Angelino Alfano, auspice un nome che non ammette repliche, ha iniziato a recitare la parte del “custode” dei giovani disoccupati, dei precari, dei cassintegrati, degli sfigati, dei bamboccioni e, ma tanto per non smentirsi, dei figli di puttana. A Orvieto, dove il Pdl forma (è un eufemismo), i futuri quadri del partito è salito sul palco per dire: “La priorità di questo governo è il lavoro”, scoprendo qualcosa di molto simile all’acqua calda. Fino a ieri, ai galantuomini del Pdl, del lavoro interessava meno di un regale sollazzo all’Imperatore, quello sì che era un problema, perché se Silvio non colpiva almeno un paio di volte a notte, in consiglio dei ministri erano casini (nel senso di bordelli e non di Pierfy). All’improvviso, quasi colto da una folgorazione davanti al Duomo, Alfano scopre che in Italia il lavoro è un problema. Venti anni di super poteri berlusconiani non sono serviti a far capire a quei volpini del Pdl che lavorare equivale a dare dignità alle persone e a non far perdere per strada decine di migliaia di giovani disperati. Come spesso è avvenuto però, il problema non è il lavoro o, almeno, non è la priorità. Sono altri gli interessi del Capataz e tirar fuori dal cilindro, improvvisamente, il lavoro, equivale suppergiù a un depistaggio. Quello di cui il governo del Professore non deve assolutamente occuparsi, è infatti la Rai e la giustizia. Come si toccano queste corde i pidiellini vanni in fibrillazione perché ancora oggi, nonostante i disastri che hanno combinato, a loro interessa solo mantenere le rendite del Capo. È stato chiarissimo Alfano: “Sul tema del lavoro marcheremo stretto l’esecutivo, gli faremo le pulci perché è nostro dovere vegliare affinché tutti possano comprarsi a rate un IPhone 5”. Ovviamente niente Rai e niente reintroduzione del falso in bilancio. Ma siccome dalle parti di Palazzo Grazioli sanno perfettamente che questo è il governo della banche e dei banchieri, stanno iniziando una manovra di accerchiamento (chiamiamolo con il suo nome: ricatto), riassunto nelle parole di Alfano mentre in macchina stava tornando a Roma: “Nella settimana che verrà, da parte del Pdl ci sarà una vigilanza permanente sull’azione delle banche e un pressing su Monti affinché le banche diano trasparenza, attraverso i siti internet, di come impiegano i soldi ricevuti dalla Bce: vogliamo chiarezza”. Proviamo a tradurre: “Caro Mario, se non la finisci di rompere le palle sulla Rai e sulla giustizia, noi diremo agli italiani come i tuoi assistiti sperperano il denaro ricevuto dalla Banca Centrale Europea e di come lo abbiano impiegato per sanare i loro deficit da derivati e non finanziare la ripresa”. Questo è il doppio pacco del Pdl al governo Monti. Attendiamo in queste ore il contropaccotto.
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Il Pdl scopre il lavoro. Dopo anni senza fare una mazza è giunta l’ora di corciarsi le maniche.
Creato il 11 marzo 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Angelino Alfano, auspice un nome che non ammette repliche, ha iniziato a recitare la parte del “custode” dei giovani disoccupati, dei precari, dei cassintegrati, degli sfigati, dei bamboccioni e, ma tanto per non smentirsi, dei figli di puttana. A Orvieto, dove il Pdl forma (è un eufemismo), i futuri quadri del partito è salito sul palco per dire: “La priorità di questo governo è il lavoro”, scoprendo qualcosa di molto simile all’acqua calda. Fino a ieri, ai galantuomini del Pdl, del lavoro interessava meno di un regale sollazzo all’Imperatore, quello sì che era un problema, perché se Silvio non colpiva almeno un paio di volte a notte, in consiglio dei ministri erano casini (nel senso di bordelli e non di Pierfy). All’improvviso, quasi colto da una folgorazione davanti al Duomo, Alfano scopre che in Italia il lavoro è un problema. Venti anni di super poteri berlusconiani non sono serviti a far capire a quei volpini del Pdl che lavorare equivale a dare dignità alle persone e a non far perdere per strada decine di migliaia di giovani disperati. Come spesso è avvenuto però, il problema non è il lavoro o, almeno, non è la priorità. Sono altri gli interessi del Capataz e tirar fuori dal cilindro, improvvisamente, il lavoro, equivale suppergiù a un depistaggio. Quello di cui il governo del Professore non deve assolutamente occuparsi, è infatti la Rai e la giustizia. Come si toccano queste corde i pidiellini vanni in fibrillazione perché ancora oggi, nonostante i disastri che hanno combinato, a loro interessa solo mantenere le rendite del Capo. È stato chiarissimo Alfano: “Sul tema del lavoro marcheremo stretto l’esecutivo, gli faremo le pulci perché è nostro dovere vegliare affinché tutti possano comprarsi a rate un IPhone 5”. Ovviamente niente Rai e niente reintroduzione del falso in bilancio. Ma siccome dalle parti di Palazzo Grazioli sanno perfettamente che questo è il governo della banche e dei banchieri, stanno iniziando una manovra di accerchiamento (chiamiamolo con il suo nome: ricatto), riassunto nelle parole di Alfano mentre in macchina stava tornando a Roma: “Nella settimana che verrà, da parte del Pdl ci sarà una vigilanza permanente sull’azione delle banche e un pressing su Monti affinché le banche diano trasparenza, attraverso i siti internet, di come impiegano i soldi ricevuti dalla Bce: vogliamo chiarezza”. Proviamo a tradurre: “Caro Mario, se non la finisci di rompere le palle sulla Rai e sulla giustizia, noi diremo agli italiani come i tuoi assistiti sperperano il denaro ricevuto dalla Banca Centrale Europea e di come lo abbiano impiegato per sanare i loro deficit da derivati e non finanziare la ripresa”. Questo è il doppio pacco del Pdl al governo Monti. Attendiamo in queste ore il contropaccotto.
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