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Il processo di unione

Creato il 17 marzo 2011 da Motherbrave
Questo è un post a tema, perché non posso eticamente sottrarmi ai festeggiamenti per l'unità d'Italia. Quindi parlerò di unione, e più in particolare, dell'unione tra Napoli e Catania. E anche tra lo stereotipo e l'idiozia. Sono legami importanti.
Questa storia va avanti già da parecchio tempo. I vigilantes della dignità della donna l'hanno già segnalata ampiamente, ne hanno parlato, inorriditi, molto approfonditamente. Ma Anna, lettrice di questo blog, mi ha fatto tornare alla memoria la querelle e credo sia il giorno ideale per rispolverarla.
Si tratta della campagna pubblicitaria di TTTLines. Ora, proviamo per un istante a diventare tutti pubblicitari e rispondiamo a questa domanda: quale metafora usiamo per dire che Napoli e Catania sono unite da un traghetto veloce? Risposta: facciamo vedere due tette dicendo che una è il Vesuvio, l'altra è l'Etna e scriviamo che i due vulcani non sono mai stati così vicini. E poi capisco mia madre che si vergogna a dire che lavoro faccio. Questo è il risultato:Il processo di unione
A parte che l'Etna non è esattamente a Catania. Comunque è impressionante il tentativo di difesa dell'agenzia che ha pensato (pensato?) questa geniale campagna. Leggo un'intervista alla art director che ci ha lavorato su (sì, è una donna), che invece di dire: "Non posso farci niente: si sa che le tette tirano e il nostro cliente è un porco che non capisce niente di comunicazione", ci racconta, nell'ordine che:- i seni EVOCANO i vulcani- i vulcani sono simbolo di vita e fertilità COME i seni- l'accostamento seno-vulcano è NATURALEVoglio dire, è noto che ci sono un sacco di uomini che si eccitano guardando il panorama di Napoli. E io che ho sempre pensato che l'accostamento immediato al vulcano fossero le idee. Ah...le idee...Poi leggo un'altra intervista, quella fatta alla modella della campagna, Giulia Mango, che dice: «La mia prima esperienza come modella risale ad una decina di anni fa. Venni scelta, anzi i miei piedi vennero scelti, da una azienda napoletana di calzature per il tempo libero. Dopo i piedi, le mani. Qualche anno fa ha posato — solo le dita — per una azienda orafa. Ma sono venuta fuori solo quando ho mostrato una terza ’’porzione’’ del mio corpo. Ho iniziato dalla parte sbagliata. Ma ora voglio recuperare e farmi conoscere: non più solo ’’a pezzi’’».E allora i pezzi li metto insieme io, nella giornata dell'unità d'Italia. Da un lato c'è una donna che fa la creativa pubblicitaria e ci dice che è naturale il parallelismo tra vulcano e seno, dall'altro c'è una modella che dice di aver iniziato la sua carriera dalla parte sbagliata (mani e piedi), e che finalmente è arrivata a quella giusta (il seno). Entrambe queste donne ne escono a pezzi. Di più la prima, perché cerca di difendere l'indifendibile, e crede veramente di potercela dare a bere. E mi domando adesso con quale parallelismo inconscio ci giustifica il sequel di quella campagna:Il processo di unioneIl babà e il cannolo, simboli di Napoli e di Catania, sono forse anch'essi portatori del concetto di VITA? Hanno forse un legame stretto con la FECONDAZIONE? Forse sì. Forse c'entra il processo di lievitazione. Chissà quante notti insonni avranno trascorso i creativi dell'agenzia per arrivare a cotale risultato.Comunque, qui è il corpo maschile ad essere sfruttato per vendere una cosa che con la nudità non ha niente a che vedere. Lode alla par condicio. Vi lascio con l'ultima chicca per completare degnamente questo trittico: "Abbiamo le poppe più famose d'Italia."Il processo di unione
In questo caso la par condicio manca ancora. Arriverà?

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