Il 98% dei giovani che compiono studi superiori di musica entrano nei nostri conservatori con altissime aspettative, e dopo aver portato a termine i loro studi trascorrono decenni e decenni di una vita penosissima facendosi chiamare professori di musica, questo scrive Thomas Bernhard[i]. Questa esistenza mi è stata risparmiata, pensò il poeta, ma mi è stata risparmiata anche un’altra esistenza, quella che porta i nostri noti e celebri poeti da una grande città all’altra, e poi da una stazione balneare all’altra, e infine da un paese di provincia all’altro, a patto che abbiano delle scuole medie, anche inferiori, non appena arrivano in qualche paesino, vedono una locandina, un piccolo manifesto, attaccato al palo di un lampione, come fanno per il Circo Orfei o Bellucci, in piena campagna, dove c’è il lampione per quelli che non hanno mai pagato l’addizionale locale e per quelli che ancora continuano a pagarla sotto l’acronimo della tassa che include la spazzatura e un lampione non l’hanno mai visto fosse pure a 100 metri da dove sono tenuti in segregazione, un manifestino su cui è scritto il nome di un nostro vecchio compagno di scuola, il più coglione e il meno intelligente e anche quello che l’italiano ha sempre pensato che fosse quel commesso viaggiatore arrivato, a suo dire, da Milano in quei favolosi anni Settanta, e sto coglione, foss’anche nella scuola elementare del paese, perché non ci sono più cantine , e nemmeno il casino dove venivano le puttane da Taranto adesso però c’è la scuola del fare, legge tutte le sue ultime duecentocinquanta poesie, un atto che, per poter mangiare dopo una pizza fatta da pizzaioli improvvisati con una birra scaduta l’anno scorso, mi fa venire il voltastomaco solo a pensarci.Un simile indegno destino a me è stato risparmiato, non perché avrei voluto suonare il piano, ma semplicemente perché i pianisti almeno non pretendendo di farsi chiamare poeti e di andare paese per paese a rompere l’incanto della mappa cognitiva e dell’identità di percezione dei fanciulli, che vorrebbero farsi in santa pace le loro benedette quotidiane battaglie dei Gesuiti, senza che venga un coglione ad assordargli la libido con queste menate che fanno rivoltare nella tomba Petrarca, Leopardi, Ludovico Ariosto e persino Giuseppe Giusti, Gioacchino Belli e Duonnu Pantu.Nessuno oggi sa che il poeta un tempo ha suonato la batteria, questo posso proprio dirlo, anche senza averne mai avuta una, né che sia stato, per poterlo fare, a scuola, e che, in effetti, è stato uno dei migliori suonatori di batteria senza batteria, un giovane che, quando guardava suonare la batteria Ringo Starr, pensava: “ E’ dunque questo il modo di suonare la batteria, che cosa ha di sofferto e dov’è la depressione esistenziale?”Il mondo è pieno di imbecilli musicali che finiti gli studi accademici hanno per così dire intrapreso l’attività concertistica[ii], come quell’amica del poeta che suonava il violoncello e poi ha fatto venire voglia a Roy Stuart di immortalarla in una sequenza di immagini[iii] in cui lei suona lo strumento che tiene tra le gambe aperte. Io suonavo la batteria molto meglio di quasi tutti gli altri che andavano a scuola e il fatto di non averlo mai potuto fare per davvero, intendo con lo strumento vero e proprio, questo mi ha permesso di fare il poeta, perché suonare davanti a un pubblico è una cosa tremenda, suonare il violoncello come quella mia amica – questo ha riferito una volta lei stessa – davanti a un pubblico è una cosa tremenda, per non parlare di come sia penoso e tremendo vedere cantare, davanti a un pubblico, una figa sofferta e capace di far rilassare il nostro oggetto “a” non appena lei prende l’asta del microfono in mano e se lo porta alla bocca: Ma – è questo che pensa il poeta – il fatto di non aver suonato la batteria davanti a un pubblico, che, poi, sarebbe stato quello di un paesino, o di un ristorante, di una masseria, per gli invitati al matrimonio o alla cresima di turno, se non, per denaro, suonare addirittura a un battesimo; insomma, il fatto che questi lo fanno, intendo, questo pensava il poeta, i cantanti famosi e i musicisti dei loro complessi e, poi, gli altri, quelli che fanno concerti, chi col violino, chi col pianoforte, chi, come la mia amica, col violoncello tra le gambe, non si vergognano, e nemmeno si vergognano quei poeti che vanno in giro per questo paese così afflitto e depredato da immondi e perversi espropriatori della cosa pubblica e della vita dei cittadini, i poeti e questi infami amministratori che, in vita loro, l’unico verso che hanno mai inteso è quello dei porci, e, insomma, è formidabile, allora, che non mi sono messo a suonare la batteria per un pubblico ed è ancora più formidabile che, così non facendo questo, abbia potuto fare il poeta e i poeti che vanno in giro a declamare i loro versi mi fanno venire i brividi, perché è quanto di più atroce si possa immaginare, suonare la batteria in piazza davanti a un pubblico di bottegai e ladri pubblici e privati e leggere versi per gente che non ha mai letto nemmeno “Tiramolla” e quando vede una penna ha una crisi asmatica che, è per questo fatto, che nel mondo si pensi che la gente , anche in situazioni di completa depenalizzazione della libido, continui ad avere orgasmi.
[i] Cfr. Thomas Bernhard, Il soccombente, © 1983 , trad. it. Gli Adelphi, sesta edizione: pag.122.[ii]Ibidem: pag.124.
Roy Stuart © The Cellist
[iii]Guardale in: Roy Stuart, Volume II, Taschen:→ The Cellist.