La lezione dell’esibizione del corpo di Giovanni Paolo II, o della conta delle ossa di Padre Pio, sembra non essere stata sufficiente, se ancora guardiamo attoniti alle dimissioni di Ratzinger come a un evento epocale, a una svolta che potrebbe segnare la storia della Chiesa, se non quella dell’umanità.
Il resoconto minuto per minuto della cerimonia di abdicazione ha riempito i palinsesti televisivi e radiofonici, esattamente come i funerali di Lady Diana e, qualche mese fa, il matrimonio di suo figlio, il principe. Un evento è stato trasformato, forse volutamente dagli organizzatori che di comunicazione se ne intendono, in tele-fenomeno; un gesto, del quale ancora si ignorano le ragioni, è stato ridotto a oggetto di ipotesi dietrologiche e numerologiche. Mancano solo quelle messianiche e apocalittiche e, poi, il quadro è completo.
Il Papa vivrà in absentia, s’è detto. Viene, però, da ribattere che, forse, è proprio questo il ruolo che più si adatta al Cardinale Ratzinger: tenere le fila della dottrina, restando dietro le quinte, lasciando la scena principale a chi ha l’immagine giusta per passare alla storia come buono, pur avendo professato un catechismo sostanzialmente ratzingeriano.
Il pontefice tedesco ha mostrato la sua umanità prima di morire, prima che il suo mistero fosse svelato come quello dello starec Zosima ne I fratelli Karamazov. La sua scelta, proprio per questo, è più politica di qualunque atto di affermazione pubblica e, se quello che sostiene Concita De Gregorio è vero, c’è da chiedersi se più che un farsi da parte non sia stato il ritorno alla forma di gestione del potere a lui più congeniale.
Staremo a vedere. Intanto, godiamoci il pontefice sull’elicottero bianco, che un po’ ci ricorda la scena iniziale de La dolce vita di Fellini.
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