Published on aprile 22nd, 2014 | by Claudio
0“U pane nu congelatori, Ni?”
Vivere a Torino è molto diverso da vivere a Licata: del resto, se così non fosse non sarei qui. Perché se è vero che Torino è una città di immigrazione dal Meridione, è anche vero che dopo qualche decennio in una metropoli del Nord si perdono alcune abitudini e se ne acquisiscono altre.
Come il pane nel congelatore, per esempio. A casa mia, e a casa di quasi tutte le persone che conosco, il pane si compra una volta ogni qualche giorno, lo si mette in freezer e lo si tira fuori quando (e quanto) serve. Una sera di qualche anno fa, quando Nino viveva in zona Vanchiglia, osai suggerire questa pratica a lui e al suo coinquilino. “Così risparmiate tempo invece di andare in panetteria ogni giorno” spiegai.
Bruno, il coinquilino, si limitò a un sorriso di circostanza, mentre Nino archiviava la questione con un lapidario “prova a dirlo, che so, a uno come Ivan Cilia di mettere il pane nel congelatore, vediamo come ti risponde”.
Non l’ho fatto apposta, ma l’ho fatto. A distanza di qualche anno.
Torno a casa alle 9 di sera, portando con me proprio il maestro Ivan, ma non il pane. Me ne rendo conto solo una volta arrivati al Pisciotto, quando vorrei farmi un panino prima di cena.
Io, Ivan, Nino.
Ivan: “Mancu accattavi u pani avanti ch’accianavi?”
Io: “Hai ragione Maè, ma me lo sono scordato perché non sono abituato… Sai com’è, a casa mia il pane lo compriamo una volta a settimana e lo mettiamo nel congelatore…”
Nino sorride, il Maestro si fa serio e gli si rivolge, come se non avesse capito o non potesse credere alle sue orecchie: “U pane nu congelatori, Ni?”
Nino sorride ancora facendo sì con la testa, mentre Ivan torna a guardarmi negli occhi, sgridandomi: “Ia pensu ca puru a Torinu u pani u fannu tutta a simana, o no Pizzigattu?”
Sì, il pane lo fanno tutti i giorni anche a Torino. Provo a spiegare a Ivan perché tanta gente ha l’abitudine di accumulare panini e pagnotte nel freezer. Provo a spiegargli che lo si fa per risparmiare tempo, oltre che perché le panetterie chiudono alle 19.30. Provo a spiegargli che è una cosa intelligente, un’idea furba.
Ma mentre formulo nella mia mente la risposta, mi rendo conto che in realtà la questione è differente, anzi al contrario rispetto alle apparenze. Mi rendo conto, cioè, che il problema è che, con il progressivo e costante aumento dei ritmi di vita imposto dalla società, la società stessa è costretta a porre rimedio ai propri errori. Ovvero: “lavorate più in fretta, lavorate di più, e risparmiate tempo mettendo il pane nel congelatore”.
In pratica ha ragione Ivan a scandalizzarsi, lo so. Anzi, lo so così bene, adesso che ci penso, che m’arricampavu cca.
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