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Il PD e Nitto Palma, il rospo che non si può ingoiare

Creato il 07 maggio 2013 da Tafanus
Dopo aver ingoiato la Biancofiore, Cicchitto, La Russa, Capezzone e Formigoni, scoppia il caso dell'ex guardasigilli. Sabato l'assemblea nazionale del partito, ma non ci sarà nessuna scissione, almeno fino al congresso

Il PD e Nitto Palma, il rospo che non si può ingoiare

Nel Pd, adesso, tutti sperano nel congresso. Per "fare finalmente il partito che non abbiamo mai fatto", dicono. Il problema è che lo dicono sia quelli che sono usciti sconfitti dalle ultime vicende parlamentari, sia quelli di occupy-Pd, sia i democratici più centristi, di indole democristiana, che all'ultimo giro hanno vinto.
Intanto, dopo i sottosegretari tipo Micciché e Biancofiore, sono stati digeriti anche i nuovi presidenti di commissione: da Cicchitto a Formigoni, da Capezzone a La Russa. Solo su Francesco Nitto Palma alla giustizia del Senato è scoppiato il caos e il mal di pancia è diventato insopportabile.
Fuori dal partito, a sinistra, si spera in una scissione, e sui social network vengono attivati goliardicamente i profili del "Nuovo Pds": ci conta Nichi vendola, ad esempio, ma almeno fino al congresso non se ne parla, appunto.
Allo stesso modo non se ne parlerà nemmeno nell'assemblea nazionale di sabato prossimo, la prima dopo le dimissioni di Bersani. Sembra archiviata l'idea di eleggere un segretario vero e proprio, un po' come fu con Franceschini nel 2009. Si farà piuttosto un 'reggente'. Ma forse, non si sa: "Nessuno nel Pd è più in grado di prendere decisione alcuna", dice anonimamente un senatore democratico di lungo corso, "ed è quindi prevedibile una soluzione minimalista".
I nomi quotati sono due: l'ex giovane Gianni Cuperlo, già segretario della Fgci e mai più protagonista, gradito a D'Alema di cui è stato a lungo stretto collaboratore. E Guglielmo Epifani, ex leader della Cgil, che (dicono) piacerebbe a Bersani. Ma è bastata una frase di Walter Veltroni per smorzare le speranze dei due e far risalire l'idea di un triunvirato, o comunque la condivisione della responsabilità di traghettamento: "Serve qualcuno che rappresenti tutto il Pd", ha detto Veltroni, "non uno che rappresenta mezza mela come se Letta fosse l'altra metà".
Non si può, insomma, pensare che il partito possa diventare lo strumento con cui si compensa il malcontento di alcuni per l'adesione al governo con il Pdl. Non si può, per Veltroni, ma è proprio quello che in molti hanno in mente, se non per il reggente, proprio per congresso. Sempre per la storia del partito di gomma, che se tiri e tiri si allunga al punto da contenere maggioranza e opposizione dello stesso esecutivo.
Pippo Civati, forse il più allineato alla base e ai militanti delle sezioni occupate, è l'esempio di come si possa dire malissimo del partito e non vedere però ragioni sufficientemente valide per uscirne. Della serie: c'è sempre un'ultima occasione. E così può andare al dibattito organizzato da "Left" al teatro Eliseo di Roma, per riunire la sinistra attorno a Rodotà, a dire tutto quello che vendoliani e 5 stelle sperano di sentirti dire, ma concludere poi "io resto nel Pd", lasciando molti delusi in platea. Ma sbagliano loro, i delusi, perché né lui né altri dissidenti hanno mai parlato di scissioni.
Non ne parla, appunto, nemmeno l'ex ministro e neo tesserato Pd Fabrizio Barca, che anzi su Twitter chiarisce a tutti di non aver intenzione alcuna di fondare un nuovo partito. Di "un partito nuovo" parla semmai, riferendosi però proprio al Pd.
Non ne parlano i ' giovani turchi' che hanno smesso di parlare, in realtà, forti di una buona presenza nella squadra di governo. Non ne parla Sandro Gozi, il prodiano che - esattamente come gli iscritti durante le assemblee nei territori di questi giorni - individua il male da estirpare nei 101 franchi tiratori che hanno affossato la candidatura quirinalizia di Prodi [...]

"Siamo più dei 101", avranno quindi scritto sulle loro magliete i giovani democratici che presidieranno l'assemblea di sabato. "Vogliamo i nomi dei 101", dicono nelle riunioni dei circoli del Pd, anche in quello di via dei Giubbonari di Roma, dove è iscritto Fabrizio Barca.
"Quelli che chiedono i nomi dei 101", sostiene un onorevole Pd, "sono quelli affezionati alla casa, che vivono le vicende di queste settimane come drammi familiari". Insomma, alla fine perdoneranno molto, se non tutto. "Quelli incazzati veramente ci stanno lasciando, spesso in silenzio: e sono soprattutto gli elettori".
L'aspetto curioso è però che in questo casino sono (o si dicono) scontenti anche i 'popolari,' i centristi: che pure esprimono il premier e hanno al governo pure Franceschini. "Ci sentiamo egemonizzati", confessa l'assistente di un deputato, uno di quelli più in vista. Egemonizzati dai Ds, ovviamente. Anzi, "dai comunisti" dice lui.
E Renzi, cosa fara? "Il premier", è la risposta dei suoi. Lo vedremo. Il segretario del partito, però, proprio no, né lui, né un suo uomo. E se Epifani è una figura politicamente troppo forte, "troppo Cgil", per la reggenza secondo loro è più idoneo Gianni Cuperlo, che potrebbe persino passare per rottamatore. Per i renziani invece sarebbe molto meglio avere il responsabile dell'organizzazione, la poltrona oggi di Nico Stumpo, bersaniano (...Renzi, il solito furbetto... "se non vuoi nessun serio competitor sulla poltrona di candidato premier futuro, matteci temporaneamente il culo del peggio che trovi su piazza: Nico Stumpo, appunto... NdR)

Lì infatti si organizzano le primarie e - se dovesse andare in porto l'idea di modificare lo statuto del partito, che separa la figura del segretario e quella del candidato - con quelle si indicherà il premier. Renzi, appunto, secondo il piano.
Un piano che non è più solo dei renziani: "Tra me e Matteo vedo una complementarietà e certamente un comune impegno a lavorare nel Pd", dice infatti Fabrizio Barca, l'uomo a cui guardano molti'malpancisti' e parte della base. Lunedì i due hanno pranzato insieme, al ristorante del Four Season, da cui sono usciti pieni di sorrisi.


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