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Era il prezzo da pagare per l’industrializzazione.
Al massimo si alzò qualche barriera ecologica, qualche albero ai confini della fabbrica , che in pochi anni divennero striminziti, ingialliti.... morivano dopo pochi anni. Tutto intorno il silenzio e il fumo.
Ma era il prezzo che si doveva pagare per il progresso.
Le urla, le grida divennero più alte, Le invocazioni di aiuto, le proteste per quella fabbrica che oltre a produrre ricchezza produceva morte erano inascoltate con una alzata di spalle.
Era il prezzo da pagare per lo sviluppo.
Poi arrivò il privato. Il padron Riva che oltre all’inquinamento produsse anche l’alterigia del padrone privato. Fuori anche quell’embrione di sindacato, quella simulazione di organizzazione dei lavoratori. La dignità e l’umanità dovevano varcare il cancello della fabbrica. Oltre all’acciaio si produceva la Palazzina Laf e l’inquinamento. Diossina e PCB. Gamlen e fanghi da scaricare in mare. Diossina e fumi di polvere di carbone da scaricare in aria.
Era il prezzo per il nuovo modello di sviluppo.
La politica, sopratutto quella locale, dietro quelle migliaia di morti, dietro quelle centinaia di casi di tumore che non potevano più essere causate solo dal fumo delle sigarette o dall’ereditarietà, come ci avevano detto per tanti anni. Ed allora ha tentato di emettere qualche vagito, qualche flebile lamento subito però silenziato dall’interesse della produzione, del profitto. I controlli ambientali si, ma precedute da avvisi del prossimo controllo!
Era il prezzo da pagare per uscire dalla crisi.
Ora è intervenuta la magistratura. Ha fatto diventare l’ILVA un caso nazionale, ma lo si affronta ancora come una guerra fra poveri. La Salute contro il lavoro. O si muore per i tumori o si muore per fame. O si muore subito o lentamente per inedia.Si è lasciato che il problema si ingigantisca, che vengano eliminate tutti le soluzioni. Di fronte all’emergenza ci si trova davanti ad un bivio.
La guerra è guerra fra poveri.
Fonte
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