Magazine Informazione regionale

Il partito spezzatino e i 100 padri delle “città aperte”

Creato il 29 gennaio 2012 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

di Darko Strelnikov

Più passa il tempo e più i difetti di fabbrica del PD si evidenziano. I fatti di Città di Castello ci mostrano l’affermarsi a tutti i livelli, di quel partito “spezzatino”, che contiene in se il germe perenne della discordia, con una discreta tendenza all’autodistruzione. La formazione di tanti piccoli potentati, fa si che il Partito in quanto tale non sia più riconoscibile e, men che meno, un punto di riferimento per la società civile. Pensate che situazione si trova a gestire il Sindaco “tifernate” Bacchetta, quando deve parlare con il suo principale azionista, il Partito Democratico. Per capirci qualcosa e per non rischiare imboscate, sembra che sia costretto a consultare almeno 10 persone. Con la concreta possibilità di non riuscire, alla fine, a trovare “il padrone del sedere” e quindi soluzione condivisa. Dice, ma si potrebbe rivolgere al nuovo segretario, Gionatan Gatticchi, eletto dopo essersi smarcato da tutte le componenti e che quindi è il rappresentante autentico e certificato di tutto il partito. Ma il giovanotto di belle speranze non ha questi “superpoteri”. Ha immediatamente scoperto quella che per molti era semplice acqua calda e cioè che non può decidere nulla senza il consenso dei notabili. Fa un nome per un nuovo assessore e il giorno dopo quel nome sparisce. Pare che il foglietto, per evitare problemi, sia stato scritto con inchiostro simpatico. Quello che svanisce. Insomma, come Bottini, Rossi ed altri prima di lui, ha cominciato a fare la bocca con una carica puramente onorifica. Se vuol restare dovrà tenere conto di chi lo ha eletto e cioè in pratica di tutti. E “i tutti” sono tanti. Ci sono i fedelissimi di Guasticchi, via Secondi e Caprini che sono i più numerosi, poi, con gradazioni diverse di peso, ci sono gli amici e compagni della Cecchini, di Ciliberti, di Orsini, di Verini, la sinistra di Carloni, i gruppi dei cento di Pannacci e dei pochi fedeli di Agostini. E visto che gli interni non bastano, per non farsi mancare nulla, ci sono anche le infiltrazioni esterne dei Neri e dei Nocchi, con tanto di seguaci con tessera ed incarichi. Credete sia un caso limite? Manco per niente. Le situazioni di Castello e del Trasimeno non sono limite perché Perugia è anche peggio. Il Pd nel capoluogo (ma direi dappertutto) funziona come una s.p.a. A Perugia l’azionista di maggioranza è, naturalmente, il sindaco Boccali, ma possiedono pacchetti consistenti anche il Presidente della Provincia Guasticchi, l’assessore comunale alla cultura Cernicchi e il capogruppo in Regione, l’ex sindaco Locchi. Il resto è diviso tra l’assessore provinciale Mignini, il segretario regionale Bottini, il lettiano Cristofani, l’On. Bocci, l’assessore regionale Bracco, i “residuali” di Stramaccioni e qualcun altro che sicuramente mi scordo, perché anch’io ho una certa età e tenere una un elenco così lungo è faticoso. Si è, cioè, di fronte ad una specie di “città aperta” dove nessuno ha le truppe necessarie a dare le carte e comandare. Pare che sia passato un secolo da quando Stramaccioni e Bottini, Bocci e la Marini spaccavano in due il partito. Adesso è spezzatino allo stato puro. Un fenomeno che, con lo scorrere delle stagioni, diventa sempre più esteso, facendo diventare il controllo dei “grandi elettori” sul complesso della struttura, una cosa tendente all’utopia piuttosto che alla scienza. Ma non basta. L’avanzare di questo processo sta dando l’ultima spallata alla forma partito. Ognuno di questi personaggi tende infatti ad organizzarsi da solo, fuori dal Pd. Per il momento prevale la formazione di piccole o grandi correnti di sostegno alla persona, soprattutto in chiave primarie o per le campagne congressuali. Da qui l’effetto fisarmonica delle tessere. Poche in tempo normale, tante in odore di elezioni di qualsiasi tipo. Ecco perchè comincia a fare capolino anche la moda romana di creare associazioni di vario tipo, che dietro alle facciate di “culturale, sociale, economico, ricreativo ecc.”, non sono altro che dei veri e propri soggetti politici legati al loro leader o leaderino. Tanto soggetti politici da avere le loro alleanze e i loro precisi riferimenti dentro gli altri partiti di maggioranza e, perché no, di minoranza. Dagli esempi territoriali citati, emerge, quindi, che chiunque voglia governare questi territori deve fare i conti con gli altri pretendenti. Ma, più si va avanti e più si scopre che tentare di trovare intese soddisfacenti e soprattutto durature è impresa ardua. Perché gli accordi, come si è visto in più parti, sono storie di un minuto che saltano in corso d’opera, modificando le intese congressuali o elettorali.  Ed è questa la principale, se non l’unica ragione, per la quale il Partito Democratico è costretto a ricorrere, sempre di più, all’uso delle primarie. La trasformazione in comitato elettorale di pura garanzia è ormai una realtà che può non piacere a Bersani e agli ex comunisti, ma alla quale tutti, ormai, si devono inchinare. Perchè trovare una quadra interna è quasi impossibile ad ogni livello. Anche in un singolo circolo per designare il candidato al comitato di condominio, figuriamoci per le cariche amministrative. E allora si lascia che la trovino gli elettori. Con non poche sorprese come nella scorsa mandata amministrativa, quella della strage dei democratici. E adesso con la dichiarazione di Roma, sembra che bisogna fare anche le primarie per i candidati alle politiche. Non si è ancora capito se sono “erga omnes” o se la Direzione si riserva qualche posto per i dirigenti “importanti”. Ma se non ci sono deroghe qualcuno ha già perso il posto prima di cominciare. C’è tanto tempo ancora. Dire oggi chi concorrerà e soprattutto chi potrebbe farcela è fiato sprecato. Ma sicuramente i più penalizzati dalla stagione senza accordi interni sono quelli vissuti all’ombra degli apparati e dentro gli apparati. Quelli che senza di questi non hanno più efficaci radicamenti territoriali. Finite le alzate di mano occorre avere i voti. E alcuni degli attuali onorevoli, sulla carta, ne hanno pochini. Dite che ad Agostini, Verini e alla Sereni siano fischiate le orecchie? No perché?

[email protected]



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :