Il premier Nicolas Sarkozy: «la Francia debitrice del cristianesimo»

Creato il 08 marzo 2011 da Uccronline

Il presidente francese Nicolas Sarkozy, leader della nazione che più si oppose al riferimento alle radici cristiane nel preambolo della Carta Ue, ha tenuto giovedì 3 marzo 2011 un discorso molto atteso sul patrimonio e l’eredità culturale della Francia al Puy en Velaj, capoluogo dell’Alvernia. Ha dichiarato: «Costruire l’Europa di domani significa continuare a seguire il cammino tracciato più di mille anni fa dai primi pellegrini di Santiago di Compostela». E’ ritornato quel concetto di «laicità d’apertura» che ha caratterizzato la sua campagna elettorale del 2006-2007 come asse portante della sua dottrina politica. «La cristianità -ha continuato- ha lasciato una magnifica eredità di civiltà e di cultura», non c’è quindi «nessuna ragione di essere i soli al mondo a non accettare questa eredità». Il capo dell’Eliseo ha suggerito che «la Francia non deve dimenticare ciò che è stata e ciò che è per il solo fatto che il mondo cambia». Anzi, «il primo dovere è di conservare e restaurare l’eredità per proteggere la storia della Francia. Di fatto, nessuna delle nostre città sarebbe ciò che è senza queste cattedrali». La notizia è ripresa da Avvenire e da L’Osservatore Romano.

Nel 2007, in occasione della sua prima visita ufficiale a Benedetto XVI, dichiarò con particolare vigore: «La Repubblica laica ha sottostimato l’importanza dell’aspirazione spirituale. Io e il Papa abbiamo la stessa vocazione. La Chiesa è necessaria al nostro futuro». Anche in quella occasione rievocò «le radici della Francia essenzialmente cristiane» e il «legame indefettibile che dai tempi di Carlo Magno unisce la Francia alla Città Eterna». E poiché «non basta rendere omaggio al passato, per quanto prestigioso esso sia», la sua «missione» a Roma è un «passo che testimonia la fedeltà della Francia alla sua storia e a una delle fonti maggiori della sua civilizzazione». Il presidente francese esaltò infine i sacerdoti d’Oltralpe che hanno «disarmato l’anticlericalismo» e face «mea culpa» per le «sofferenze» vissute dai cattolici in Francia «prima e dopo la legge del 1905» sulla separazione della Chiesa dallo Stato.


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