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Il nuovo partito di Casini?

Creato il 14 maggio 2010 da Giacomo6001

Pier Ferdinando Casini ha intenzione di promuovere un nuovo partito. Una simile comunicazione (chiamarla notizia appare eccessivo) può dare adito a due reazioni. La prima di doveroso fastidio. Un altro partito? Un’idea del tutto scriteriata, di compagini politiche ne abbiamo già troppe. Il problema non è quello di far nascere nuovi partiti ma, semmai, di ridurre il numero di quelli esistenti. Peraltro (e passiamo qui alla seconda possibile reazione improntata al sarcasmo), nessuno garantisce che nel nuovo partito confluisca tutto l’Udc e un’ala dissidente non dia vita a una diversa formazione politica che si chiamerà magari Unione centrale del centro.

Ancora più risibile appare la motivazione che sta alla base dell’annuncio: trovare un’alternativa al bipolarismo italiano (che i centristi definiscono immancabilmente come "malato" o "rissoso") per dar vita a un governo di unione nazionale in grado di fare le riforme che il paese aspetta da tempo. Non è difficile immaginare la determinazione e la saldezza di un governo del genere, mescolanza di tutte le opinioni. Peraltro una volta tornato al governo, si può giurare che ogni settimana Pier Ferdinando (o qualcuno dei suoi amici) si alzerà a chiedere un vertice della maggioranza, o a proporre una pausa di riflessione per far decantare gli attriti tra le diverse anime del governo. Insomma, l’annuncio del leader dell’Udc non presenta un profilo politico in senso proprio ed è rubricabile come l’ennesima escogitazione degli orfani inconsolabili del doroteismo.

Tuttavia, riguardato da un punto di vista più ampio di quanto non sia il ristretto orizzonte dei centristi a caccia di una mangiatoia governativa, l’annuncio di Casini presenta profili sui quali vale la pena di riflettere. In altri termini, occorre chiedersi perché, dopo oltre un quindicennio di competizione e di alternanza tra due schieramenti contrapposti, la minaccia centrista sia un fantasma che continui ad agitare la vita politica nostrana.

Non si tratta solo dell’ovvia considerazione che, in mancanza di una riscrittura mirata della forma di governo, la saldezza dei governi rimane aleatoria. Anche in mancanza di una riforma costituzionale, il rigurgito centrista non dovrebbe preoccupare nessuno se sui due lati dello schieramento politico fosse diffuso il sano ethos di una democrazia conflittuale. Purtroppo, le cose non stanno così.

Vediamo in primo luogo il centro sinistra. Il Pd, dopo la fine della breve fase –sistemicamente così promettente – della gestione Veltroni sembra avvitato in una spirale d’inconcludenza. Soprattutto, pare aver abbandonato la prospettiva di essere un partito a vocazione maggioritaria, in grado di attrarre consensi tra gli elettori indecisi o insoddisfatti della gestione del centro destra. Da qui un ritorno al gioco opacizzante, che assume volta a volta le forme della manovra pseudoparlamentare o della spallata giustizialista, per arrivare a un esecutivo tecnico. In sostanza forme trogloditiche per tornare al governo in modo trogloditico.

Occorre dire che anche sull’altro versante dello schieramento le cose, pur non essendo così negative, non vanno per il meglio. Naturalmente per giudicare l’operato del centro destra va considerato il grosso handicap di governare durante una crisi economica mondiale di lungo periodo. Ma se sotto questo profilo i risultati non sono insoddisfacenti, la vicenda dei due partiti che compongono il governo non appare rassicurante.

Il PdL non è unito, ma attraversato da un malessere continuo. In primo luogo c’è l’atteggiamento di Fini il quale, anziché sposare la logica del nuovo partito,si muove ancora in un orizzonte di quote o di percentuali, per lucrare una rendita di posizione. Una situazione che il resto del partito non risolve tagliando con nettezza il nodo gordiano delle riforme costituzionali, forse perché teme di scontentare la Lega. Il partito di Bossi a sua volta, sembra credere al proprio radioso futuro. Chiuso nella ferrea ragione di partito, guarda alle difficoltà del PdL con malcelata e miope soddisfazione.

In sostanza, la classe politica, di governo come di opposizione, non sembra percepire che se non ci sarà un colpo d’ala nei comportamenti quotidiani, ancor prima che nelle scelte legislative, la politica italiana resterà un miserabile pantano nel quale le tentazioni centriste, cioè la ripulsa per la maggioranza designata dal voto popolare, continuerà a essere miserabilmente all’ordine del giorno.

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