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È bene dirlo subito, il paese in questione non è il Giappone, ma l'Italia, almeno per un sondaggio. Certo è che alla fine si ha l'impressione di un confronto fra due estremi, la simpatica e gioviale cialtroneria italiana, e la ossessiva osservazione delle regole giapponese. Ma non c'è solo questo, o meglio non è questo il punto. Nel procedere del viaggio che l'autore ha intrapreso per motivi di lavoro, due mesi di insegnamento in una università ( la "prestigiosa" The University of Tokyo ), c'è il continuo scontro tra i pregiudizi che uno si porta dietro e la voglia di capire e di conoscere, di andare oltre la superficie, trovare l'essenza. E invece è la superficie che conta, o meglio, non c'è nessuna essenza, siamo limitati, nelle nostre possibilità e nel nostro tempo. Ciò che mi è piaciuto di questo libro, e devo dire che lo rileggo spesso in qualche passaggio, è che racconta in maniera piacevole dei tratti, delle giornate, delle cose curiose di un paese, cerca di affrontare gli spazi più nascosti, come la competitività esasperante, una struttura sociale bloccata, la difficoltà per chi è straniero di vivere in quel posto ( per i turisti è una pacchia ), il prezzo da pagare insomma per essere una società che cerca di prevenire ogni male e di essere controllata fino ai movimenti del corpo. E stiamo comunque parlando delle impressioni di una persona che ha fatto un viaggio e racconta ciò che ha visto, e lo scrive senza certezze, con uno stile appropriato per il cazzeggio intelligente che mi è caro.