Una conferma c’è. Hanno votato (e votano) per Berlusconi tutti quelli che non vogliono cambiamenti. Nel paese delle arti e dei mestieri, delle confraternite e delle caste, delle cricche e delle P (2,3,4,5,) chi prova a toccare privilegi e rendite di posizione maturate nei secoli dei secoli corre il rischio di rimetterci l’osso del collo. Nonostante un parlamento composto essenzialmente da nominati dalle segreterie, gli onorevoli e i senatori continuano comunque a tenere il polso della situazione e la situazione dice che l’elettorato del Pdl sta andando in frantumi, stretto com’è dalla necessità di far quadrare i conti da una parte e i monopoli ottenuti in anni di incessante quanto fruttuoso lobbismo dall’altra. Stanno scendendo in piazza tutti, non solo i camionisti e i tassisti, ma anche i farmacisti, i notai, gli avvocati e, come sta accadendo in queste ore, i pescatori e i lavoratori del Sulcis che hanno trovato una sponda nei precari, negli studenti, nelle partite Iva, nei cassintegrati. Chi sta pagando il prezzo più alto dell’appoggio al governo del Professore è il partito di SilvioBerlusconi. Da una parte c’è la questione della Lega che ha già fatto sapere al suo ex alleato che nel caso in cui dovesse continuare ad appoggiare questo esecutivo, l’alleanza si romperebbe automaticamente e correrebbe da sola alle prossime amministrative. Silvio sa che, specie al Nord, presentarsi alle amministrative senza la Lega significherebbe consegnare nelle mani della sinistra (sic!) molti dei comuni e delle provincie che attualmente governa e sa anche che un governo senza l’acquiescente Umberto Bossi sarebbe per lui una vera e propria iattura. Dall’altra c’è la necessità di tornare al più presto al potere perché i falchi del Pdl questa volta sono decisi ad andare fino in fondo (i 64 astenuti pidiellini nell’ultima votazione alla Camera, la dicono lunga sulla tenuta del partito di maggioranza relativa). C’è da dire che neppure i sondaggi stanno dando una mano a Silvio. A fronte della convinzione che comincia a circolare che le colpe del disastro italiano non siano imputabili tutte a lui, il Pdl sta perdendo punti percentuali a ogni rilevamento, e questo fatto preoccupa non poco Berlusconi che già si vedeva richiamato a Palazzo Chigi a furor di popolo. Ma ci sono altre due ragioni ad personam che potrebbero far pesare l’appoggio o meno al governo Monti. La prima è quella sollevata dal cosiddetto “partito Mediaset”. La questione del beauty contest sulle frequenze della tv digitale è ancora apertissima. Mediaset ha investito un fottio di soldi sul digitale terrestre sapendo che poteva contare sulla gratuità delle frequenze (un po' come l'1 per cento dalemiano), rimettere in discussione un decreto voluto fortemente dal padrone di Mediaset, presidente del consiglio a tempo perso, significherebbe vanificare gli sforzi, soprattutto economici, sostenuti dall’azienda di famiglia già segnata dall’affaire Cir. Corrado Passera ha chiesto tre mesi di tempo per vederci chiaro ma l’aria che tira, soprattutto se Monti vuole che il Pdl continui a sostenerlo, ci fa capire che il sostegno passa anche attraverso la conferma del beauty contest. Anche ma non solo. C’è un’altra piccola questione che pende come una spada di Damocle sulla testa del Professore. Il processo Mills. L’accelerazione che i giudici milanesi hanno impresso al processo che vede imputato di corruzione Silvio Berlusconi, non è piaciuta né a Silvio né ai suoi legali. Il rischio che il tribunale di Milano emetta la sentenza il giorno prima che il processo cada in prescrizione è reale, e Berlusconi sa che se la sentenza dovesse essere negativa, per lui scatterebbe l’interdizione dai pubblici uffici. È a questo punto che Silvio si è chiesto: “Ma per quale motivo dovrei continuare ad appoggiare un governo che mi vuole in galera?”. Il ragionamento, quindi, è semplice. O il governo fa capire ai magistrati milanesi che tardare di due giorni la sentenza, con la prescrizione che interviene nel frattempo, rappresenta un bene per l’Italia o Silvio si vedrebbe costretto a staccare la famosa spina. I notai, gli avvocati, i tassisti, i benzinai, i farmacisti non c’entrano una mazza. O il beauty contest resta e il tribunale di Milano non emette la sentenza oppure si torna a votare, alla faccia dell’interesse supremo della nazione sul quale Silvio ha spergiurato per anni.
Magazine Politica
Il Pdl indeciso se staccare la spina oppure no. Dipende dal processo Mills e dal beauty contest. E l’interesse esclusivo della Nazione?
Creato il 26 gennaio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Una conferma c’è. Hanno votato (e votano) per Berlusconi tutti quelli che non vogliono cambiamenti. Nel paese delle arti e dei mestieri, delle confraternite e delle caste, delle cricche e delle P (2,3,4,5,) chi prova a toccare privilegi e rendite di posizione maturate nei secoli dei secoli corre il rischio di rimetterci l’osso del collo. Nonostante un parlamento composto essenzialmente da nominati dalle segreterie, gli onorevoli e i senatori continuano comunque a tenere il polso della situazione e la situazione dice che l’elettorato del Pdl sta andando in frantumi, stretto com’è dalla necessità di far quadrare i conti da una parte e i monopoli ottenuti in anni di incessante quanto fruttuoso lobbismo dall’altra. Stanno scendendo in piazza tutti, non solo i camionisti e i tassisti, ma anche i farmacisti, i notai, gli avvocati e, come sta accadendo in queste ore, i pescatori e i lavoratori del Sulcis che hanno trovato una sponda nei precari, negli studenti, nelle partite Iva, nei cassintegrati. Chi sta pagando il prezzo più alto dell’appoggio al governo del Professore è il partito di SilvioBerlusconi. Da una parte c’è la questione della Lega che ha già fatto sapere al suo ex alleato che nel caso in cui dovesse continuare ad appoggiare questo esecutivo, l’alleanza si romperebbe automaticamente e correrebbe da sola alle prossime amministrative. Silvio sa che, specie al Nord, presentarsi alle amministrative senza la Lega significherebbe consegnare nelle mani della sinistra (sic!) molti dei comuni e delle provincie che attualmente governa e sa anche che un governo senza l’acquiescente Umberto Bossi sarebbe per lui una vera e propria iattura. Dall’altra c’è la necessità di tornare al più presto al potere perché i falchi del Pdl questa volta sono decisi ad andare fino in fondo (i 64 astenuti pidiellini nell’ultima votazione alla Camera, la dicono lunga sulla tenuta del partito di maggioranza relativa). C’è da dire che neppure i sondaggi stanno dando una mano a Silvio. A fronte della convinzione che comincia a circolare che le colpe del disastro italiano non siano imputabili tutte a lui, il Pdl sta perdendo punti percentuali a ogni rilevamento, e questo fatto preoccupa non poco Berlusconi che già si vedeva richiamato a Palazzo Chigi a furor di popolo. Ma ci sono altre due ragioni ad personam che potrebbero far pesare l’appoggio o meno al governo Monti. La prima è quella sollevata dal cosiddetto “partito Mediaset”. La questione del beauty contest sulle frequenze della tv digitale è ancora apertissima. Mediaset ha investito un fottio di soldi sul digitale terrestre sapendo che poteva contare sulla gratuità delle frequenze (un po' come l'1 per cento dalemiano), rimettere in discussione un decreto voluto fortemente dal padrone di Mediaset, presidente del consiglio a tempo perso, significherebbe vanificare gli sforzi, soprattutto economici, sostenuti dall’azienda di famiglia già segnata dall’affaire Cir. Corrado Passera ha chiesto tre mesi di tempo per vederci chiaro ma l’aria che tira, soprattutto se Monti vuole che il Pdl continui a sostenerlo, ci fa capire che il sostegno passa anche attraverso la conferma del beauty contest. Anche ma non solo. C’è un’altra piccola questione che pende come una spada di Damocle sulla testa del Professore. Il processo Mills. L’accelerazione che i giudici milanesi hanno impresso al processo che vede imputato di corruzione Silvio Berlusconi, non è piaciuta né a Silvio né ai suoi legali. Il rischio che il tribunale di Milano emetta la sentenza il giorno prima che il processo cada in prescrizione è reale, e Berlusconi sa che se la sentenza dovesse essere negativa, per lui scatterebbe l’interdizione dai pubblici uffici. È a questo punto che Silvio si è chiesto: “Ma per quale motivo dovrei continuare ad appoggiare un governo che mi vuole in galera?”. Il ragionamento, quindi, è semplice. O il governo fa capire ai magistrati milanesi che tardare di due giorni la sentenza, con la prescrizione che interviene nel frattempo, rappresenta un bene per l’Italia o Silvio si vedrebbe costretto a staccare la famosa spina. I notai, gli avvocati, i tassisti, i benzinai, i farmacisti non c’entrano una mazza. O il beauty contest resta e il tribunale di Milano non emette la sentenza oppure si torna a votare, alla faccia dell’interesse supremo della nazione sul quale Silvio ha spergiurato per anni.
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