Il puzzle

Da Sharebook @sharebook1
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All’improvviso tutto fu chiaro.
Ciò che, ben lungi dall’essere un sospetto, non era stato nemmeno un pensiero coerentemente formulato, ma una semplice sensazione di fastidio, di qualcosa fuori posto, come un quadro leggermente inclinato che lascia intravedere il colore originario della parete, una sensazione alla quale Paola non aveva saputo dare forma, limitandosi a scacciarla per far tacere quel fastidioso sfarfallio alla bocca dello stomaco, all’improvviso, come per magia, diventò chiaro come il sole: tutto combaciò, tutto si incastrò perfettamente, tutto acquistò un senso, come se una magica folata di vento avesse raccattato, di qua e di là, mille pezzettini di un puzzle sparpagliato e li avesse ricomposti in un secondo.
Un solo maledetto secondo che lasciò a Paola tutto il tempo di intravedere, mentre il dolore prendeva forma nello stomaco e già cominciava ad offuscarle la vista, la sua vita passata, già sbiadita tra i ricordi, ed il futuro che l’attendeva.
Quella mattina Marco era partito per lavoro, come ultimamente succedeva sempre più spesso. Si era alzata di buonora per preparargli la valigia: pigiama, spazzolino da denti; se non ci avesse pensato, Marco se ne sarebbe dimenticato di sicuro.
Ultimamente però era diventato più attento: Paola lo aveva sorpreso ad abbinare il colore dei calzini con quello dei boxer.
Ecco, forse era stato proprio quello il momento in cui aveva provato “la sensazione” per la prima volta! Quel gesto l’aveva colpita: Marco non era mai stato attento a certi dettagli! L’ultima volta, invece, risaliva proprio a poche ore prima: nel salutarlo aveva sentito il profumo che proprio lei gli aveva consigliato.
Eppure, nell’avvicinarsi a lui per baciarlo, aveva avvertito quel fastidioso sfarfallio alla bocca dello stomaco che, per un attimo, l’aveva gelata e che, un secondo dopo, era già bell’e archiviato in quella discarica dell’anima dove andava a finire tutto ciò che la disturbava.
Cosa le aveva detto la sua amica Stefania proprio due giorni prima?
“Chi non tradisce non sospetta”.
Ecco che un altro pezzettino del puzzle trovava il suo accomodamento: quella frase, che non c’entrava particolarmente col contesto del discorso, l’aveva infastidita, anche perché accompagnata da uno sguardo di quelli che, senza un motivo apparente, ti si incollano nella mente e resistono come una macchia di grasso sul tessuto delicato.
Possibile che avessero capito tutti tranne lei?
Come ogni giorno, per ritornare a casa dal lavoro avrebbe dovuto prendere la funicolare che in cinque minuti esatti , da Chiaia, l’avrebbe riportata al Vomero; vi si stava dirigendo di buon passo, quando, fatalità, ecco sbucare dall’angolo di piazza Amedeo il C81.
Senza sapere nemmeno perché tornò indietro di pochi passi e salì su quell’autobus, inconsapevole che, quell’autobus, l’avrebbe portata ad un appuntamento con il destino e che la sua vita, da lì a dieci minuti, non sarebbe stata più la stessa.
Paola sedette in fondo e, stranamente, decise di non aprire il libro che portava sempre con sé, inseparabile compagno di viaggio.
Il C81 iniziò la salita lungo via del Parco Margherita: che bella quella strada, costeggiata da villette liberty, una più deliziosa dell’altra, e , tra l’una e l’altra, un panorama mozzafiato si offriva agli occhi dei passeggeri.
Paola guardò l’orologio: aveva giusto il tempo per andare a casa a cambiarsi e portare i bambini dalla nonna, poi sarebbe andata a cinema con Valeria; una serata diversa, un bel film e tante chiacchiere con una vecchia amica, un lusso che si concedeva solo quando Marco partiva.
L’autobus procedeva nella salita.
Paola guardava il panorama che, all’improvviso, si aprì in tutta la sua maestosità in corrispondenza di uno slargo: il Vesuvio, tranquillo e sornione, appariva più come il guardiano del golfo che come una minaccia.
L’autobus si fermò: il solito incivile aveva lasciato una macchina in doppia fila magari per andare a comprare le sigarette. La gente cominciò a borbottare e l’autista strombazzò per stanare il maleducato.
Appoggiata al muretto una coppia di fidanzati:
Paola notò lei che le stava di fronte, bellissima e giovanissima; lui le accarezzava i lunghi capelli con un gesto molto tenero e, stranamente, familiare.
“Somiglia a Marco” fu l’ultimo pensiero di Paola, l’ultimo pensiero della prima vita di Paola, che contemporaneamente notava la loro macchina, che a quell’ora avrebbe dovuto trovarsi a Roma, parcheggiata in prossimità del belvedere.
Nel frattempo l’incivile aveva spostato la macchina e l’autobus aveva ripreso la sua corsa con Paola incollata al finestrino posteriore e ancora incredula.
Era Marco, lì, davanti ai suoi occhi, abbracciato e chiaramente innamorato.
Un estraneo…all’improvviso l’amore della vita, il compagno di studi, il padre dei suoi figli, il complice ventenne dei viaggi segreti e delle notti rubate, in un solo maledetto secondo diventato un estraneo. Chissà come trovò la forza per tornare a casa, disdire l’appuntamento con Valeria, far cenare i bambini e metterli a dormire. Poi si abbandonò al suo dolore.
Stesa sul letto,con gli occhi sbarrati sul soffitto, Paola desiderò che quella notte assurda non finisse mai: “Lasciami morire avvolta dalla tua oscurità …cullata dall’illusione che sia tutto come prima!”.
Ma, al di là della finestra, tra le imposte accostate, già facevano capolino i primi riverberi del nuovo giorno.

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