In realtà, le proposte di referendum che circolano sono due:
1) Quella dell’Unione popolare , che mira all’abolizione della diaria (ovvero le spese del soggiorno a Roma) per i parlamentari
2) Quella del Comitato del Sole, ben più radicale, con la quale si chiede l’abrogazione di: spese di segreteria e rappresentanza, diaria, cumuli d’indennità per partecipazione a commissioni giudicatrici di concorso, missioni, commissioni di studio e commissioni d’inchiesta, indennità mensile esente da ogni tributo, indennità mensile non sequestrabile o pignorabile.
E’ naturale che simili iniziative abbiano riscosso una notevole eco tra l’opinione pubblica, in particolare tra i social network, che pullulano di gruppi in cui si spiegano passo per passo le modalità con cui i cittadini potranno partecipare e firmare per “l’abolizione degli stipendi d’oro dei parlamentari”.
Tuttavia, sebbene tali proposte siano sicuramente degne di nota, non si possono non segnalare numerosi dubbi di legittimità che, secondo alcuni politici tra cui Antonio Di Pietro, renderebbero la raccolta di firme totalmente INUTILE e farebbero del referendum un’immensa bufala.
Sembrerebbe infatti, che i promotori del referendum non abbiano tenuto conto della legge 352/70, che regola le modalità di svolgimento del referendum abrogativo di cui all’art. 75 della Costituzione.
Tale legge, prevede all’art. 31 che “Non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime” e all’art. 28 che, dal giorno in cui si raccoglie la prima firma si hanno 90 giorni di tempo per raggiungere e depositare le 500.000 firme necessarie presso la Corte di Cassazione.
Dunque, se è vero che è vietato depositare le firme di un referendum nell’anno precedente a quello delle elezioni politiche e che esse devono essere depositate entro tre mesi dall’inizio della raccolta, allora le firme prese fino ad ora sarebbero nulle ed inutilizzabili: infatti, le elezioni per il dopo Monti sono attese la prossima primavera (dunque, nel 2013primo gennaio 2013 al momento in cui verranno sciolte le Camere e indette le elezioni (presumibilmente tra febbraio e marzo 2013).
Per depositare le firme entro gennaio 2013, la raccolta dovrebbe dunque partire ad ottobre, in modo da potersi presentare in Cassazione per i primi giorni del 2013 e aspettare che questa accerti entro il 15 dicembre 2013 che siano state raccolte un numero di firme sufficienti, e che queste siano regolari. Poi, spetterà alla Corte Costituzionale pronunciarsi sull’ammissibilità dei quesiti entro gennaio 2014. Quindi, sarà il Presidente della Repubblica a stabilire la data del voto dei referendum, che dovrà cadere una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno 2014.
In tal modo verrebbe rispettata la ratio della norma prevista dall’art. 31 della legge 352/70, e cioè evitare che si voti un referendum contemporaneamente alle elezioni politiche.
E allora, quali sono le ragioni per cui si continuano a raccogliere firme in questo periodo dell’anno, nonostante la legge sia chiara e limpida sul punto?
C’è chi ipotizza ignoranza, leggerezza o cattiva interpretazione della legge. La stessa Maria Di Prato, coordinatrice nazionale di Up, si difende argomentando che la legge sia tutta da interpretare, e che dunque non si debba giungere a conclusioni affrettate.
Secondo altri, si tratterebbe più semplicemente di un’operazione pubblicitaria volta ad acquisire consenso appena prima delle elezioni.
I più maligni poi, fanno notare che anche per i referendum sono previsti i rimborsi elettorali, e che in caso di successo il comitato referendario incasserebbe milioni di euro a cui nessuno dei due ha dichiarato di voler rinunciare.
In ogni caso, al di là di come si evolverà il dibattito, occorre fare chiarezza sulla questione affinchè i cittadini traggano le proprie conclusioni attraverso tutte le informazioni sul caso, prendendo una decisione in piena consapevolezza.
Maria Elena De Tura