A chi si deve il rispetto? Al personaggio della storia, o al lettore? In eguale misura? O più a uno che all’altro?
È una questione che non avevo mai affrontato in maniera diretta, ma solo di passaggio, sfiorandola appena. Si tratta a prima vista di una questione di lana caprina, e di certo chi legge queste parole starà pensando che al sottoscritto manca qualche rotella.
“Scrivi la maledetta storia senza tante elucubrazioni!”, starà pensando.
Eppure sono quasi convinto che sia necessario stabilire una sorta di gerarchia.
Sul Web spesso si legge che il lettore ha sempre ragione, e che i contenuti devono essere tagliati su misura dei suoi gusti, e via discorrendo. La realtà è più complessa perché dipende da quello che si affronta: tecnologia? Finanza? Politica? Eccetera eccetera.
La risposta diplomatica alla domanda di questo post è quella che più o meno recita: a entrambi. Può andare bene, peccato che non mi soddisfi granché.
In fondo chi scrive fa una scelta di campo; pure chi legge, ma su questo l’autore non ha grande potere.
Chi scribacchia sa che può avere tutto il talento del mondo, e non essere sufficiente. Per questo il suo rispetto per il lettore si ferma a offrirgli una storia efficace e di valore. E non è una faccenda da poco in realtà: basta dare un’occhiata a quello che viene pubblicato in giro per rendersene conto.
Il rispetto per il personaggio significa un mucchio di cose. Anche se brutto sporco e cattivo, costui non potrà mai essere il parafulmine di frustrazioni o rabbia. È e resta un personaggio con uno spessore e una dignità. È una faccenda complicata da spiegare e anche da capire. Basta gettare un’occhiata a certe storie presenti sul Web, alle anteprime pubblicate per invogliare il lettore a acquistare per rendersi conto che alcuni autori non hanno neppure iniziato a capire.
Immagino che nessuno offenderebbe i suoi parenti. I personaggi di una storia, lunga o corta che sia, sono quello: parenti. Magari ci si può vergognare, ma allora non se ne parla. Oppure lo si fa, ma con cautela.
Il lettore sarebbe più felice se noi calcassimo la mano; adora questo genere di cose, vero?
Purtroppo sì.
Ma quando si sceglie di scrivere in un certo modo, il lettore seppure importante, deve lasciare il posto al personaggio. Si danneggia l’opera? Non credo. Al contrario, si rende l’opera più adulta, capace di vivere anche dopo, attraverso gli anni.
Si tratta come si vede, di un modo di pensare singolare perché ovunque si vada, si respira la frenesia non solo di pubblicare, ma di vendere e di vedere riconosciuto il proprio valore. Tutte cose legittime, peccato che di rado funzioni così. Una storia può avere vita difficile nonostante le sue qualità, e il Web non aiuta perché non è “puro spirito”. Ma è fatto di persone che scelgono, e lo fanno male, nella maggior parte dei casi.
Molti autori del passato, dati per finiti o addirittura morti, hanno continuato a scrivere. Se avessero rispettato i lettori a rigor di logica avrebbero dovuto smettere di scrivere. Ma avevano stipulato un patto con i personaggi, e dovevano rispettarlo. E hanno continuato a scrivere a dispetto di tutto e tutti. Sono morti. La loro opera è stata riscoperta e rivalutata; ma a volte no.
Non erano caparbi. Avevano talento.