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Il richiamo della foresta

Creato il 11 ottobre 2014 da Dragor

 

Foret

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   Foto scattata nella foresta di Charlottenlund

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  - Mai - dice il vecchio esploratore facendo roteare il bourbon nel bicchiere. Oltre il cerchio di luce proiettato dal fuoco, il buio è trafitto dagli occhi incandescenti delle iene. - Sono stato in tutte le foreste del mondo: sui Virunga, in Amazonia, nell'Araucania, in Siberia, nel Borneo, nell'Outback. E non mi sono mai smarrito, dico mai. Non è questione di bussole o GPS. Ho un senso di orientamento che non mi tradisce. Per quanto la vegetazione sia fitta, per quanto la natura ti circondi di barriere impenetrabili, per quanto la canopea sopra la tua testa sia così spessa da non lasciar passare nemmeno un sottile raggio di sole, ho sempre trovato la strada di casa.

   - Sempre?

  Il vecchio esploratore beve un lungo sorso ed emette un sospiro di soddisfazione. In certi momenti fa bene sentirsi bruciare le budella.

   - Be,' una volta...

   - Una volta?

   Il vecchio esploratore scrolla la testa.

   - Sì, una volta. E quando vi dirò dove mi è successo, non mi crederete.

   - Dove?

   - Ve l'ho detto, non mi crederete. Non mi è successo nella giungla indiana o nella taiga siberiana, non mi è successo in Africa o nell'America del Sud. No, mi è successo nel cuore di una città europea.

   - Quale?

  - Copenaghen. Là c'è una foresta chiamata Charlottenlund. I danesi amano le foreste, i loro parchi sembrano foreste. Be'... - Il vecchio esploratore scrolla di nuovo la testa.- Mi sono perso a Charlottenlund.

    - Com'è successo?

  - Sentite bene. Passeggiavo con mia moglie su un sentiero che s'inoltra nella foresta e ho visto un gigantesco albero con un tronco grosso come quello di un sequoia. Così ho detto a mia moglie: "Vieni, ti faccio una foto." Abbiamo lasciato il sentiero per avvicinarci all'albero e là ho scattato la fotografia. Poi, per cambiare la prospettiva, ho girato attorno al tronco per scattarne un'altra. Poi ancora un'altra. Dopo quattro o cinque foto, ho detto a mia moglie: "Torniamo sul sentiero."

    - E...?

   - Be', non ci crederete ma il sentiero era sparito. Girando attorno al tronco, avevo scordato in quale direzione si trovasse. Così ho cercato in ogni direzione, allontanandomi sempre più dal tronco. A un certo punto non ho più visto il tronco, o meglio ne vedevo decine che sembravano tutti uguali. Tronchi in mezzo a una vegetazione così fitta che sarebbe stato difficile avanzare perfino con il machete. Sulle foglie umide che coprivano il terreno strisciavano grosse, ripugnanti lumache. Mia moglie ha cominciato a piagnucolare "ci siamo persi, non usciremo mai più da questo inferno verde, moriremo di fame e fra 50 anni qualcuno troverà i nostri scheletri, è tutta colpa tua". E allora ho conosciuto l'Angoscia. Sì, l'Angoscia, quella con la A maiuscola. Ovunque mi girassi, le pareti verdi sembravano chiudersi su di me come un mostro che si accingesse a stritolarmi. I rami erano artigli che cercavano di afferrarmi, i tronchi volti deformi dalle bocche spalancate in grida silenziose. Avremmo errato per tutta la vita in quell'incubo verde, in quel labirinto senza fine, in quel mondo umido e gocciolante lacrime  disperate...

                                                              Dragor

 


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