Il piano infinito

Da Gabrita

"Non faceva freddo, il giorno era stato lungo, e anche se adesso era buio la luce non era scomparsa, sembrava come avvolta dalla notte. Pensai questo. Nella vita di una persona ci sono sempre state delle notti chiare, ma arriva il giorno in cui uno le nota per la prima volta."Peter non è un bambino come gli altri, lui è diverso, speciale, come si dice... fuori dal comune.Ecco, Peter è un bambino fuori dal comune. Un bambino fuori da tutto, a dire la verità, anche dalla società in cui vive. Ed è per questo che a lui e altri bambini come lui viene riservato un trattamento particolare, un "piano di recupero", messo in atto da una scuola sperimentale di Copenaghen: una sorta di programma di reinserimento, per ragazzi che una vita difficile o un trauma infantile ha reso poco adatti a relazioni affettive stabili e a una corretta percezione della realtà. Quella scuola diventa per loro un trampolino, una possibilità -l'unica, a volte- di costruirsi un futuro dignitoso."Non esistono persone senza paura, solo attimi senza paura."A spiegarlo, molti anni dopo, a sua figlia, è lo stesso protagonista, in un racconto lucido e duro, ma a tratti struggente e dolcissimo, in cui la voglia di lasciarsi alle spalle il dolore vissuto e al tempo stesso la volontà di esorcizzarlo parlandone, fanno da sfondo alle storie di ragazzi come lui, lasciati soli davanti alla violenza degli adulti, che spesso viene con sadismo applicata come una variante della legge della sezione aurea, per cui non tutte le mancanze vengono punite, ma solo poco più della metà. Peter ha quasi 14 anni, quando entra in quella scuola e capisce da subito che la cosa determinante nella punizione non è la violenza in sé, ma l'umiliazione, ciò che accade intorno, subito prima e subito dopo. Sin dai primi mesi di permanenza lì, si rende conto che esiste un preciso piano di selezione -di ispirazione darwiniana- cui segretamente la scuola tende e cerca di carpirne i segreti ed i trucchi, aiutato in questo dalla sua amica Katarina, orfana di entrambi i genitori e da August, un bambino autistico che pare abbia ucciso i suoi per sottrarsi ai continui abusi. I tre ragazzi sono abbandonati da tutti e cercano di sopravvivere in un luogo dove su tutto sembra dominare la competitività, stringendo fra di loro un legame a doppio nodo, forte più del dolore e della solitudine, perché fatto di silenzio e comprensione, di empatia fortissima e di piena accettazione dell'altro:"Sedevamo lì, e io sapevo che questo si prova quando si è completamente accettati. Si siede accanto a un'altra persona e si viene capiti, tutto viene capito, e niente viene giudicato. E si diventa indispensabili."La teoria di Darwin viene applicata dal sistema scolastico come metodologia educativa, una specie di selezione in cui la la violenza nei confronti dei ragazzi è necessaria per la loro crescita, per abituarli a vivere nella società che è a sua volta violenta, perché bisogna essere puntuali e non c'è tempo per le incertezze.Ma i ragazzi come Peter non reggono tutta questa pressione, perché non si può sopravvivere, in un mondo che ti vuole perfetto, puntuale sempre e in perenne equilibrio sulle aspettative degli altri...non si può, da soli. Anzi, forse una strada c'è, un unico ponte che ci può aiutare a non farci perdere, che può farci attraversare il buio pesante della notte. E quel ponte è l'amore."Quando lo si incontra, non si precipita più. Da quel momento non si smette di desiderare la luce e la superficie."Senza l'amore siamo solo numeri, matematica e fisica applicata, teorie informi che ci globalizzano, sminuiscono l'identità e sfumano i nostri contorni, fino a renderci privi di corpo.
"I quasi adatti" è un romanzo difficile, a tratti ostico, ma che io ho amato molto.Perché in fondo è la storia di tutti noi "disadattati", poco inclini a farci coinvolgere nei ritmi del mondo, a pensarla come tutti, a sentirci felici perché uguali agli altri. Siamo tanti e ci riconosciamo subito, dietro ai sorrisi sinceri, alle parole non di circostanza, agli sguardi veri e alle parole sentite.Ed è a tutti voi, quasi adatti, che dedico questo libro, come primo e ultimo pensiero di quest'anno che -dicono- sta per finire... Io non credo che ci sia un ultimo dell'anno, credo fortemente che ci sia un tempo che ci è dato da vivere, come una matassa ingarbugliata, che si dipana via via e si scioglie -ogni tanto- man mano che passano i giorni.
"«Il tempo non è una legge della natura» disse. «È un piano. Quando uno lo guarda con attenzione o comincia a toccarlo, allora inizia a dissolversi.»" Si dissolve...come un semifreddo, che è la mia ultima ricetta per questo 2013.
Buon piano infinito a voi!
  SEMIFREDDO AL TORRONE Ingredienti 200 gr  di panna fresca
(io panna di soia dolce da montare, questa qui) 2 uova intere2 tuorli140 gr di latte50 gr di liquore all'arancia120 gr di zucchero vanigliato
20 gr di miele100 gr di torrone alle nocciole
100 gr di cioccolato fondentePreparazione
In una casseruola rompete le uova intere, i tuorli e lo zucchero e mescolate il tutto senza montare;aggiungete il latte e il liquore e mescolate bene. Ponete la casseruola su un leggero bagnomaria e cuocete la crema inglese per circa 10 minuti, senza che l’acqua del bagnomaria raggiunga un'ebollizione troppo forte (se avete un termometro da cucina, la crema deve sfiorare gli 80°). Quando la crema vela il cucchiaio (cioè si addensa leggermente, senza inspessirsi troppo), spegnete e fate raffreddare (per velocizzare, potete mettere la ciotola in un'altra con dell'acqua fredda e ghiaccio).Quando la crema sarà fredda, montate la panna, aggiungete il torrone sbriciolato e incorporate il tutto alla crema, mescolando delicatamente per non smontare la panna.Versate il semifreddo nello stampo prescelto (meglio quelli in silicone) e ponete in freezer per almeno 4 ore.
Decorate con cioccolato fuso e altro torrone sbriciolato.


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