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- Scritto da Simone Soranna
- Categoria principale: Le nostre recensioni
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 11 Dicembre 2014
La carriera di Aldo, Giovanni e Giacomo è costellata di grandi successi e indimenticabili sketch televisivi. Da qualche anno a questa parte però, il trio comico più famoso d’Italia aveva dato cenno di aver perso lo smalto, il brio, la leggerezza e la capacità comica che da sempre li ha caratterizzati. Gli attori sono nati in teatro e da sempre hanno espresso le loro massime capacità sul palcoscenico. Il cinema è arrivato dopo, quando qualcuno si è accorto che Aldo, Giovanni e Giacomo avrebbero potuto incassare ampiamente al botteghino. E così è stato.
Proprio questo fatto sembra essere il primo e unico motore alla base di un progetto come Il ricco, il povero e il maggiordomo. Il film infatti, in linea con le ultime pellicole degli attori (Tu la conosci Claudia?, Il cosmo sul comò, La banda dei Babbi Natale) non trova motivo d’esistere se non quello di spingere i vecchi fan del trio comico al cinema.
Senza idee, scialba, monotona, con una storia che strizza l’occhio a tematiche sociali contemporanee (come la crisi di valori e la crisi monetaria dei nostri giorni) senza mai approfondire nulla, con una morale davvero elementare e, cosa più grave di tutte, senza nessuna potenza comica, la pellicola annoia e sorprende per la scarsa inventiva. I tre comici appaiono proprio stanchi e svogliati, quasi come fossero obbligati a riproporre ciclicamente un film natalizio. Non si ride mai, e si sorride pochissimo, grazie soprattutto all’importante presenza che gli attori di contorno regalano al film (primo su tutti Massimo Popolizio nei panni di uno spassoso e cinico prete).
Tra citazioni cinematografiche gratuite e poco riuscite (Kill Bill di Tarantino), buffi episodi che richiamano alla comica slapstick (come l’abbozzato inseguimento iniziale), il film sembra voler insistere sul vecchio (ri)presentando situazioni comiche ormai superate (quante persone vengono colpite dalle palline da golf?) e per giunta strutture drammaturgiche già sviluppate nella filmografia precedente (Aldo che viene usato dagli altri due come interprete di uno sconosciuto per incastrare un quarto personaggio in gioco non vi ricorda un film del trio ambientato a New York?).
Se la malinconia e il ricordo del passato glorioso ora completamente adombrato sono gli unici sentimenti che lo spettatore prova durante la visione, forse qualcosa di sbagliato c’è, eccome. E parliamoci chiaro: se un nuovo trio di comici esordiente si fosse presentato alle porte di Paolo Guerra per farsi approvare una sceneggiatura simile, probabilmente il produttore non sarebbe andato oltre le prime 10 pagine.
Voto: 1,5/4