Soprattutto per i seguaci irriducibili della exploitation su celluloide, è risaputo che, in seguito al successo riscosso da Il Decameron (1971) di Pier Paolo Pasolini, non pochi furono i derivati cinematografici che provvidero addirittura a far nascere il sottogenere definito “decamerotico”, in quanto propenso ad attingere dagli scritti di Giovanni Boccaccio per mettere in piedi collage di episodi scollacciati.
Derivati tra cui non mancarono neppure i falsi sequel Decameron n° 2-Le altre novelle del Boccaccio (1972)
di Mino Guerrini, Decameron n° 3-Le più belle donne del Boccaccio (1972) di Italo Alfaro e Decameron n° 4-Le belle novelle del Boccaccio (1972), che, firmato da Paolo Bianchini – dal 2002 ambasciatore dell’Unicef e responsabile in tempi recenti de Il sole dentro (2012) – con lo pseudonimo Paul Maxwell, viene riscoperto su supporto dvd all’interno della collana CineKult curata per CGHV dalla rivista Nocturno.Con inclusa nel cast la Mariangela Giordano nota anche per essere stata, in seguito, una delle reginette dell’horror tricolore (citiamo soltanto lo zombesco Le notti del terrore e Patrick vive ancora della sua filmografia), un elaborato che, partendo da un gruppo di popolane impegnate a raccontarsi storielle a sfondo erotico mentre si trovano presso il lavatoio, viene strutturato nella maniera canonica del filone.
Quindi, nell’ordine, abbiamo una bella emiliana che cornifica il marito credulone, un tizio che viene convinto di essere incinto per derubargli duecento fiorini, un predicatore scoperto in compagnia di una avvenente fanciulla, una foglia di pianta venefica destinata a diventare il motivo del contendere di un processo e, ovviamente, un immancabile ex mascalzone che, indossata la tonaca, non riesce a resistere alla tentazione, fino a fingersi l’arcangelo Gabriele.
Cambiando genere, è sempre CineKult a lanciare nel mercato dell’home video digitale
Il commissario Verrazzano (1978), diretto dal Franco Prosperi autore di Un uomo dalla pelle dura (1972) e Pronto ad uccidere (1976) e curiosamente omonimo del compagno di mondo movie di Gualtiero Jacopetti.Tardo esempio di poliziottesco con abbondanza di bellezze femminili nel mucchio (si va dalla Gloria Piedimonte della trasmissione televisiva Discoring alla bondiana Luciana Paluzzi, passando per la nuda Maria Baxa di Incontri molto… ravvicinati del quarto tipo), sebbene non appaia privo di inseguimenti automobilistici e pallottole pronte ad essere sparate si discosta dal look tutto azione tipico degli analoghi esempi precedenti interpretati da Maurizio Merli e contemporanei, spostando la tipologia di vicenda dalle parti del giallo a tinte noir.
Incaricato dalla gallerista dell’alta borghesia romana Giulia Medici alias Janet Agren di far luce sulla morte per suicidio del fratello, infatti, Luc Merenda veste i panni del commissario del titolo, il quale, con il vizio del gioco, porta avanti la sua indagine non ufficiale nel mondo degli scommettitori, frequentato proprio dallo scomparso.
Lo stesso Merenda che troviamo intervistato insieme al giornalista e critico Davide Pulici, Daniele Magni e Marco Grassidonio – artefici del dizionario Cinici infami e violenti – dello speciale di diciassette minuti Un commissario scomodo, posto a corredo del disco.
E, continuando a parlare di giallo, rimaniamo nell’ambito di novità targate CGHV, ma sotto
il marchio Sinister Film, con due nuove rarità recuperate dal dimenticatoio: la co-produzione tra Italia e Spagna Gatti rossi in un labirinto di vetro (1975) di Umberto Lenzi e l’inglese L’ombra del gatto (1961) di John Gilling.Come lascia tranquillamente intuire il titolo, nel primo caso siamo dalle parti del thriller a tinte splatter di emulazione argentiana; anche se, pur non essendo assenti bulbi oculari cavati, rispetto ai lavori di colui che ci ha regalato classici del calibro de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) e Profondo rosso (1975) si insiste molto meno sui dettagli raccapriccianti dei diversi delitti (non male quello consumato nel tunnel dell’orrore di un luna park).
Non si tratta, tra l’altro, dell’unica differenza tra questa e le pellicole che lo hanno preceduto, in quanto Lenzi – presente anche nell’intervista extra di oltre venti minuti – non solo abbiglia il misterioso assassino con una mantellina rossa che va a sostituire il solito impermeabile nero, ma evita la classica atmosfera notturna e soffocante per favorire quella inedita e assolata di Barcellona; dove, appunto, un gruppo di americani in gita finisce coinvolto in una serie di uccisioni il cui responsabile strappa poi l’occhio sinistro alle giovani donne che elimina a coltellate.
Per quanto riguarda il film di Gilling, invece, si tratta di un prodotto Hammer (per la quale realizzò poi,
tra gli altri, La lunga notte dell’orrore ed Il sudario della mummia) che parte dalla figura di Walter, interpretato da André Morell, il quale, dopo aver fatto firmare con la forza un testamento che lo nomina suo erede universale alla ricchissima moglie Ella, ovvero Catherine Lacey, la fa uccidere e seppellire nel bosco dal maggiordomo Andrew con la complicità della cuoca Clara, rispettivamente incarnati da Andrew Crawford e Freda Jackson.Senza immaginare, però, che l’unico testimone di quanto accaduto sia un gatto e che proprio esso stia per diventare lo strumento di una tremenda vendetta orchestrata attraverso un buon ritmo narrativo ed ulteriormente impreziosita dall’avvolgente clima di tensione cui giova non poco il bel bianco e nero delle immagini illuminate da Arthur”L’implacabile condanna”Grant.
Per non parlare della maniera piuttosto innovativa in cui viene immortalato l’inquietante sguardo del felino, tanto da anticipare il suo largo sfruttamento nell’ambito della paura da schermo avvenuto successivamente.
Una galleria fotografica quale contenuto speciale completa il tutto.
Francesco Lomuscio
Scritto da Francesco Lomuscio il ott 5 2014. Registrato sotto RUBRICHE, VIDEODRHOME. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione