Navigando su internet, leggo di esperienze personali e di lavoro, seguo il filo dei discorsi come se l’autore me ne stesse parlando privatamente. Scendo col mouse, scorro le pagine, le cambio, le chiudo, clicco sui link e scopro altri mondi, gli uni contenitori di altri. La sensazione è quella di una talpa che scava il terreno: l’obiettivo non è arrivare fino al centro della Terra ma accontentarsi della superficie, sicura e al tempo stesso rischiosa. E la rete funziona più o meno allo stesso modo: gli utenti sono talpe scavatrici alla ricerca di un posto migliore, un posto che li faccia “essere sé stessi“.
Il concetto di “essere sé stessi” si sfalda con la nascita dei Social Network – inizialmente sconosciuti – oggi, sempre più in crescita. Nella rete tutto è confrome, a partire dall’identità. Il web 2.0, e quindi i social networks hanno offerto grandi possibilità, apparentemente positive ma col tempo sempre più svalutate e accusate di invadenza (ne è un buon esempio la Privacy di Facebook e di Instagram).
Ecco perché la freccia è in discesa e mai in salita. La spiegazione potremmo ricavarla dal pensiero dei filosofi esistenzialisti, come Schopenhauer, che meglio definiscono il problema. Per Schopenhauer «Il fenomeno materiale è (..) solo parvenza, illusione, sogno: tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente.»1 lo “schermo” di computer e cellulari.
I social network nella vita dell’uomo producono effetti sia positivi che negativi, e io ne ho tracciato 7 che ora spiego attraverso il pensiero esistenzialista:
L’emozione e quindi il senso di “meraviglia” per tutto ciò che è nuovo e bello, perché «la volontà vuole tutto sempre e di nuovo, la volontà spiega tutto. Una volontà che cessasse di volere non sarebbe più tale»2, la stessa volontà che ci ha consegnato nelle mani il “libero arbitrio”, la libertà di scegliere, o meglio la convinzione che esiste una libertà che ci rende liberi che al contrario ci intrappola insieme alla volontà per cui «Noi ci illudiamo continuamente che l’oggetto voluto possa porre fine alla nostra volontà. Invece, l’oggetto voluto assume, appena conseguito, un’altra forma e sotto di essa si ripresenta. Esso è il vero demonio che sempre sotto nuove forme ci stuzzica»nelle parole del filosofo. Iscriversi sui social network, in un mondo che ci bombarda di pubblicità in questo senso, quasi imponendoci di esserci, ci emoziona. Emoziona l’idea di incontrare altra gente emozionata come noi della novità.
La confusione delle moltitudine di opzioni e quindi di scelte da compiere, di profili da visitare, di amici da aggiungere, di messaggi da scrivere, di foto da caricare. L’insieme di queste opzioni manda in confusione non solo le nostre scelte, in risposta dell’imbarazzo della scelta ma anche la nostra identità che tende sempre più a massificarsi.
La condivisione innazitutto delle nostre emozioni, dei nostri desideri, delle nostre passioni, di noi stessi insomma; e poi degli altri che iniziano a prendere parte della nostra vita digitale, fanno parte della nostra cerchia di amicizie e quindi delle nostre scelte.
Il confronto con gli altri che lentamente conduce a un’esternalizzazione che inconsapevolmente trascende dalla nostra volontà (del pensiero di Schoupenhauer). Non rispondiamo alle nostre volontà. Siamo coinvolti dalla società del dolore e dell’euforia da sentirci noi stessi schiavi delle emozioni. Trasportiamo la nostra sensibilità in quella realtà mediale in cui sposiamo situazioni e cause con la convizione di starlo facendo anche nella vita reale, poiché è lì che spendiamo le nostre energie migliori, è sui social network che concentriamo la nostra vita sociale: amicizie, parole, hobbye che la realtà quotidiana non ci permette di esprimere appieno. La liberazione del desiderio di Schopenhauer: difficilmente tutti i desideri si realizzano, e ciò causa un’ulteriore sofferenza. Tuttavia, anche se il desiderio viene soddisfatto – in un modo o nell’altro – esso è di natura negativa. Questo pensiero rimanda all’abitudine.
L‘abitudine che per Schopenhauer è noia «la più orrenda e più angosciosa di tutte le sofferenze» si realizza anche quando l’uomo non vive nel desiderio ma nella miseria poiché «col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova». I social network che intendono migrare la vita reale all’interno di una pagian web rendono la realtà un luogo rivelato, senza misteri. Senza misteri, svaniscono i valori, le credenze, la religione, le verità. Ciò rende l’uomo – per usare il termine più appropriato – malizioso della propria vita e di quella altrui; l’assenza di mistero circonda l’uomo di nemici, tristezza, vuoto e desideri ancora più grandi, difficili da raggiungere.
L’indifferenza, o meglio l’illusione, come ben ricorda Schopenhauer, congenita il volere. Sui social network fermenta un senso di illusione che l’uomo stesso inserisce in ogni dibattito, dentro ogni tema, poiché non è la realtà a illuderlo ma l’impossiblità di raggiungimento dei propri desideri che pone su un piano sempre più alto e globale. Le emozioni si amplificano fino a spegnersi. La verità sembra a portata di mano, all’interno della realtà mediatica, e questa “realtà costruita” conduce a dolori passati e ansie future, secondo il concetto “pessimistico” di Schopenhauer.
Ora, non vuol dire che stiamo attraversando un periodo pessimistico e negativo, ma che forse un distacco dai fenomeni mediatici è necessario per comprendere bene sé stessi e ciò che veramente ci circonda.
Alcune note
1Il velo di Maya, Pensiero di Schopenhauer [Wikipedia]
2A. Schopenhauer, Op.cit.,pag.242