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Il pugno duro del Cile

Creato il 28 marzo 2014 da Allocco @allocco_info

Posted by: rossasangue in Ambiente, Ultimiarticoli 7 ore ago 0 34 Views

La Soprintendenza per i Beni Ambientali cilena ha iniziato ad inasprire i controlli sulle compagnie minerarie nazionali e internazionali a soli pochi mesi dal suo rinnovamento, e lo ha fatto sorprendendo il Paese con una sanzione da 16 miliardi di dollari nei confronti della canadese Barrick Gold Corporation, colpevole di inquinamento idrico e ambientale per la miniera a cielo aperto di Pascua Lama.

Per il momento, la compagnia ha sospeso i lavori alla miniera (costata 5 miliardi di dollari). Ana Lya Uriarte, già ministro dell’ambiente, ha dichiarato che di certo la Barrick Gold Corporation non si aspettava conseguenze così rigorose. Ora, un’altra forte condanna arriva dal Tribunale ambientale di Santiago, che era stato istituito proprio in difesa delle compagnie multate dalla Soprintendenza: il Tribunale ha, infatti, predisposto nuovi sopralluoghi alla miniera di Pascua Lama e stabilito una pena maggiore a quella precedentemente inflitta a causa degli ingenti danni provocati all’ambiente. Un passo importante per il Cile che, specialmente dai tempi della dittatura di Pinochet, ha sempre privilegiato la crescita economica e industriale a discapito dell’ambiente e della salute pubblica. Le miniere rappresentano una fetta importante dell’economia cilena e, fino alla nascita della Soprintendenza per i Beni Ambientali, non ci sono mai stati veri e propri controlli o condanne rilevanti a riguardo; così, dato che gli studi e le sanzioni di CONAMA – la Commissione Nazionale per l’Ambiente nata nel 1997 – non hanno raggiunto grandi risultati, la Soprintendenza ha fatto finalmente giustizia.

Secondo la Uriarte, le sanzioni non hanno un mero fine punitivo: esse si prefiggono innanzitutto l’obiettivo di scoraggiare le imprese a infrangere le leggi. Solo nel 2012 sono state condotte circa 8000 indagini e multate 70 società implicate nella deforestazione (come l’inglese Ango American) e nella violazione di siti archeologici (come la cilena Antofagasta Minerals); inoltre, alcune società che si occupano di estrazione di rame sono state intimate a chiudere i battenti per l’alto impatto ambientale causato, tra cui la statale Codelco, sebbene questa abbia accettato di pagare la sua sanzione e promesso di investire di più per la difesa dell’ambiente.

Ma per ottenere risultati positivi c’è bisogno di un più forte controllo sul territorio, oltre che di maggiori fondi. È quanto chiede la ONG Terram, specialmente dal momento che Michelle Bachelet, appena tornata al governo, ha sostenuto l’attività della Soprintendenza. Molti avvocati ambientalisti, tuttavia, si dicono preoccupati per il proprio Paese, affermando che sono troppi i problemi da risolvere e che non saranno di certo le sanzioni economiche a cambiare la situazione, dato che la maggior parte dei permessi finora accordati alle società minerarie non sarebbero mai dovuti essere rilasciati. È proprio a causa dell’aumentato traffico di mezzi pesanti, per esempio, che negli ultimi anni abbiamo assistito allo scioglimento di molti ghiacchiai, e questa è solo una delle irreparabili conseguenze. L’avvocato Fernando Dougnac accusa poi lo Stato cileno, che gestisce Codelco, di farsi co-responsabile dei crimini compiuti; a queste accuse risponde la Uriarte ricordando che, se così fosse, la Soprintendenza non avrebbe sanzionato la stessa società.

Un esempio, quello cileno, che anche altri Paesi latinoamericani dovrebbero seguire. Forse… .

fonte: http://www.earthisland.org

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