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Il paese reale

Creato il 19 aprile 2013 da Danemblog @danemblog
Non credo che Twitter sia il paese reale. Non lo credo perché comunque, nonostante un'ampia diffusione, rappresenta ancora una nicchia di popolazione. E azzardo a dire, che il paese reale - con le sue medie e mediane - è più facilmente rappresentabile da Facebook. Sia per numero che per tipo di utenti.  Non c'è vergogna a dirlo, o non credo debba esserci: si tratta di un'analisi più o meno obiettiva della realtà - che si porta dietro le ovvie singolarità che la statistica spesso trascura. Facebook è gattini e cene, Twitter informazione: l'Italia come paese-reale è più gattini e cene tra amici, rispetto a letture sul New Yorker. Datemi torto, se volete.
Il tema attuale è se prima della diffusione dei social network, sarebbe stata possibile la bocciatura di un Presidente della Repubblica condiviso da due terzi, più una, delle principali forze politiche del nostro parlamento. La risposta è no. Con ogni probabilità, senza lo sharing dell'indignazione e del dissenso popolare in tempo reale attraverso i social network, tutto sarebbe stato sopito nella non condivisione personale o da bar. Tutto si sarebbe svolto tra le segrete dei partiti e delle aule e ci sarebbe stato restituito come dato compiuto.  Di sicuro qualche politico in disaccordo avrebbe fatto sentire la sua voce, ma nemmeno troppo urlata, qua o là in Tv o su un giornale.
Per questo aspetto, si è segnato un punto. I social network sono diventati centrali per le sorti di questa nazione. Se questo significa un bene o un male, è difficile dirlo. Di sicuro le persone comuni stanno utilizzando certi strumenti per raggiungere argomenti e tematiche prima accessibili con più difficoltà - che è un bene. Ed è il cambiamento.
Che i social network siano comunque ancora rappresentativi di una cerchia di persone, che si sta allargando è vero, è altrettanto un dato. Che questo sta allontanando per il momento dalla democrazia digitale, è un altro dato. Le Quirinarie sono un esempio (poi dirò perché).   
Link (messi già in Twitter) - ne scrive bene Luca Sofri - Filippo Sensi la tratta da un altro punto di vista - e Alberto Infelise su La Stampa è quasi didattico   

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