Presepe costruito da Tullio Battaglia, Ettore Ponzi e altri militari italiani internati nel lager di Wietzendorf con materiali poveri (Milano, Chiesa di Sant’Ambrogio)
Il Presepe per non dimenticare! di Andrea Campolongo
"Malattie, mucchi di stracci umidi e freddi, fango dappertutto dentro e fuori le baracche, fame, inedia. Ma un presepe, nel 1944, illuminò la notte di Natale di un campo di concentramento dove, in quelle ore più che mai, il respiro aveva il sapore della tristezza e della nostalgia. …l’ordine del colonnello Pietro Testa: «Un presepe in ogni stube».
Gli altri sfruttano la creta, il sottotenente Tullio Battaglia, per la sua grande baracca, pensa a qualcosa di originale, che coinvolga tutti con un piccolo dono. Ogni ufficiale aveva, nella sua cassetta di ordinanza, qualche ricordo della famiglia, dell’amata, della sua vita prima di Wietzendorf. Gesù è vestito con un fazzoletto di seta del tenente Bianchi, i pantaloni di un magio sono la calza della Befana che i figli avevano inviato al capitano Gamberini, il pizzo del manto della Madonna era del fazzoletto del tenente Zimaglia, il manto rosso di un magio è il pezzo di una bandiera italiana, tagliata dai prigionieri per sottrarla alle perquisizioni dei nazisti. Tutto viene offerto per rendere preziosa un’opera realizzata con un coltellino scout, un paio di forbici, alcuni aghi, il cardine di una porta trasformato in martello. Le assicelle dei letti a castello diventano le “anime” dei personaggi. Ci si può lavorare solo di sera, ma alle 15.30 è già buio e allora ecco il miracolo. Ciascuno rinuncia a un po’ della minuscola razione quotidiana di 15 grammi di margarina per realizzare candele che illumineranno il lavoro. «Per ore e ore, chiusi nel buio, la baracca è stata raccolta in contemplazione della nascita del presepio: assorte figure scarne, pallide, raggomitolate, silenziose. Alla Vigilia di Natale il presepe è finito, vivo, “splendente” nel nerume tutto intorno; nere le baracche, neri gli animi senza sole… Simbolo potente di fede indistruttibile, di speranza, ha portato in mezzo ai nostri cari un’ondata vivificatrice di gioia. Nessuno dimenticherà la messa della notte di Natale del 1944, celebrata ai piedi del presepe. Una grande bandiera tricolore, gelosamente custodita da un eroico cappellano, don Costa, faceva da tovaglia all’altare». Oggi quel presepe è custodito nel tesoro della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, forse il bene più prezioso, plasmato non con l’oro ma con la vita e la speranza. Così il presepio di Wietzendorf continua a raccontare la storia di umili e fieri soldati d’Italia che non accettarono compromessi. Manca il bue nel presepio, perché è rimasto nel lager come segno povero, ma prezioso, a tenere compagnia a quelli che lo hanno visto nascere e non sono più tornati.”
L’ordine del colonnello Pietro Testa: "Un presepe in ogni stube"
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