La Sicilia ha avuto molti grandi intellettuali. Tra gli ultimi, in senso cronologico, ci sono Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo. Bufalino è un autore singolare e qualche volta apparentemente tetro. In realtà è un interprete profondo della Sicilia e della sua italianità. Capire un personaggio del suo livello non è un'impresa che si possa intraprendere con leggerezza. Tanto meno è possibile affrontarla con gli altri due suoi amici siciliani. Perciò mi astengo dal farlo. C'è però una sua breve e singolare pagina in un'opera che si può tenere nel proprio comodino per un'auspicabile lettura serale, che l'altra sera mi ha fatto capire il grado di chiaroveggenza di un intellettuale tanto raffinato e acuto, morto nel 1996, e capace di guardare agli uomini del suo tempo, ma anche al futuro del nostro Paese. Ed ho quasi avuto un soprassalto. Il libro è una raccolta di aforismi. Si intitola Bluff di parole (1994) e forse vale la pena leggerlo d'un colpo per trarne il filo conduttore, lo scorrere unitario dei pensieri che lo compongono.
Ci può aiutare a capire il grande sconcerto, per non dire altro, che la politica dei nostri tempi provoca in un uomo attento come lui. Il che è una sorta di termometro, di anticipazione di ciò che oggi è accaduto, del disastro in cui siamo, previsto con matematica precisione da un intellettuale, parecchio tempo prima.
"In verità da anni non voto- scrive Gesualdo Bufalino - Me ne vergogno, ma non so che farci. Delle scalmane ideologiche sono guarito prestissimo, una trista chiaroveggenza m'insospettisce d'ogni utopia. Se pur m'accade di stimare un politico, si tratta di una stima retrattile e ondosa, quale può generarsi da un casuale incontro di gusti o dalla simpatia che nasce talora davanti a un individuo di cui si apprezza l'amabilità ma s'ignora la fedina umana e morale. Poi basta dar tempo al tempo e le ali della lodata rara avis si rivelano gonfie di piombo. [...] Oggi nel Palazzo ci sono tutti, le divise si scambiano a piacere, quanto più le risse sono fragorose, tanto più sono finte. Un unico gigantesco partito li arruola tutti, dal Montecitorio più grande agli altri, innumerevoli, sparsi per la penisola. E quanto parlano, poi ... Quale quotidiano inesauribile vilipendio della parola ... E' questa l'offesa che duole di più: ci taglieggiano, ci sgovernano, ci malversano ... Ma almeno stessero zitti; smettessero questo balletto di maschere, questo carnevale del nulla, al riparo del quale mani avide intascano, leggi inique o vane si scrivono, ogni proposito onesto si sfarina in sillabe sensa senso ...".
Come dire? Siamo alla fine non della Repubblica, ma della ragione.
(GC)
Informazioni su casarrubea
Ricercatore storico. E' impegnato da anni in studi archivistici riguardanti soprattutto i servizi segreti italiani e stranieri. Ha pubblicato i risultati delle sue indagini con le case editrici Sellerio e Flaccovio di Palermo, Franco Angeli e Bompiani di Milano.