il primo addio

Creato il 04 maggio 2011 da Silvie

Non avevo molta voglia di scriverlo ma questo è un periodo duro e difficile dei più difficili che si siano visti almeno per il piccolo Inuit. Se ne è andata la supertata, venerdì, dopo il mese di preavviso è svanita così com’era apparsa quasi due anni fa.

Il giorno prima che lei andasse via, io e il padre abbiamo spiegato al piccolo Inuit che sarebbe partita per un lungo viaggio, sarebbe andata a portare le sue cure ad altri bambini, ma che sarebbe certamente tornata a trovarci, certo non si sarebbe dimenticata di lui.

Lui non ha reagito, ho pensato che non capisse granchè. Stupida madre, stupida donna. Sono  arrivate le ultime sei, dell’ultimo giorno, del nostro tempo insieme. Una busta con un biglietto e il suo stipendio e la sua liquidazione. Poi lei ha detto grazie di tutto ha abbracciato l’Inuit e ha pensato che potesse andare via così. Ma lui non ha due anni e basta, lui ha due anni e una sensibilità profonda e non ha retto più al non dover soffrire. E’ scoppiato a piangere e si è aggrappato a lei come non aveva mai fatto, le tirava la giacca, si attaccava con le sue manine alla sua tata che l’ha portato dalla nascita a qui. E non è poco. Quando lei finalmente è riuscita a uscire a piangere eravamo in tre. Non credevo che potesse essere così doloroso.

Il lunedì mattina mentre lui faceva colazione, tra me e me pensavo che forse sarebbe potuta tornare, che ci avesse ripensato, che infilasse piano le chiavi nella toppa come faceva ogni mattina per non svegliarci. Lui più lucido, ha sentenziato, mamma oggi no Dada, oggi no Dada.

Certo è un caso che la sera stessa gli sia scoppiata una febbre altissima, che si svegli di notte e di giorno in preda a incubi terrorizzanti, che non faccia che piangere e stare attaccato a me, che non mangi quasi più nulla di quello che normalmente con lei mangiava. E’ un caso certamente. Sicuramente si sarà raffreddato andando in bici, l’alta temperatura lo sveglia mentre dorme e lo fa spaventare, non mangia per il mal di gola, e mi cerca perché non si sente bene. Certamente. Ma il tuo primo piccolo trauma, il tuo primo abbandono amore mio, non ho potuto risparmiartelo. Come non potrò fare per gli altri.

Avrei voluto, vorrei. Ma non ho potuto. Non potrò.


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