Con il completamento della lista dei sottosegretari la sensazione che in Italia il voto assomigli ormai al gioco giapponese del Pachinko è quasi obbligata.
Cos’è il Pachinko? Devo la sua scoperta a un vecchio film di Wim Wenders (Tokyo-Ga, un documentario girato nel 1983 e dedicato alla memoria di Yasujiro Ozu). A un certo punto viene illustrato questo strano gioco, il Pachinko per l’appunto, solitamente descritto come un incrocio tra il flipper e le slot machine. Funziona così: il giocatore ritira al bancone un certo numero di sferette d’acciaio e le immette nella macchina. Lo scopo sarebbe quello di introdurre le sferette in appositi punti per ottenere altre sferette, cioè vincere, ma in genere queste si perdono, ovviamente senza dare alcuna resa, nei meandri della macchina.
La similitudine forse è già chiara, aggiungo solo una breve descrizione rubata a un blog di argomento nipponico per metterne a fuoco l’interpretazione: le sale del Pachinko sono un tripudio di colori al neon e lampadine colorate, che fanno a gara per aggressività con il frastuono circostante. Immersi in questo inferno di rumori e colori ci sono i giocatori, che osservano rapiti la traiettoria delle biglie di metallo dorato, chiusi entro confini invisibili a esercitare un aleatorio controllo su palline mosse dal caos. “Forse – commenta il blogger – è uno dei tanti aspetti in cui s’incarna l’umana follia, forse è solo una valvola di sfogo per rilassarsi, una consuetudine in sostanza analoga a quella dei vacanzieri nostrani che perpetuano ogni estate il rito di cuocersi al sole in spiaggia. A milioni. In perfetta solitudine”.
Volendo parlare degli effetti che ha avuto il nostro voto alle politiche di febbraio, è davvero difficile non pensare a un tale meccanismo “infernale”. Un amico, chiosando su Facekook la nomina di Michaela Biancofiore (adesso non più semplice parlamentare, ma sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità), ha scritto: “Ho capito bene? Il Pd è al governo, la Svp lo sostiene con entusiasmo, e nel governo l’unica altoatesina è la Biancofiore?”. Una sintesi efficace.
Per non abbandonarci al pessimismo si potrebbe comunque mettere da parte il Giappone e, tornando alla nostra tradizione filosofica, tirare in ballo la famosa “eterogenesi dei fini”, cioè la teoria secondo la quale le nostre azioni intenzionali spesso producono conseguenze non intenzionali. A questo proposito, informa Wikipedia, pochi ricordano che fu Niccolò Machiavelli a scorgere nel fenomeno tutta la sua produttività politica. E il nostro, inequivocabilmente, è proprio il Paese di Machiavelli.
Corriere dell’Alto Adige, 4 maggio 2013