Il prossimo 11 dicembre farà l’esordio nei cinema italiani, Il ragazzo invisibile, l’ultima pellicola diretta dal premio Oscar Gabriele Salvatores. Il film, oltre a essere il primo italiano di genere supereroistico, che si basa sulla formula “supereroi con superproblemi”, è stato concepito dai suoi creatori come un progetto che si basa su un racconto cross mediale che abbracci più media.Accanto al film si affianca dunque il romanzo omonimo, edito da Salani e scritto dagli stessi sceneggiatori della pellicola, e anche una miniserie a fumetti.
Ai tre volumi, editi da Panini Comics e il cui primo tomo fa il suo esordio in anteprima a Lucca Comics & Games, è stato affidato il compito di espandere la storia trattata nel lungometraggio, andando a esplorare quelle zone e quegli avvenimenti che la pellicola ha appena accennato, ma che hanno in sé potenziali sviluppi narrativi da raccontare.
Panini Comics ha messo al lavoro sul progetto una squadra di protagonisti del fumetto italiano, alcuni dei quali vantano anche un’ampia esperienza in campo internazionale. A sviluppare la sceneggiatura pensata da Diego Cajelli (Dampyr, Long Wei) sono stati chiamati tre artisti del calibro di Giuseppe “Cammo” Camuncoli (Hellblazer, The amazing Spider-Man, Superior Spider-Man), Werther dell’Edera (John Doe, Detective Dante, Orfani) e Alessandro Vitti (Brendon, Saguaro, Avengers Arena), mentre a impreziosire il tutto ci pensano le copertine di una star quale Sara Pichelli (Ultimate Spider-Man, Guardians of the galaxy).
Noi abbiamo rivolto loro qualche domanda per scoprire qualcosa di più su questo affascinante progetto a fumetti.
Da sin.: Diego Cajelli, Giuseppe Camuncoli, Werther Dell’Edera, Alessandro Vitti e Sara PichelliSalve ragazzi e benvenuti su Lo Spazio Bianco.
Diego, com’è stato scrivere la sceneggiatura di una storia a fumetti partendo da un’altra sceneggiatura, quella di un film?
DC: Mi piacciono le contaminazioni, mi piace portare il fumetto in altri “ambienti” narrativi, mescolandolo, elaborandolo, cercando di capire quali sono i suoi limiti e le sue possibilità. Fumetti e cinema vanno d’accordo da sempre, ma con Il ragazzo invisibile non abbiamo semplicemente trasformato il film in fumetto, abbiamo amplificato e allargato l’universo narrativo alla base del film. Un tipo di lavoro diverso, che sfrutta fino in fondo le potenzialità del fumetto.
È ovvio che ci siano differenze tecniche tra le sceneggiature scritte per due medium diversi: quali sono a tuo parere le maggiori differenze e, se esistono, le affinità tra i due tipi di scrittura?
DC: Per i fumetti bisogna tenere conto della singola unità narrativa rappresentata dalla vignetta. È impossibile trasportare una narrazione cinematografica nel fumetto senza cambiarne “il codice” narrativo. Nella scrittura cinematografica si parte dalle immagini in movimento, nel fumetto quelle immagini sono invece statiche. Va sceneggiata “l’illusione del movimento”, parcellizzando in singole immagini quello che nel cinema viene raccontato in un’unica sequenza in movimento.
Queste sono le differenze principali. Le affinità sono, paradossalmente, le medesime.
Quanto della sceneggiatura originale del film è presente nella tua versione? Ci sono molti riferimenti o hai preferito dare un’impronta più personale?
DC: Ho avuto a disposizione non solo la sceneggiatura del film, ma anche il romanzo work in progress e un lungo trattamento scritto dagli sceneggiatori del film su tutto quello che avrebbero voluto mettere nel fumetto. Il “cosa” raccontare era molto strutturato, mentre “come” raccontarlo era tutto da decidere. Ed è proprio sul “come” raccontare, sulla messa in scena, sui dialoghi, sulle didascalie e sul montaggio che ho messo la mia impronta più personale.
Hai chiaramente avuto la possibilità di leggere la sceneggiatura del film prima di iniziare a scrivere la tua storia a fumetti de Il ragazzo invisibile. Che cosa hai imparato leggendola che in futuro potrà esserti utile nello scrivere un fumetto?
DC: Gli sceneggiatori del film, Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, fanno un grande lavoro narrativo su una parte che io spesso trascuro: i sentimenti, tutta la parte legata alle emozioni dei personaggi.
Hai scritto sul tuo sito/blog, e qui ti cito “Volevo a tutti i costi che l’albo fosse indistinguibile per ritmiche, stile narrativo e composizione della tavola da un qualunque albo americano supereroistico.” Significa che nella tua sceneggiatura a ogni disegnatore hai dato precise e rigide indicazioni sulla composizione delle tavole o hai lasciato loro un margine di libertà dato che tutti e tre gli artisti coinvolti hanno già una notevole esperienza maturata nel fumetto supereroistico statunitense?
DC: Ho scritto una sceneggiatura all’americana, con la descrizione delle singole vignette, ma chiedendo il loro aiuto per la composizione della tavola. La volevo il meno rigida possibile, e più “americana” possibile. Quindi, mi sono affidato a loro che di esperienza ne hanno a tonnellate.
Com’è stato detto, il fumetto riprende alcune parti che non vengono mostrate nel film e di tutto il contesto narrativo in cui questo si svolge. C’è qualcosa in particolare che avresti voluto inserire e che non è stato possibile incorporare?
DC: Ho usato spesso l’ellissi come scelta narrativa. Richiedo al lettore parecchio impegno. La lettura è forse un po’ impegnativa, dove pesa più il “non detto” del “detto”. Il genere, comunque, lo consente. Ho inserito tutto quello che ci volevo mettere, usando un ritmo forsennato e una scansione dei tempi narrativi velocissima.
La figura imponente di un regista premio Oscar come Gabriele Salvatores sicuramente ha fatto pesare ancora di più l’importanza di questo progetto. Hai avuto la possibilità di confrontarti direttamente con lui e di ricevere qualche indicazione in particolare?
DC: Ci siamo incontrati, abbiamo visto il film con lui in sala di montaggio. Aveva già letto la sceneggiatura del primo volume, e gli era piaciuta parecchio. Ne abbiamo parlato assieme ed era molto contento del mio lavoro. Poi abbiamo parlato del film. Salvatores ha una bellissima energia.
La “mia” versione a fumetti, comunque, nasce dal trattamento e dalla scalettona scritta dagli sceneggiatori del film. Quindi le varie indicazioni sono state fornite da loro. Credo proprio che la nostra collaborazione sia stata molto proficua.
Passiamo ora a chi ha tradotto in immagini la sceneggiatura di Diego Cajelli.
Giuseppe, Werther, Alessandro: ognuno di voi si è occupato di una linea temporale diversa della storia, che si intreccia con le altre in tutti e tre i numeri del fumetto: senza troppi spoiler, ci raccontate di cosa tratta la parte del racconto che avete illustrato?
Giuseppe Camuncoli (GC): Certo! La mia è quella direttamente collegata con la trama vera e propria del film, quella che avviene per intenderci nel “tempo presente”, mentre quelle di Werther e Alessandro si occupano della back story de Il ragazzo Invisibile – semplicemente tutto ciò che nel film viene solamente sfiorato, nelle loro pagine viene ampliato e arricchito. La mia parte invece segue da vicino il percorso di Michele, il protagonista della pellicola, esplorando le sensazioni e le emozioni che lo portano alla scoperta di questo suo incredibile potere, cambiando per sempre la sua vita.
Werther Dell’Edera (WDE): Non è così semplice in realtà. Proverò a spiegarmi senza spoilerare troppo. È vero, ci sono tre linee temporali diverse, una per ogni autore. Diciamo che Camuncoli ha lavorato sul presente, io sul passato e Vitti sul passato “passato” (perché non lo definirei proprio remoto). Ogni linea temporale ha i suoi personaggi sui quali porre l’attenzione. Io ne ho seguito uno in tutti i suoi spostamenti e pellegrinaggi. La mia parte è una storia on the road, ma è anche un noir, ma è anche un thriller del tipo caccia all’uomo. Insomma ce n’è per parecchi gusti.
Alessandro Vitti (AV): La mia parte racconta il passato… l’inizio di ogni cosa! Resto sintetico, così non rischio di spoilerare! ;-)
Mentre disegnavate eravate in contatto tra di voi? Vi interpellavate a vicenda scambiando idee e consigli sulla resa dei personaggi e delle situazioni?
GC: Sì, soprattutto all’inizio eravamo costantemente triangolati tra di noi durante le varie fasi di lavorazione, dai layout alle tavole ai colori. E’ stato utile farlo soprattutto nei punti nodali, quelli cioè in cui si passava da una linea narrativa a un’altra: in alcuni casi occorreva fare dei giochini grafici da parte di uno che poi dovevano essere ripresi da un altro, quindi era fondamentale essere allineati. In tutto questo, poi, i nostri editor ci hanno seguito e coordinato in maniera magistrale, facendo anche da ponte con la produzione del film nei momenti in cui magari servivano delle immagini o delle indicazioni specifiche.
WDE: Sì, per quanto la lontananza non abbia permesso un lavoro gomito a gomito, che sarebbe stato anche più interessante. A ogni modo noi avevamo alla supervisione e coordinamento il magnifico Diego Malara che ha fatto davvero un ottimo lavoro di editing, tenendo tutto sotto controllo e rendendoci il lavoro il più facile e sereno possibile.
AV: Sì, siamo stati in contatto fino alla fine. Il momento più ricco di scambi di idee e consigli è avvenuto particolarmente all’inizio. Avevamo bisogno di “inquadrare” un po’ la linea generale del lavoro e fare in modo che ogni linea temporale avesse una connotazione grafica ben precisa e facilmente associabile a quella parte della storia anche nei numeri successivi.
Per la resa grafica e visiva dei personaggi della storia la produzione della pellicola vi ha fornito degli studi o delle immagini del film?
GC: Sì, certamente. Come accennavo prima, la produzione ci ha fornito una caterva di still tratte dal girato (dagli ambienti ai personaggi, da sequenze specifiche ai costumi e agli abiti), insomma tutto quanto ci serviva per fare un lavoro il più fedele e vicino possibile al materiale originale. Poi però, al tempo stesso, c’è stata grande elasticità nel lasciarci liberi di esprimerci laddove c’era margine di manovra.
WDE: La produzione e Salvatores stesso sono stati fantastici. Prontissimi nel metterci a disposizione tutto il materiale utile possibile e in tempi rapidissimi. Ci hanno fatto anche assistere alla proiezione di un pre-montato per aiutarci a comprendere meglio il mood del film. Ma allo stesso tempo ci hanno chiesto di fare un lavoro originale, che rispettasse il medium fumetto, ribadendo che non cercavano, per questa operazione, l’aderenza totale al film.
AV: Abbiamo ricevuto da Diego Cajelli e dalla redazione tutto ciò che poteva suggerirci il tipo di lavoro che dovevamo sviluppare. Ma in fase d’opera, abbiamo aggiunto delle nostre ricerche d’immagini, fatte anche per poter curare ogni dettaglio specifico.
Com’è stato lavorare con Diego Cajelli? Avete scambiato con lui idee e opinioni durante la restituzione grafica della sua sceneggiatura, vista anche l’esperienza che ognuno di voi disegnatori ha di fumetto supereroico?
GC: E’ stato un piacere aver potuto lavorare finalmente con Diego. Ci conosciamo da tantissimi anni e per un motivo o per l’altro non avevamo ancora mai fatto niente insieme. Sapere che Diego scriveva la storia è stato un ulteriore stimolo ad accettare questa proposta. Anche con lui ci siamo sentiti costantemente in tutte le fasi di lavorazione, del resto la collaborazione è a mio parere il sale del nostro mestiere. E in questo senso abbiamo, appunto, rivisto in un paio di pagine alcuni dettagli a livello di impaginazione, o di ritmo narrativo per poter rendere al meglio, anche su carta, l’universo de Il ragazzo invisibile.
WDE: Certo, come sempre avviene nelle migliori produzioni. Lavorare con Diego è stato fantastico. È uno sceneggiatore di razza come pochi qui in Italia. Era da tempo che si cercava un’occasione per lavorare insieme e finalmente è capitato!
AV: Cajelli, lo apprezzo prima come persona e poi anche professionalmente. Aspettavo da tempo di avere l’occasione di approfondire la conoscenza professionale con lui. L’entusiasmo e l’emozione che si sono respirate durante la lavorazione, ci ha concesso, all’inizio, di parlare di tutto e di più e di ogni cosa che volevamo fare su queste pagine. Diego ha fatto un lavoro eccezionale, ha permesso al progetto di mostrare il piacere di eseguire un lavoro di gruppo e di lasciare a noi anche il piacere di sviluppare le sequenze in base al nostro modo di vedere.
È ora il turno di Sara Pichelli, che si è occupata delle copertine della miniserie.
Come ti sei mossa per realizzare le copertine dei tre numeri de Il ragazzo invisibile: le hai disegnate quando i tuoi colleghi disegnatori erano già avanti con la realizzazione delle loro tavole, avendo la possibilità di vederle? Hai ricevuto degli input da Diego Cajelli?
SP: Le copertine sono nate da un brainstorming con il curatore Diego Malara, che pazientemente ha seguito tutto l’iter di lavorazione dei vari pezzi. Ho avuto sia input da Malara stesso e tutto il team Panini che si occupava della questione copertine, e sia dalla possibilità di leggere in anteprima le varie sinossi e trattamenti dei tre numeri de Il ragazzo invisibile scritti da Diego Cajelli. Fondamentale è stato anche il confronto con il colorista delle copertine David Messina, anch’egli artista di fama internazionale. Creata questa sinergia tra disegnatore e colorista, i concept iniziali delle copertine da proporre sono stati realizzati avendo già ben in mente come la parte del colore avrebbe influito sul risultato finale.
Tu ormai sei una “veterana” in questo campo, ma quali sono le maggiori difficoltà che incontri nel realizzare una copertina per un albo? Più o meno quanto tempo impieghi per realizzare la versione definitiva di una cover?
SP: Ormai realizzo copertine dal 2009 e l’unica vera difficoltà che ho incontrato fino a ora è quella di interfacciarsi col le idee del committente riguardo al risultato finale. Può succedere che chi commissiona una copertina non abbia minimamente nessuna competenza artistica e per esigenze di marketing, spesso si richiedano composizioni o contenuti che poi finiscono inevitabilmente con l’essere delle copertine deboli o di poco impatto.
Il tempo di realizzazione di una copertina varia molto a seconda della complessità dell’immagine. Dal momento in cui ho l’ok riguardo al concept, disegnare e inchiostrare una copertina può prendere dai due a quattro giorni, con i colori anche una settimana.
Chiudiamo con un tris di domande uguali per ognuno di voi.
Quali sono le opere fumettistiche, se ce ne sono, che hanno influenzato Il ragazzo invisibile a livello grafico e narrativo? È possibile considerarlo un’opera del tutto originale?
DC: Leggo molti fumetti di super eroi. A livello narrativo le influenze sono parecchie, da Mark Millar a Brian Michael Bendis, passando per Ed Brubaker. Quello che mi influenza sono le dinamiche narrative, i ritmi e la messa in scena. Mi affascinano le componenti tecniche, roba noiosissima per tutti, ma che ci posso fare… è quella la parte che “vedo” quando analizzo un fumetto.
GC: Bé, direi di sì. Il lavoro nostro e di Diego si basa fondamentalmente sul film e sulla sceneggiatura del film. Perciò, aldilà delle influenze stilistiche che ognuno di noi autori può consciamente o inconsciamente riversare nel proprio lavoro, e in particolare in questo, tutto quello che vedrete nel fumetto – a parte un paio di momenti che sono stati estrapolati direttamente dal film – è del tutto originale.
WDE: Il punto è che ognuno di noi si è portato dietro il proprio bagaglio culturale di genere e quindi c’è veramente tanto ne Il ragazzo invisibile. Abbiamo creato un prodotto per quanto possibile originale. Come dicevo in una risposta precedente, la produzione del film ci ha permesso una grande libertà di interpretazione, esprimendo la volontà di creare un qualcosa che andasse a completare in maniera autonoma il film, piuttosto che riprodurlo in un altro formato.
AV: Per quello che mi riguarda, senza averlo guardato, ho cercato di ricordare il mondo di Bilal, che piace tanto a Salvatores, in particolare Battuta di Caccia. Ma quello che mia influenzato di più è stato il Cinema. Essendo il passato, ho associato la mia scelta stilistica al Cinema Neorealista italiano. Volevo essere un protagonista “invisibile” di quel periodo, raccontare per immagini come se fossi stato lì con i protagonisti. Ho usato delle inquadrature ad altezza d’uomo, per caricare di emotività ogni momento. Ho pensato costantemente a tutti i film del dopoguerra Italiano… come Roma città aperta, La Grande Guerra e Tutti a casa e poi non nascondo di aver visto anche qualche film d’azione, giusto per smorzare un po’ la drammaticità della storia! ;-)
SP: Io mi sono occupata delle cover, per quanto riguarda la mia parte di lavoro ho cercato di muovermi su una composizione che si orienta più verso una struttura da poster cinematografico, in modo da rendere le copertine un trait d’union tra la pellicola e le pagine interne del fumetto. Il ragazzo invisibile è decisamente un’opera originale in quanto il film che uscirà è qualcosa di completamente nuovo. Fumetto e film sono uniti a doppio filo dalla continuity, cosa che in Italia non si era mai vista prima, se non sbaglio.
Come avete accolto l’idea di lavorare a un fumetto che, anche se non ricalcandolo, traeva la sua origine da un’opera cinematografica? Anche se altrove è abbastanza comune, nel nostro Paese è la prima volta che avviene una cosa del genere, e a conti fatti questo rende voi autori di questo progetto dei pionieri nel campo.
DC: Qualcuno deve pur iniziare, e abbiamo avuto l’onere e l’onore di essere noi a farlo. Mi concedo il lusso di pensare che se quello che abbiamo fatto serve a fissare uno standard, il livello qualitativo è decisamente elevato!
GC: Mah, a dire il vero non è che ci abbia riflettuto più di tanto. Ho accettato di partecipare al progetto ancor prima di leggere la sceneggiatura e di vedere il film. Salvatores del resto non si discute, ed è dai tempi di Marrakech Express e di Turné che adoro il suo cinema. Il fatto poi che abbia anche vinto un Oscar, che continui a sfornare bei prodotti (mai banali, tra l’altro), e che si sia rivelato durante il nostro incontro una persona fantastica, non è per niente trascurabile. Di Diego ho già detto prima. Ne deriva che il mio entusiasmo fosse già molto alto in partenza e che non vedessi l’ora di mettere mano alle matite e alle chine per questo fumetto. Che, come dicevo prima, espande l’affresco contenuto nel film e nell’universo condiviso de Il Ragazzo Invisibile, che ora è stato arricchito anche grazie al nostro contributo.
WDE: È stata un’esperienza eccitante. Sicuramente una sfida che non si poteva non accettare.
AV: I veri pionieri sono la Panini e la Indigo Film. E’ bellissimo essere stato protagonista di questo primo progetto e credo che ce ne saranno altri, perché ritengo che sia una bella soluzione per fare interagire delle forme di espressione che hanno davvero tanto in comune. Inoltre, l’emozione è stata notevole. Sapere che il film ha come padre un regista come Salvatores, sicuramente ti fa sentire alle stelle! E’ stato un bellissimo regalo professionale.
SP: Io lavoro per il mercato statunitense da molti anni, quindi quando Sara Mattioli e Diego Malara mi hanno fatto questa proposta, raccontandomi un po’ del progetto, ho subito pensato che sarebbe stata una cosa fantastica! E far parte di un progetto che si presenta come una novità nel panorama italiano del fumetto è parecchio intrigante.
Come detto sopra, è ormai prassi, negli Stati Uniti, affiancare all’uscita di un film di supereroi tutta una serie di fumetti a esso ispirati e collegati; con questa miniserie su Il ragazzo invisibile anche nel nostro Paese, con un film italiano supereroistico, viene fatta una cosa analoga. Pensi che questo fumetto aiuterà a portare un po’ di visibilità al nostro medium preferito anche fuori dei circuiti tradizionali, magari con una buona campagna d’informazione anche da parte della produzione del film?
DC: Panini e Indigo Film hanno lavorato fianco a fianco fin dall’inizio, per questioni sia artistiche che produttive. Il fumetto è una parte di tutto il lavoro cross mediale fatto per Il ragazzo invisibile, è una parte molto importante sulla quale hanno investito tutti moltissimo. Sul concetto di “visibilità al di fuori dei circuiti tradizionali” sono un po’ preoccupato. Nel senso: chi ci guarda? Per quale motivo? Perché prima non ci guardava? Che cosa c’è di diverso adesso? Un fumetto tratto da un film? Serve che il fumetto sia visibile anche in contesti dove prima non lo era? Ne siamo sicuri?
GC: Me lo auguro, e credo che ce lo stiamo augurando tutti, sia noi sia chi produce il film, cioè Indigo, la casa produttrice che ha anche portato La grande bellezza di Paolo Sorrentino all’Oscar. Le premesse ci sono tutte, noi tutti ci siamo impegnati e ci stiamo impegnando al massimo per poter dare il nostro contributo alla diffusione dell’opera. Non dimentichiamoci che Il ragazzo invisibile sarà il primo film italiano di supereroi. Questo già di per sé è un evento che vale la pena di sottolineare, e di premiare, tanto al cinema quanto nelle edicole e nelle librerie.
WDE: Sicuramente è questa l’idea. Trovare quanto più possibile delle nuove sinergie per promuovere il fumetto. Credo che la strada percorsa in questo caso sia la più auspicabile in generale. È una strada che i due media percorrono insieme e non uno in maniera subalterna all’altro.
AV: Come detto sopra, è ormai prassi, negli Stati Uniti, affiancare all’uscita di un film di supereroi tutta una serie di fumetti a esso ispirati e collegati; con questa miniserie su Il ragazzo invisibile anche nel nostro Paese, con un film italiano supereroistico, viene fatta una cosa analoga. Il progetto in sé, permetterà probabilmente al prodotto di essere ben presentato anche all’estero, ma non ritengo che sia suo il compito di trainare il nostro fumetto italiano all’estero.
SP: Sicuramente una buona campagna d’informazione e l’essere a fianco di un film di uno dei registi italiani più apprezzati farà notare questo progetto, ne sono sicura. E la qualità della storia e dei disegni non sono secondi a nessun prodotto d’oltreoceano… staremo a vedere!
Grazie a tutti per la vostra disponibilità!
Intervista eseguita via mail tra il 29/09 e il 24/10/2014