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Il pd rischia la liquefazione?

Creato il 27 settembre 2014 da Speradisole

IL PD RISCHIA LA LIQUEFAZIONE?

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Antonio Labriola, filosofo, qualche mese fa, aveva riassunto, con parole efficaci: “La ribellione degli scheletri”, le accuse di autoritarismo e centralismo rivolte dalla minoranza del Partito Democratico all’iniziativa riformatrice del governo di Matteo Renzi.

Le critiche vengono successivamente riproposte per bocca di Bersani e di D’Alema, con un. “No ad un Pd, movimento politico-elettorale del premier, sì alla separazione tra Presidente del Consiglio e Segretario del Nazareno”.

Non mi sono piaciute le polemiche assenze di Civati e Cuperlo, alla festa nazionale dell’Unità. Sanno di infantilismo politico. Non era la festa di Renzi, ma bensì la festa di tutti noi che crediamo ancora in questo partito. Snobbare la base è stato un errore grave.

Per contro il ginepraio dei vari editoriali sferzanti comparsi sui grandi giornali e i rilievi pungenti mossi dal  gotha economico verso la scarsa incisività e concretezza dell’iniziativa di Palazzo Chigi, hanno reso il clima attorno a Palazzo Chigi ancora più ostile.

Praticamente ha contro Eugenio Scalfari, Della Valle, Ferruccio de Bortoli, i Vescovi, i sindacati, la Confindustria, i burocrati, una parte dei magistrati, e forse anche la massoneria. Mi viene il sospetto che abbia contro tutti i cosiddetti “poteri forti” di questo paese.

Con ogni probabilità tutti i severi giudici di Renzi hanno compreso soltanto ora che l’ex sindaco di Firenze non incarnava le virtù taumaturgiche evocate in coro nella fase della sua ascesa al potere.

Alla base di tutto però c’è una divergenza, forse incolmabile, nella visione del partito

La minoranza del Nazareno porta avanti l’idea di un partito socialista pesante e strutturato, con un programma poco pragmatico e procedure formalizzate nella vita interna. Quello che invece porta avanti Renzi è una visione-azione carismatico-plebiscitaria fondata sul prestigio del leader uscito vincente da una prova elettorale (le elezioni europee) e su un programma allestito strada facendo.

Ma vi è un ulteriore elemento che rende i loro rapporti difficilmente componibili. Renzi convoca il gruppo e gli organi dirigenti del Pd per giocare e vincere tutta la posta in gioco. È in grado di farlo grazie a una dinamicità assente in una generazione di leader protagonisti di sconfitte dolorose.

Il giorno in cui il Presidente del Consiglio non sarà più segretario del Pd, il successore dovrà avere una caratteristica mancante nei segretari che si sono alternati prima di lui alla guida del Partito democratico: l’elemento carismatico. Grazie al quale l’ex fautore della rottamazione ha vinto una tornata elettorale, non costruendo coalizioni, ma realizzando la vocazione maggioritaria propugnata da Veltroni.

Ci vuole una figura capace di affermare la dinamicità e la potenzialità maggioritaria di un partito di rango occidentale. Altrimenti il Pd potrebbe liquefarsi. Perché in politica non si torna mai indietro.

Nel contempo, mi sembra che si cerchino, sia a destra che a sinistra, alternative improbabili, o carte dei valori (di cui non frega niente a nessuno). Tutto per restare a galla, confidando che Renzi finisca contro un muro e che gli italiani, come sempre dimentichino.



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