Il regista occulto di questo film “La petite Patrie” (ce ne è uno vero in uscita dal titolo medesimo, ma in italiano: “Piccola Patria”, di Alessandro Rossetto che vale la pena di vedere, se mai arriverà qui), sappiamo tutti essere Dino Viérin. Un politico e un uomo che mai ha dato l’addio alla politica, nonostante abbia governato per lunghi anni. Dietro le quinte ha continuato con ostinazione a volersi riprendere quel ruolo che la magistratura interruppe nel dicembre del 2002, pochi mesi prima della fine del suo secondo mandato. (In seguito fu assolto dall’accusa di favoreggiamento nei confronti di Paolo Maccari, suo capo ufficio stampa che aveva patteggiato quattordici mesi per corruzione, truffa aggravata e tentata concussione). L’isolamento gli pesa. Lo fa soffrire. Probabilmente è di indole vendicativa, non molla l’osso. Vedere in lui, nelle sembianze del figlio, il nuovo leader è da ingenui o da complici. Nessuna novità si prospetta per la Valle d’Aosta, ma un copione già visto e già subito. Dino non parla in pubblico, non fa dichiarazioni, non scrive, non lancia appelli, questo lo fa il figlio. Lui preferisce lavorare nell’ombra. Organizzare incontri privati. Stilare nuove parentele. Nuovi accordi e tattiche per l’unica strategia che gli sta a cuore: riconquistare il palazzo. Se per la salute nostra Rollandin è cicuta, Viérin è varechina.