Ablyazov: Letta assolve Alfano, ira di Renzi. Segreteria dem: no a sfiducia o cade il governo (Repubblica.it)
Fibrillazione nel gruppo, ma il vertice con Epifani detta la linea: "Non votiamo la mozione M5S-Sel, perché l'esecutivo deve continuare a lavorare". Cresce l'insofferenza dei renziani: "Il ministro ha mentito al Parlamento, si voti per mandarlo via". Il sindaco: "Io contro Letta? Il Pd strumentalizza vicenda triste". Riunione del Pdl a Palazzo Grazioli: nessun passo indietro. Anche la Lega dice no alla mozione
ROMA - Sul caso Shalabayeva non si misura soltanto la tenuta del governo Letta, ma anche gli equilibri interni al Pd. L'appuntamento è per venerdì al Senato quando si vota la mozione di sfiducia M5S-Sel al ministro dell'Interno, Angelino Alfano. In serata la segreteria dem annuncia: "Non votiamo la sfiducia, cadrebbe il governo". Ma la decisione arriva dopo una giornata drammatica di scontri interni.
Enrico Letta In difesa del titolare del Viminale è intervenuto, da Londra, il presidente del Consiglio, Enrico Letta: "Non vedo nubi, lui è estraneo". Parole che arrivano dopo il fuoco di fila dei senatori renziani per le dimissioni del ministro dell'Interno. Richiesta condivisa, in parte, da altri esponenti autorevoli dei democratici: Gianni Cuperlo e Anna Finocchiaro in testa, che chiedono al ministro un passo indietro. In serata è il sindaco di Firenze a dire la sua nella sua e-news: "Indegno scaricare le responsabilità sulle forze dell'ordine". Anche se precisa: "Pugnalare Letta? Gli statisti del Pd fanno ridere. Non voglio far saltare il governo. E poi c'è poca voglia di voto in giro". Il compito di sedare le turbolenze tocca a Guglielmo Epifani che tira le somme dopo una riunione di segreteria complicata: "'Di fronte alla crisi, abbiamo convenuto che il governo deve poter continuare a fare il suo lavoro". Quindi il Pd dirà no alla sfiducia. Fronte compatto in casa Pdl. Nel vertice serale a Palazzo Grazioli un passo indietro di Alfano non è un'ipotesi in discussione.
RENZI ALL'ATTACCO - Le parole più forti sono comunque quelle del sindaco di Firenze, che ne ha per Pd e Pdl. "Stupisce - attacca Renzi - vedere Giovanardi che mi insulta con le stesse parole di alcuni miei compagni di partito. Quelli del Pdl sanno che in caso di elezioni, una candidatura forte li manderebbe a casa, per cinque anni. E loro, miracolati dal capolavoro di Pierluigi Bersani, preferiscono stare al governo delle larghe intese anziché all'opposizione". Non è più tenero con i colleghi, colpevoli di tirarlo in ballo sul caso Ablyazov: "Non strumentalizzino una vicenda di cui come italiano mi vergogno, che coinvolge una bambina di sei anni. Io sto con le forze dell'ordine. Indegno scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico". Ne ha anche per il presidente del Consiglio: "In Aula è andato il ministro dell'Interno e ci andrà il presidente del Consiglio, che già qualche settimana fa - sottolinea Renzi - ha chiesto a un ministro di farsi da parte. Se Letta non riesce a cambiare il Paese mi dispiace per lui ma non cerchi alibi".
IL MESSAGGIO DI LETTA - Eppure il presidente del Consiglio aveva provato a smorzare i toni intervenendo da Londra, dove ha incontrato il primo ministro britannico David Cameron: "Non vedo nubi all'orizzonte. Ho letto attentamente la relazione del prefetto Pansa, da cui emerge la totale estraneità del ministro Alfano. Ho chiesto dall'inizio la 'totale disclosure' su questa vicenda, è tutto pubblico, è tutto chiaro. Parlerò in Parlamento venerdì". Richiamo alla responsabilità per i partiti, che dovranno assumersi la responsabilità di una eventuale crisi: "La stabilità politica è essenziale per la crescita. Mio primo impegno è per la crescita, ma, senza stabilità politica sarà impossibile. Chiederò ai partiti del mio paese di continuare su questa strada altrimenti sarà impossibile ottenere la ripresa". Parole distensive anche sui rapporti con Renzi: "Ci siamo parlati, ci parliamo continuamente, quindi nessun problema".
DEMOCRATICI IN SUBBUGLIO - A dispetto della serenità del premier, proprio sul versante Pd si registrano le fibrillazioni maggiori. Prima di Renzi era stata la volta dei renziani. "Chiederemo al Pd, nella riunione dei gruppi domani, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro Alfano", affermano, in una nota, il vicecapogruppo del Pd a Palazzo Madama Stefano Lepri e 12 senatori vicini al sindaco. Ma l'insofferenza sull'espulsione di moglie e figlia di Ablyazov è più ampia. Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del partito, lancia un aut aut al ministro dell'Interno. "Penso che potrebbe essere un atto di grande sensibilità istituzionale e politica se rimettesse il suo mandato nelle mani del Presidente del Consiglio". La linea finale in Aula verrà fuori dalla riunione dei senatori del Pd con il segretario Epifani, prevista domani alle 13.
LA SEGRETERIA BLINDA L'ESECUTIVO - Anche se un segnale forte arriva dalla segreteria del partito riunita nel pomeriggio: "Non potranno essere votate le mozioni contro il governo, perché ne determinerebbero la caduta, mettendo il paese in difficoltà in una fase delicatissima". Secondo il Pd, però, "resta aperto il problema di come ridare credibilità alle istituzioni". Lungo l'elenco dei critici. "Se Alfano non smentisce Procaccini secondo cui Alfano sapeva prima e, verbalmente, anche dopo, significa che Alfano ha mentito al Parlamento", scrive su twitter il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti.
Rilancia Paolo Gentiloni sempre in un tweet: "Quindi non è vero che Alfano non sapeva. Dopo le interviste di Procaccini la sua posizione sempre meno sostenibile". Di una "mezza barzelletta" e di "una presa in giro" parla anche il senatore del Pd, Felice Casson: "La relazione non mi ha convinto, assolutamente no". E dissente anche Anna Finocchiaro che ritiene un "atto di responsabilità istituzionale se Alfano rimettesse la sua delega nelle mani del premier". Anche Laura Puppato invita il suo partito, nel caso in cui Alfano non si dimetta "a chiedere le sue dimissioni, costi quel che costi". Mentre Rosi Bindi propone: "Dovrebbe dimettersi da ministro dell'Interno restando vicepresidente del Consiglio".
VERTICE DEL PDL - Un'exit strategy che non sussiste per lo stato maggiore del Pdl, riunito a Palazzo Grazioli. La linea è chiara: non esiste alcuna possibilità di sostituzione di Alfano o di remissione delle deleghe. Le "colombe" provano ad abbassare i toni: "Fermiamoci prima che sia troppo tardi" - dice il senatore Sandro Bondi, che paventa il pericolo per la vita del governo. "Se non ci fermiamo in tempo - aggiunge - non solo rischiamo di mettere a rischio quel minimo di stabilità che abbiamo conquistato, ma saremo travolti da uno spirito di autodistruzione che non salverà nessuno".
LA LEGA VOTA NO - Anche la Lega Nord fa sapere che non voterà la mozione di sfiducia anche se l'intervento del ministro contiene ancora alcuni punti da chiarire". Lo dichiarano i capigruppo al Senato e alla Camera, Massimo Bitonci e Giancarlo Giorgetti. "Nel complesso- aggiungono- ci ha convinto che le responsabilità politiche dell'affare kazako siano non di un singolo ministro ma collettive, dell'intero governo". E anche il leader Roberto Maroni, corregge il tiro e telefona ad Alfano per un chiarimento. Nel colloquio, il titolare dell'Interno gli avrebbe spiegato che alla base del 'pasticcio' sul caso Shalabayeva vi sarebbe stato un corto-circuito informativo tra i vari uffici competenti.
Assolvere l'impresentabile Alfano farà perdere al PD milioni di voti (ad iniziare dal mio) e non salverà la poltrona a Letta. Ci sono infatti in lista d'attesa decine di altri motivi di ricatto: dall'IMU all'IVA, dalla Santanché alla sentenza della Cassazione e al voto sulla incompatibilità, dal conflitto d'interessi alla legge elettorale, alle nomine in RAI, e quant'altro. Il rigore di Letta non può esercitarsi solo in casa PD, sulla Idem. Ci sembra che il pasticcio kazako sia di gravità almeno comparabile a quello dell'IMU della Idem.
Diamo un segnale di cedimento, e non solo perderemo milioni di voti, ma arriveranno altri ricatti, ed altre richieste irricevibili. Letta (ed Epifani a rimorchio) che difendono Alfano e la propria poltrona, mi danno francamente il voltastomaco. Spero che fra i parlamentari PD ci sia una rivolta molto estesa contro le decisioni gesuitiche di Letta. Facciamo questa minchiata, e regaleremo mrezzo partito a Grillo, e l'altra metàa Renzi. E a quel punto, il poltronista Enrico Letta sarà ancora Presidente. Del Nulla
Tafanus