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Il primo Noh non si scorda mai

Creato il 02 luglio 2013 da Automaticjoy

Il primo Noh non si scorda mai

Lo shite di Kiyotsune

Lo scorso fine settimana il teatro Kongo ha ospitato il recital biennale dell'International Noh Institute, e ho finalmente avuto l'occasione di assistere a diverse rappresentazioni di Noh, forma di teatro tradizionale giapponese nato nel XIV secolo.
Non è stata una "prima volta" soltanto per me: sabato 29 giugno il dr. Diego Pellecchia è stato il primo italiano nella storia del Noh a interpretare lo shite (protagonista) in un Noh completo. Sono stata felice di avere avuto la possibilità di assistere a questa messa in scena di Kiyotsune, a suo modo un momento che entra a fare parte della storia delle relazioni tra i due paesi che per me sono "casa".
Pur parlando da profana, totalmente a digiuno di termini di paragone, l'interpretazione mi ha lasciato una profonda impressione. Forse la mia recente tendenza a empatizzare mi ha fatto immaginare come dovesse sentirsi l'attore, e di conseguenza mi sono emozionata più di quanto credessi.
Devo dire che non sapevo esattamente cosa aspettarmi, se l'esperienza mi sarebbe piaciuta, se mi sarei addormentata - come tanti giapponesi - dopo dieci minuti. La mia conoscenza del Noh si limita alla teoria, ai testi che ho letto mentre scrivevo la tesi sulla mia amata Rokujō, e sapevo per certo che non sarei stata nemmeno in grado di comprendere i dialoghi.

Il primo Noh non si scorda mai

Il dio Inari, nochi-shite di Kokaji


Il Noh è una forma d'arte che necessita di erudizione per essere compresa appieno, e io di certo non ho gli strumenti per farlo. Nonostante tutto l'ho apprezzato moltissimo, senza annoiarmi nemmeno per un minuto.

Il primo Noh non si scorda mai

Il maestro Udaka Michishige

La voce modulata degli attori, i passi leggeri sul palco di legno e poi i piedi battuti per ricavare un suono ritmato e cupo, le maschere che sembrano cambiare espressione quando chi le porta inclina il capo, i gesti misurati e codificati, i movimenti lenti e poi la danza - così diversa da quella che noi siamo abituati a chiamare danza - mi hanno affascinata e ho ancora le immagini negli occhi, i suoni nelle orecchie. La solennità del Noh credo colpisca a prescindere dalla preparazione di chi vi assiste.
Una cosa che ho notato, e spero di non dire castronerie ma è un'impressione troppo forte per togliermela dalla testa, è la differenza tra le performance dei maestri e quelle dei - pur bravi - allievi. Nel momento in cui è salito sul palco Udaka Michishige-sensei (fondatore dell'International Noh Institute) la distanza abissale tra lui e gli altri è stata palese. I suoi movimenti erano più definiti, il suono dei suoi piedi sul palco più preciso, ma soprattutto la qualità della sua voce, la potenza con cui arrivava agli spettatori, era unica. Vederlo sul palco è stato un privilegio che non dimenticherò facilmente.

Il primo Noh non si scorda mai

Lo shite di Shōjō


Ciliegina sulla torta della mia due giorni di Noh è stato assistere alla recita di Kurozuka, nella quale è utilizzata una maschera Hannya - la stessa che indossa Rokujō in Aoi no ue, ovvero la maschera della donna-demone. Chi mi conosce, o forse anche chi segue il blog da un po', sa che ho delle fissazioni, delle passioni a volte senza ragione, spesso legate al solo istinto, come quella per il Miroku Bosatsu. Ecco, quella per la maschera Hannya è un altro esempio. E anche se lo so, che alla fine gli esorcismi buddhisti sconfiggono sempre il demone, io non posso fare a meno di tifare per lui.

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Il nochi-shite di Kurozuka, con la maschera Hannya



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