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Il nuovo patto Italia-Libia

Creato il 22 gennaio 2012 da Dailyblog.it @daily_blog

Di Pier Francesco Prata il 22 gennaio | ore 12 : 37 PM

Il nuovo patto Italia-Libia

Il premier italiano Mario Monti e il presidente del governo provvisorio Abdel Rahim al-Kib hanno firmato la Tripoli declaration , un nuovo accordo tra i due paesi che punta a “rafforzare amicizia e collaborazione nel quadro di una nuova cornice di rapporti bilaterali e multilaterali”, dopo la rivoluzione che ha provocato la caduta del dittatore libico Gheddafi. L’incontro è servito a confermare l’appoggio italiano al nuovo corso del paese, oltre all’impegno a un ruolo di primo piano nella ricostruzione delle reti infrastrutturali dopo la guerra civile. La visita del premier anticipa le due missioni italiane in Libia nel mese di febbraio: quella del ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, con imprenditori italiani interessati ad investire nel paese, e del titolare degli Interni, Anna Maria Cancellieri, per riprendere il dossier del controllo dei flussi migratori, altro tema spinoso.

Una prima intesa è stata raggiunta riguardo ai “crediti legittimi degli enti libici verso l’Italia e viceversa”, che saranno accertati attraverso un meccanismo condiviso dalle parti. è stato confermato, da parte del governo italiano, uno spirito di continuità con il precedente trattato di amicizia, soprattutto per quanto riguarda il risarcimento per il periodo coloniale: “le scuse degli italiani sono state accettate”, ha dichiarato al Kib.

Insieme a Monti, oltre ai ministri della difesa e degli esteri, si è recato a Tripoli anche Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, che ha confermato che la produzione dell’azienda italiana in Libia si sta riavvicinando al periodo prebellico. Scaroni punta a nuovi accordi con la National Oil Company, per il valore di quasi 400 milioni di euro.

Il paese, ancora in una situazione di precarietà politica dopo l’uccisione di Gheddafi, potrebbe rappresentare un’occasione per le imprese italiane a caccia di investimenti. La libia è in attesa che la Comunità Internazionale sblocchi gli asset investiti dalla famiglia Gheddafi in tutto il mondo, quasi 150 miliardi di dollari. Questa cifra, insieme ai proventi dell’energia, danno la possibilità al paese di programmare una ricostruzione completa delle infrastrutture: molte aziende italiane sono già tornate sul territorio, e stanno tessendo relazioni utili per il futuro, nonostante la concorrenza per gli appalti nei vari settori sia tanta. Francia, Turchia, il rinnovato Egitto, e molti altri. L’industria italiana può fare la parte del leone in diversi settori, dall’agroalimentare alla meccanica, senza dimenticare la presenza fondamentale di Eni.

Per conoscere gli sviluppi futuri dei rapporti Italia-Libia bisognerà attendere le visite di Passera e Cancellieri. L’antipasto è stato il viaggio lampo di Monti, che ha confermato il forte sostegno dell’Italia al nuovo governo. Petrolio e immigrazione sono i due temi più spinosi: se le parole di Scaroni fanno dormire sonni tranquilli al governo nel primo caso, nel secondo la situazione è tutta da verificare. Amnesty International ha scritto al premier Monti chiedendo un maggiore rispetto dei diritti umani da parte dei libici, dopo decenni di impunità e di evitare i respingimenti forzati, e Cancellieri dovrà saggiare le intenzioni del nuovo corso su un tema che riguarda l’Italia da vicino.

Inoltre è tutta da verificare la exit strategy libica da Unicredit, che desidera dirottare buona parte degli investimenti esteri  sulle infrastrutture nazionali: è chiaro che non parteciperà all’aumento di capitale, passando da investitore di lungo termine a investitore di più breve termine. Da parte italiana c’è la richiesta di mantenere gli impegni assunti finora, e sarà necessaria una mediazione.

Infine l’ultimo argomento che ha riguardato l’incontro tra i due premier è la difesa: il ministro Giampaolo Di Paola ha firmato una lettera d’intenti che prevede una forte cooperazione nella stabilizzazione del paese sul fronte della sicurezza, con l’addestramento di 250-300 libici in Italia, insieme all’attività di sminamento delle aree a rischio, la bonifica dei porti e il controllo elettronico dei confini.


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