di Adelio Valsecchi
L’11 Agosto 2010 ricorre il centenario della nascita del filosofo cattolico Augusto Del Noce, docente per lunghi anni all’Università Cattolica di Milano. Pensatore sensibile e di grandi orizzonti si è misurato con i cambiamenti culturali della società e, in ogni suo approccio concettuale alla verità, ha sempre difeso la dignità dell’uomo. Nelle sue opere ci insegna che non c’è vera libertà se l’agire dell’uomo nel mondo non evoca il Trascendente.
Claudio Vasale e Giovanni Dessì in un saggio del 1996 sottolineano questa sua peculiarità : per Del Noce Dio, Verità, Giustizia e Libertà sono i parametri che costantemente insistono nella sua elaborazione filosofica. E la libertà « si presta bene per cogliere la genesi del filosofare delnociano, che è doppiamente un filosofare attraverso la storia, nel senso cioè, di un misurarsi vigile e infaticabile con gli eventi», (1) e con gli interlocutori più attenti del suo tempo: Mazzantini, Martinetti, Maritain, Balbo,Lequier,Ugo Spirito e Bobbio.
Il suo pensiero attraversa la storia dell’uomo e la interpella per far emergere un quesito cruciale : come la nostra libertà ci lega a Dio?
Nel periodo che intercorre fra gli anni trenta e la fine dei quaranta, Del Noce sviluppa la sua speculazione sui significati e il ruolo della libertà. umana. Da una parte la libertà è vista come sintesi di libero arbitrio e “Grazia” divina. Libero arbitrio inteso come problematico rapporto fra l’uomo nell’esercizio della sua volontà cosciente e il male interpretato come finitudine.
Dall’altra parte la libertà è intesa nella sua specifica dimensione etico politica che porterà la ricerca delnociana a privilegiare una “democrazia personalistica” fondata sui valori universali dell’uomo. L’uomo diviene centro di ogni soluzione.
La composita analisi del suo pensiero lo porta ad avviare un dibattito aperto fra individualità e totalità, fra libertà e necessità senza tralasciare la dimensione metafisica dell’uomo.
In ultima istanza nel concetto di libertà Del Noce farà sempre prevalere il primato etico ed ontologico nei confronti di un’accezione storicizzata della libertà.
Il pensiero di J. Maritain e in modo particolare la sua interpretazione del Tomismo, è stato
un proficuo e indispensabile strumento di confronto e di indagine speculativa per A.Del Noce.
Per quanto inerisce l’individuo e la libertà egli recupera e fa proprie alcune elaborazioni significative e caratterizzanti del filosofo francese : la filosofia di Tommaso d’Aquino non è soltanto una filosofia dell’essere, ma anche una filosofia della libertà quando il riferimento è la vita morale, di relazione. Sulla scia di J Maritain afferma come la nostra libera volontà è naturalmente tendente al bene e ciò che non è bene non può determinarla. Essa ha per sua natura una capacità infinita e protende necessariamente a un Infinito. L’uomo d’altro canto, può esercitare la libertà in relazione ad un bene particolare, storico, intrinseco alla sua quotidianità. Nel pensiero di Tommaso d’Aquino « la libertà non si capisce se non in relazione a Dio».(2)
Particolare importanza riveste per A.Del Noce la convergenza che emerge nel pensiero di Cartesio e Malebranche sulla teoria della libertà. L’uomo ha la capacità di autodeterminarsi in quanto la “volontà come libertà” risiede nella tendenza naturale e invincibile al Bene. La libertà è coniugata e correlata alla coscienza come consapevolezza di sé e come fondamento dell’agire umano. Di fronte ad un’opzione dubbia, la libertà può scegliere o astenersi. In questa circostanza è determinata dal dubbio che consapevolmente si accetta. La piena libertà si esplicita invece quando ci si trova di fronte a scelte “evidenti e necessarie” perchè inerenti alla natura umana. Scelte necessarie che non dipendono da una costrizione esterna, ma da una manifestazione interna della verità, della natura delle cose. Ma il filosofo va anche oltre questa esegesi e concepisce la libertà come “Metodo” capace di affrontare, scoprendone i significati più nascosti, tutto ciò che è esterno e interno alla persona, misura e centro del sapere e dell’agire individuale e sociale.
La libertà come metodo si radica nel tessuto sociale e ha in esso la sua massima espressione se si commisura sempre con i diritti e i doveri dei soggetti. La libertà in questo contesto è prioritaria rispetto a tutte le istanze sociali e i valori comuni. Infatti il concetto di democrazia nell’analisi delnociana non ricopre un valore assoluto, perchè la sua ragion d’essere risiede nella libertà la quale è preminente sulla democrazia.
La democrazia così intesa costituisce anch’essa un metodo il cui contenuto è la centralità dell’individuo e la sua trascendenza rispetto alla società.
Fra democrazia e libertà vi è una confluenza etica che finalizza, arricchisce di costrutti i loro fondamenti e la loro necessaria esplicitazione
Conseguentemente democrazia e libertà come “Metodo” si identificano e il loro contenuto assume un ruolo di valore primario e assoluto da difendere.
Nel 1946 sul giornale “Il popolo nuovo” di Torino, Del Noce scrive : «Il tema fondamentale della problematica filosofica di oggi è quello della libertà dell’uomo».Tale urgente necessità lo ha accompagnato sempre nel suo itinerario filosofico e nelle sue posizioni politico sociali.
La sua cultura e fede cattolica, il fermento delle sue aspirazioni lo portano a coniugare libertà e verità. Fede nella verità e fede nella libertà sono in correlazione. «La verità vi renderà liberi» è il motto evangelico che lo guida nella ricerca dei valori etici della libertà. Tanto che la libertà da lui enfatizzata è aperta coerentemente alla prassi e investe la dignità dell’uomo in senso pieno perché, nell’impegno del suo operare, per essere coerente non deve discostarsi dalla responsabilità delle sue scelte.
Questa linea interpretativa induce il filosofo a riconoscere le antinomie dell’identità umana, sia sul piano teorico che pratico. L’uomo che per sua natura è proiettato verso il bene, soffre di una contrapposizione : il desiderio di salvezza e l’impossibilità di perseguirla con i propri mezzi, riconoscendo la finitezza dell’essere e dell’esistere umano.
Forse la fede quando è vincolata fuori misura al dato storico, non è in grado di aprirsi al Trascendente in modo appropriato e l’uomo persisterà a domandarsi come e perchè “siamo”, senza avere risposte. Eppure Del Noce, illuminato dalla fede che per lui è esperienza interiore, fatica docile alla verità, tenta di districarsi dalle antilogie che cultura e natura umana portano con sè. Per dare un significato genuino al senso della vita e superare l’evidenza della contraddizione umana, associa a questa un altro genere di evidenza : la “Grazia” che si manifesta nel luogo di intersezione fra fede e ragione,dove le ragioni di Dio e le ragioni dell’uomo convivono senza contraddizioni. Essa non ha il significato pagano di predestinazione, ma è Provvidenza di Dio, che solo l’occhio della fede comprende. Il grande Shakespeare non è riuscito a valicare l’ostacolo delle contraddizioni umane con l’evidenza della fede e nell’Amleto, definiva l’uomo “ quintessenza di polvere” dopo averne lodato le qualità come creatura di Dio.
Di fronte alla grandiosità delle creature, il drammaturgo vedeva solo contrapposta la caducità e brevità della vita, l’intreccio fra splendore e miseria dell’uomo,dimenticando la sua dimensione spirituale. L’uomo è”quintessenza di polvere”ma ospita un seme di eternità. E’ carnalità pesante, ma anche spiritualità esaltante. Il poeta Eugenio Montale riconosceva di aver incontrato spesso il male di vivere, ma lasciava una via di fuga a questo sentimento angosciante, soffermandosi più sulla soglia della vita che sul confine del male.
Secondo Del Noce lo smarrimento dell’uomo si attenua se egli si predispone all’ascolto della Grazia. Più l’uomo trascende la sua naturale determinatezza, più comprende i disegni di Dio, più il Male, pur appartenendogli, non lo coinvolge totalmente ma diviene “res externa” al suo pensiero e al suo agire. La dialettica fra l’evidenza del Male e l’evidenza della Grazia, ricorda un po’ il rapporto fede-ragione in S.Agostino : come la fede da un lato precede,dall’altro segue la ragione,così la manifestazione della “Grazia” previene l’esperienza del peccato e riabilita l’uomo, dopo la colpa, con il perdono. Del Noce ribadisce ancora più palesemente la soluzione della conflittualità emergente nel passaggio che intercorre fra i principi del pensiero cristiano e la prassi quotidiana. Nella prospettiva della “Rivelazione cristiana” l’evidenza della Grazia da una parte supera e dall’altra stempera le debolezze e le contraddizioni umane. Come pensatore avvezzo al dialogo interculturale è conscio che la piena libertà, quella totale che investe l’essere e l’esistere dell’uomo, non è compresa da coloro i quali si dilaniano nella cultura del “pensiero debole”, promuovendo una civiltà recalcitrante a confrontarsi sulla dimensione spirituale dell’uomo e della vita. Essi vogliono la libertà dal trascendente e per quanto si arrabattino non sono in grado di dare un senso e un nesso logico alla realtà. Coltivano la sicumera che il mondo è libero da ogni genesi e da ogni significato. Scimmiottano la libertà della talpa che quanto più è sola e quanto più è al buio, tanto più se ne compiace. E così l’uomo si spegne, perde lucidità frastornato da arbitri ed aporie.
Nelle sue ultime opere (3) il filosofo riafferma l’urgenza per la cultura cattolica, di proporre anche sul piano storico-esistenziale, l’evidenza della “Grazia”(Provvidenza e Amore gratuito)e appianare là dove è possibile, il conflitto che sempre affiora fra la teoria e la prassi, fra il sentimento religioso e la vita di fede.
Nel 1945 sul “Popolo nuovo” di Torino, scriveva :«La libertà è inizialmente sentita come libertà da qualcosa, c’é una contraddizione tra le mie idee, le mie aspirazioni, tutto il mio essere e l’autorità da cui dipendo, e questa vuol forzarmi a contraddire nelle mie azioni il mio pensiero……non si può parlare di libertà a chi non abbia il senso della propria dignità.»(4)
Libertà e dignità si richiamano costantemente. E’ inderogabile trovare un senso alla nostra libertà come è opportuno rapportarsi al senso della libertà degli altri. Vi è uno scarto fra la mia libertà e quella degli altri; un salto che può diventare una barriera semplice a superarsi se fra la mia libertà e quella degli altri vi è un confronto continuo e costruttivo. Altrimenti il raccordo fra il soggetto e i suoi simili si spezza, provocando uno scollamento fra l’individuo, le sue libere aspirazioni e la dialettica del tessuto sociale.
Sul ruolo che il cristianesimo si è posto nei confronti della libertà personale, politica e sociale Augusto del Noce non ha dubbi e indica i due metodi più riconosciuti per liberare l’uomo e concedergli quello spazio di cui ha bisogno per esprimersi e per promuoversi: cambiare l’uomo e il mondo attraverso l’uomo oppure cambiare il mondo e di riflesso cambiare l’uomo. Il primo è frutto della genuina conversione indotta dal cristianesimo, l’altro è propugnato dall’ideale rivoluzionario il quale confonde libertà con liberazione con tutto ciò che ne consegue. Le discriminanti dei due metodi sono diverse e opposte. La prima è “l’uomo” che opera fra la sua libertà e quella degli altri in spirito di solidarietà; la seconda è il “mondo”che diventa strumento esterno all’uomo di pianificazione e progettazione della sua libertà. Se nella vita sociale, complessa e articolata come oggi, vi è un dialogo fra le due contrapposte modalità dell’essere liberi, per la cultura cristiana è prioritario l’uomo, promotore e fautore della sua libertà nel mondo.
Da queste considerazioni « risulta la ben concreta e pratica conseguenza che il metodo della libertà e il rispetto della persona, siano valori a cui non si debba mai venir meno per alcun motivo;siano pure i motivi alti e ideali di assicurare le condizioni per una più vera libertà”…… Quel che oggi più importa è creare un nuovo senso del prossimo che è continuità dello spirito cristiano. Ritrovare lo stile che abbiamo perduto di sentire gli altri».(5)
Il senso di umiltà, di chiarezza interiore che pervade il suo pensiero, rende il filosofo molto vicino al comune intendere e sentire la centralità dell’uomo. Se la libertà ha un senso, il suo fondamento risiede nell’uomo. Se la politica è strumento di grande dignità sociale, la sua ragion d’essere dimora nell’uomo, la cui identità si esplicita nel modulare le relazioni con gli altri. L’antropocentrismo delnociano è visto sempre in una prospettiva che naturalmente si realizza nella dimensione etica e storica, cioè in una quotidianità felice o sofferta.
Del Noce è sempre stato sedotto da quelle teorie sociali che venivano coinvolte dalla storia reale dell’uomo, ponendo sempre e con convinzione l’uomo al centro del pensare e dell’agire.
Nel suo pensiero emerge con evidenza la consapevolezza che il Cristianesimo è in grado di proporre alla società civile sia la libertà che l’ordine, sia la fede che la ragione, poiché esso finora ha risposto e sempre potrà ribattere alla sfida della cultura contemporanea, senza relegare l’uomo ad evento banale o casuale ma innalzandolo, sin dalla sua genesi, a simbolo di libertà.
Lo stesso peccato originale è un atto libero fatto dall’uomo purtroppo guidato da una ragione offuscata e non dalla fiducia nel suo Creatore, unico Dio che ha posto nella storia del tempo un Adamo libero di fare il male o di fare il bene. Del Noce riconosce la connessione tra libertà e male, riscoprendo così quell’ aspetto per cui la libertà è esperienza rivelatrice della miseria e della grandezza umana.
L’uomo è un coacervo di libertà e allo stesso tempo esigenza di soddisfazione totale, capacità di peccato e possibilità di realizzare in modo errato, la propria libertà.
E’ un po’ l’eterna rappresentazione della paradossalità dell’uomo che, schiacciato dalle sue contraddizioni, può superarle con l’evidenza della “Grazia” e con la gratuità della fede.
Ecco in fondo l’ultimo messaggio che Augusto del Noce ci lascia in eredità: riconciliare l’uomo con la società e i valori più alti della vita. Valori pienamente espressi nella libertà evangelica che vanificano ogni conflitto e tramutano l’angoscia della vita e della morte in gioia di salvezza.
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(1) Augusto Del Noce e la libertà,C.Vasale,G.Dessì, ed.SEI,Torino, pag. X 1996).
(2) idem pag. 90
- Il cattolico comunista, Milano, ed.Rusconi ’81. Secolarizzazione e crisi della modernità, Napoli, Esi 1989. Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Il Mulino, 1990.
(4) Augusto Del Noce e la libertà,C.Vasale,G.Dessì, ed.SEI,Torino, pag. 2501996).
(5) A.Del Noce, in “Il Popolo nuovo”,17-18 Maggio 1945).