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Il paese che amo, di Simone Sarasso

Creato il 29 dicembre 2013 da Funicelli
Il paese che amo, di Simone Sarasso Iniziamo con qualche precisazione che anche l'autore sottolinea, a fine libro: i personaggi raccontati in questa storia, non sono per nulla attinenti alla realtà. Ovvero, l'Omino non è Giulio Andreotti, Tito Cobra non è Bettino Craxi, Salvo Riccadonna alias Dracula non è Matteo Messina Denaro, Ljuba Marekovna non ha niente a che vedere con Ilona Staller o Moana Pozzi, il giudice Mimmo Incatenato non è Antonio Di Pietro così come il collega Carlo Ciaccia non c'entra nulla con Paolo Borsellino.
Precisazioni importanti, per evitare che qualcuno leggendo questo ultimo e strepitoso capitolo della trilogia sporca dell'Italia, si confondesse. Certo è vero però che i protagonisti di “Il paese che amo” sono ricostruiti attorno ai veri personaggi reali della storia del nostro paese degli anni '80. Storie inventate, ma verosimili, come verosimili sono le persone che parlano e vivono in queste pagine: in un paese dove la giustizia non è riuscita a fare luce su tutti gli aspetti bui, troppi episodi sono finiti in quella sacca di ovvietà solenni chiamata “misteri d'Italia”, dove nella zona grigia tra Stato e Antistato si sono coltivati i germi della mafia, del terrorismo nero, dell'eversione pilotata, solo una fiction come quella partorita dalla grande immaginazione di Simone può raccontare la nostra storia.
Avendo l'accortezza, come ricordato, che parliamo di una storia di funzioni: non è vero che John Waine è stato presidente americano, che il direttore del Cesis fosse un pazzo assassino (come l'Andrea Sterling, uomo nero della repubblica dalle mani sporche). Che una pornostar ai soldi dei servizi segreti polacchi (quando ancora c'era il muro di Berlino) fosse poi diventata una deputata del Psi.
A fine libro Simone scrive: “Cambiare prospettiva, lasciarsi sorprendere dall'immaginazione, è un tentativo di stravolgere il noto per provare a leggere in profondità le questioni che la storiografia e la giurisprudenza lasciano spalancate”.
Il paese che amo” ha allora questo obiettivo: raccontare attraverso la finzione di un paese fittizio che ricorda da vicino il nostro, per stimolare una riflessione sulla nostra storia, sul nostro passato, sul percorso che ci ha portati fin qui.
Il secondo capitolo della trilogia si concludeva con la bomba alla stazione di Bologna, con cui Sterling, l'uomo nero di Ultor (o Gladio se proprio vogliamo andare per analogie ..) veniva messo fuori gioco dall'Omino, l'abile senatore democristiano, custode dei segreti della repubblica.
Dopo un periodo di naftalina in America, viene richiamato nel palazzo dal nuovo inquilino di Palazzo Chigi: il potente segretario del partito socialista, Tito Cobra.
Siamo all'inizio degli anni '80: la scoperta delle carte della Loggia del Gran Maestro (fate voi lo sforzo di capire chi) hanno temporaneamente messo ko la Democrazia Cristiana e l'Omino.
Tocca a Cobra e alla sua corte dei miracoli: imprenditori, palazzinari, giornalisti e uomini della TV come Mauro Fedele (proprietario di Milano Channel). Tutti all'arrembaggio del palazzo e delle sue ricchezze, nella grande abbuffata del potere.
Domenico Incatenato, che ha rischiato la pelle andando ad inseguire la scia rosso sangue di Sterling, è rimasto lo stesso giudice testardo e ostinato:
Mimmo sa che il buco nero è grande e la sua forza di attrazione invincibile. Sa che lo stivale non si regge sulla giustizia e i buoni propositi, ma se ne sta in bilico di malaffare, morti e favori. Giustizia e politica nemmeno parenti sono. Non lo saranno mai. Crimine e potere, invece, se ne vanno a braccetto dai tempi di Cavour. Mimmo lo sa che, gira e rigira, la strada su cui s'è incamminato il vecchio mafioso porta verso la casa dell'Uomo nero. Il signor giudice Incatenato lo fiuta a naso che Andrea Sterling, il direttore del CESIS, l'assassino che, mica troppi anni addietro, gli ha quasi fatto saltare le cervella, non ha mai smesso di fare il suo sporco mestiere per conto dello Stato e dei Bravi ragazzi. Lo sa che Stato e mafia sono cugini, parenti stretti, fratellini incestuosi.Pagina 236
Sarà lui che scoprirà il traffico di droga tra Italia e America (“Pizza connection”) gestito dalla mafia.
Nella mafia, sotto il cono protettivo dello Zio, il capo dei capi, cresce un giovane boss trapanese, cui piacciono le donne e la bella vita. Salvo Riccadonna detto Dracula: sarà lui lo strumento di morte con cui lo Zio consoliderà il suo potere dentro cosa nostra.
Infine
Ljuba Marekovna: la ragazza cresciuta nei sobborghi di Cracovia che riesce a sfuggire ad un destino di miseria e fame grazie alla sua bellezza. Viene ingaggiata come spia dai servizi polacchi, col compito di intrufolarsi nelle carte dei turisti oltre cortina ospiti dell'hotel in cui lavora.
Ma dalla Polonia riesce ad arrivare in Italia, dove si trasformerà nella regina del porno, in arte Calypso, la ninfa ninfomane. Arrivando perfino ad essere eletta nel partito di Tito Cobra.
Diversi episodi della storia di questo paese fittizio scorrono dinanzi il lettore: la crisi di Sigonella con lo scontro tra Cobra e il presidente cow boy americano. L'inchiesta sul traffico di droga della mafia, i primi pentimenti che portano al maxiprocesso.

L'inchiesta sugli appalti pubblici, che Mimmo, il giudice Incatenato, sta seguendo e che sarà la miccia dell'inchiesta Mani pulite. Che porterà al crollo del sistema dei partiti e di Cobra.
Il maxi processo della mafia, che per la prima volta porta alla condanna dell'ergastolo i boss e riconosce la mafia come una organizzazione verticistica ed unitaria.
E la mafia che va alla ricerca di nuovi equilibri:
«Tutto si sistema, figlio. Là fuori, tu non lo sai ancora, ma ci sta un Paese nuovo, hai capito come? Con nuovi politici che aggiusteranno tutt'e cose. Da adesso noi diamo l'ordine di votare PSI invece che DC, e vedi che la manera di accomodare si trova. Si trova eccome .. »Salvo c'impiega un secondo a registrare l'informazione.Un nuovo ordine.Un nuovo Paese.Poi chiede conferma, perché questa volta due parole non sono troppe, davvero: «Dite sul serio, Zio, sta tutto deciso?»Lo Zio sorride, non la smette di puzzare di lavanda: «Di più, figlio miio, di più. È tutto nero su bianco ..»pagina 285
Le tangenti dei partiti in Svizzera, l'attentato al Papa, il sequestro dell'Achille Lauro, la scoperta di Gladio.
I delitti della banda della Uno Bianca: la ricostruzione dei retroscena della banda che fa l'autore, rispecchia la tesi che hanno fatto a proposito il giudice Giovanni Spinosa ne “L'Italia della Uno bianca”. Ovvero le morti e gli assalti della banda sarebbero da inserire nel contesto della strategia della tensione di Cosa Nostra (e non solo), a fine anni '90:
Rita prova a sorridere. Da quando lavora a questo nuovo caso non ci sta più con la testa. Una serie di rapine apparentemente senza collegamento, perpetrate ai danni di povera gente: neri, zingari, vecchi partigiani. I testimoni oculari non concordano su peso, altezza, fisionomia, dei delinquenti, ma Rita non è di primo pelo. Sa che c'è dell'altro. E poi, da qualche tempo, qualcuno ha cominciato a prendersela coi supermercati delle cooperative comuniste.
Occhi negli occhi col suo uomo, prova a non pensarci, dà la colpa agli ormoni: «Bambina, vorrai dire ..»Mimmo la stringe di nuovo, finge che vada tutto bene.
Intanto lo stomaco ulula, e la ministra di cavolo non c'entra niente. Il buco nero è la, a fauci spalancate: lo fissa col ghigno degli ossessi.Sterling, i Servizi, i morti ammazzati.La strage degli innocenti.Il loro silenzio colloso.Altro sangue sul tricolore, macchie che on se ne andranno. In casa Incatenato non fiata più nessuno.Pagina 374
Politica, imprenditori (come quello strano personaggio delle televisioni che porta le scarpe col tacco), mafia, servizi deviati. Una pornostar che fa furore sulle tv private e nei suoi spettacoli per l'Italia.
E dall'altra parte fedeli servitori dello Stato: come il giudice di Ciaccia di Palermo, e come Domenico Incatenato e sua moglie Rita, che non si spaventano di portare alla sbarra un pezzo di imprenditoria e della politica:
«Bè, dottor Dogliotti, mi sa che è meglio che si prepari pure lei. Lo sa cosa dicevano giù a Palermo, non più tardi di un anno fa? Che la mafia non esiste. Non esiste, ha capito bene .. E lo scrivevano pure sui giornali, si figuri. Chi lo sa? Magari domani il vento gira e si scopre che pure qui a Milano, la capitale morale di questa minchia di Belpaese come dite voialtri persone di rispetto .. pardon, rispettabili .. ci stanno pure i furbacchioni che si fanno gli affari loro coi soldi della gente. Pure io le faccio una promessa, dottor Dogliotti: se ne pizzico uno, di quei furbacchioni, lo sbatto in galera e butto via la chiave.»pagina 299
Il paese crolla sotto le macerie reali, delle stragi di mafia di Capaci e di via D'Amelio (che Sarasso reinventa a modo suo in modo geniale, per non banalizzare il racconto) mentre la classe politica sotto i colpi delle inchieste dei giudici milanesi, sul sistema delle tangenti ai partiti.
Ma l'Italia, ricordiamolo, rimane il paese del gattopardo e nuovi equilibri si devono trovare all'orizzonte affinché tutto rimanga come prima.
Siamo nel 1994 e il nuovo che avanza scende in campo: “L'Italia è il paese che amo ...”

I libri precedenti di Sarasso

Confine di Stato
- SettantaQui potete leggere la prefazione del libro, su CarmillaOnline
Altre letture prese dal libro:
Segui i soldi, signor giudice
- Mafia, politica e imprenditoria

La scheda sul sito di
Marsilio
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

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