, di via degli Omenoni, nei palazzoni grigi e appartati di via Roma. Inimitabile e irraggiungibile, quanto sembrava mutuabile anzi contagiosa quella del tirannello ridicolo.

Forse voglio dirci che la via per arrivare a quel benessere pacato a quel privilegio lindo a quella compostezza giudiziosa è la disciplina, è l’ubbidienza al conformismo, è il sacrificio, è l’applicazione.
E i nostri commentatori si applicano eccome, sempre allo stesso esercizio: mostrare solo quello che il potere i carica preferisce che si senta e si veda. Ieri le mignotte oggi le famiglie edificanti compreso il cane, ieri i profumi sensuali oggi l’incenso salvifico.
Il senso è quello di inebriarci con la differenza. E la differenza c’è eccome. Ma non c’è differenza nel continuare proprio come prima a nascondere dietro i tailleur della Gelmini o delle nuove ministre il delitto di impoverire fino a ucciderla la scuola pubblica, di celare dietro al prestigio di una università il crimine di annientare l’istruzione universitaria, di mascherare con la specializzazione il conflitto di interesse.

Troppo informati di quello che il potere vuol far sapere, troppo inclusi per concepire pensieri critici, troppo soggiogati dal luccichio delle opinioni per capire le azioni, la strada della redenzione per il commentatore politico è l’antipolitica, ben assistiti dal ceto partitico che in mancanza d’altro collabora alla potenza del nuovo governo con i pizzini e gli inchini, opportunamente fotografati e trasmessi a reti unificate per partecipare del tripudio.
Pare che nella crisi della morale, la morale della favola sia che è preferibile affondare sobriamente e elegantemente piuttosto che colare a picco come dei poveracci qualunque, come quelli che improvvidamente venivano a cercar fortuna e libertà proprio qua.


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