Magazine Bambini

Il regalo perfetto

Da Lanterna
Quando nasce un bambino e/o un'amica scopre di essere incinta, mi si pone sempre di più il dilemma di che cosa regalare.
Non mi piace regalare abitini, a meno che non sappia che ce n'è un bisogno specifico, perché durano pochissimo e di solito ne arrivano una valanga.
Non mi piace regalare libri sui bambini che a me sono piaciuti (tipo Gonzalez o la Hogg), perché mi sanno troppo di consiglio non richiesto o velata critica in caso di secondo figlio.
Non mi piace regalare oggettini d'argento o gioielli, perché li trovo scomodissimi e quindi io stessa non gradisco riceverne.
Giocattoli manco a parlarne: tanto per i primi 6-12 mesi è probabile che il pupo non se li calcoli manco di striscio, e anche di quelli si viene sommersi.
Di solito ripiego o su cose che fanno piacere a prescindere (se si tratta di una persona che conosco bene) o su buoni prodotti per l'igiene del bambino.
Da oggi, posso tentare un'altra carta: il libro di Wonder è un regalo perfetto per una quasi o neo mamma.
Si può essere d'accordo o no con Wonder, si può essere anche irritati dal suo complesso di Peter Pan, ma alla fine si deve ammettere che questo libro racconta con molta sincerità i sentimenti contradditori che ogni madre prova nei confronti del primo figlio, quello che segna il passaggio da non-madre a madre.
Io ho cominciato a leggerlo con i peggiori presupposti: conoscevo già abbastanza bene il suo blog, parto da una visione completamente diversa della vita e della maternità, preferisco di solito leggere tutt'altro genere di narrativa (per intenderci: se non c'è neanche un reato penale in quarta di copertina, il libro resta nello scaffale).
Eppure l'ho trovato avvincente e piacevole, ben scritto, ben orchestrato soprattutto nella prima parte. A sorpresa (ma non troppo, viste le recensioni di Vale, MammaCattiva e Claudia), ho trovato molto più interessanti e sentite le parti più serie, mentre alcuni episodi più da macchietta, che avevo già letto sul blog, mi sono sembrati più banali e tutto sommato poco significativi.
Ecco, un'altra cosa che mi lascia un po' perplessa, ma che penso sia dovuta al fatto che la figlia di Wonder è ancora molto piccola, è la separazione molto netta tra ciò che si fa per e con i figli e ciò che si fa per se stesse e con gli amici / il partner.
In questi giorni casa mia è (stata) un lazzaretto: i maschi sono (stati) malati con febbre, Amelia si stava riprendendo dalla precedente tosse, io ho fatto la malattia in piedi. In tutto questo, un'amica mi dice che in questi giorni ci sarebbe il saggio della mia prima scuola di danza e che lei ci andrebbe volentieri. Lì per lì ci accordiamo per giovedì, ma poi giovedì non me la sentivo di lasciare Luca a casa da solo con Ettore superfebbricitante e Amelia. Allora ci accordiamo per ieri, e decido di portare con me anche Amelia, che ama la danza.
È stato quasi come uscire con un'amica: ci siamo preparate e siamo andate, là abbiamo seguito lo spettacolo, ci siamo prese una coca al bar insieme alla mia amica. Insomma: ho avuto una serata per me, con l'ovvio vincolo della resistenza di Amelia (che però ha retto benissimo tutto lo spettacolo, si è addormentata solo in macchina sulla via del ritorno) e con una scusa in più ("scappiamo, la bambina ha sonno") per non dover fare falsi commenti positivi sui pezzi di danza mediorientale.
Questo non per dire che Wonder dovrebbe portarsi la Porpi al pub o per negare che i figli cambino la vita, ma solo per sottolineare quanto a volte le situazioni che ci sembrano scolpite nella pietra siano destinate a durare pochi anni, per poi portarci a qualcosa di molto bello e molto inaspettato.
Ma probabilmente le stesse cose ce le potrà raccontare anche Wonder stessa, tra un paio d'anni, quando lei e sua figlia andranno insieme a fare shopping.

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