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Il reuccio è nudo

Creato il 15 giugno 2015 da Albertocapece

renzi-mare-21A reti unificate i “commentatori della nazione” accorrono al capezzale del renzismo per tentare di dimostrare l’impossibile, ossia che la sostanziale sconfitta alle comunali non è una bocciatura del premier o della sua politica e nemmeno un rifiuto del  sistema politico generale, nonostante l’assenteismo ormai dilagante. Ma media e gente che ormai da un decennio si fanno megafono della mitica ripresa e di qualsiasi palese assurdità sia necessaria per smerciare questa merce ideologica taroccata, non si fermano certo davanti a bagatelle come l’evidenza. Le banderuole ben pagate subito si allineano dalla parte da cui soffiano i twitter del potere e ripetono in maniera più articolata gli squittii del premier: a uscire sconfitto non sarebbe il Pd del guappo, bensì una non ben identificata e mitica “sinistra”.

La base per spacciare questa ennesima e grossolana cartapesta del potere è proprio la città simbolo del reflusso renziano, ossia Venezia. Casson si dice ora non era il candidato di Renzi, era troppo a sinistra e via andare con balle di questo genere. Balle perché è evidente che la sconfitta in laguna ha motivi diversi e contrari: l’incapacità del Pd di creare una cesura col passato, una netta dissociazione col governo ombra del Mose e l’equilibrismo di Casson stesso che non ha saputo e voluto rappresentare fino in fondo una possibile svolta, rappresentando un’idea di città e di economia, facendo subito un patto con il suo rivale alle primarie Pellicani, non dando l’impressione di voler davvero tagliare con le pratiche di governo politicanti e mostrandosi possibilista persino con i canali cementizi nei quali si vuole soffocare la laguna. Altro che politica del no come pretenderebbe Orsoni, il commesso non viaggiatore del Mose. La prova del nove è che ad Arezzo, città della Boschi, Matera e Nuoro, i candidati renziani che più non si può sono stati egualmente battuti. Così come del resto è accaduto in tutti i ballottaggi della Toscana.

Ma di certo la coerenza di ragionamento non si addice alle banderuole che devono seguire il vento e non possono dire che i risultati elettorali di queste amministrative derivano sostanzialmente da due fattori uguali e contrari: da una parte il progressivo disgusto dell’elettorato tradizionale del Pd nei confronti di una politica di selvaggia regressione sociale attuata dal partito della nazione oltre che dal suo essere impastoiato nella corruzione, dall’altro dalla sostanziale e sempre più chiara convergenza ideologica con la destra che porta più della metà degli elettori a disertare le urne e getta in confusione chi vi reca.

Non potendo apertamente sostenere che la linea del premier ne esce vincitrice si rispolvera sotto altro nome il nemico inesistente che fu di Berlusconi, solo che allora si trattava di “comunisti” e adesso si parla più vagamente di “sinistra”, il ballon d’essai che dovrebbe  dimostrare come il progetto renziano di convergenza a destra trasformando il Pd in partito della nazione, sia comunque vincente. Tesi priva di senso e di consistenza che tuttavia è sostenuta con implacabile faccia tosta: ne va della tenuta di un variegato clan di potere che su Renzi, in quanto faccia spendibile del berlusconismo, per giunta mimetizzato da centrosinistra, ha puntato molto per non dire tutto dopo il fallimento dei commissari Monti e Letta.

Ma anche fuori dai confini se si cominciasse a sentire odore di bruciato, potrebbe venire la pressante sollecitazione a cambiare ancora una volta cavallo per evitare che in prospettiva si finisca in una situazione greca aggravata dal peso dell’Italia rispetto ad Atene. Perciò la classe dirigente nazionale tenta di salvare ad ogni costo Renzi dall’evidenza della sua prima sconfitta : dove lo vanno a trovare un uomo di paglia così, formidabile politicante e nullità politica buona per ogni avventura, diktat, emergenza, grassazione, bullo da strapazzo quando viene spalleggiato dai suoi amici lontani e vicini, ma codardo senza pari e complice d’elezione quando dovrebbe dire no? Nonostante tutta la buona volontà di Silvio Berlusconi e Denis Verdini nel conservare al guappo di Rignano una solida magggioranza parlamentare, la paura di molti di perdere la cadrega potrebbe fare da detonatore di una crisi per non parlare dei fermenti della piazza nei confronti del Marchionne teller e della vicenda immigrazione che è come una bomba atomica pronta a detonare mostrando per giunta l’inesistenza totale dell’Europa.

Si, potrebbe convenire la quarta operazione gattopardesca in pochi anni e non ci vorrebbe poi molto: un’alzatina allo spread con conseguente situazione drammatica che non consente le elezioni e giù con  qualche nuovo simil tecnico, magari un passeriforme di passaggio a mostrare le luci in fondo al tunnel. In fondo l’operazione Renzi si basava proprio sulle attese fideistiche o ipocrite in una ripresa che non c’è stata, da nessuna parte: il reuccio è spoglio delle illusioni e comincia a fare freddo.


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