Pietro Longhi, il rinoceronte
Il Settecento è anche rappresentazione e teatro. Ben lo dimostra un dipinto di Pietro Longhi, molto curioso, che rappresenta appunto un rinoceronte. La storia è autentica e vera, ne parla anche Casanova: fu un mercante olandese a esibirlo, a pagamento, in tutte le città europee.Il povero rinoceronte (anzi una “ricerontessa”: Clara era stata battezzata) fu costretta a una spossante tournée. Nel 1751 arrivò a Venezia.
E' stato scornato per evitare ogni pericolo alla bimba acompagnata dalla sorella mascherata, ambedue custodite dalla serva di casa, mentre sotto signori e signore, si lasciano stupire dal domatore che s'è appropriato del corno.
Il rinoceronte, come una grande massa nera, occupa la parte bassa della tela: è intento a mangiare, inoffensivo e indifferente, con la rassegnazione e la pazienza di un animale domestico.
L’ambiente non è una corte regale, ma un circo, o, meglio, uno di quegli effimeri “casotti” in legno, destinati a spettacoli di saltimbanchi o a dimostrazioni di cavadenti. La meraviglia e lo sbigottimento sono diventati spettacolo: l’esotico, l’alieno è stato addomesticato, e il nobile animale, oggetto di uno svagato interesse, è ridotto a un fenomeno da baraccone. Pietro Longhi sta alla pittura come Goldoni alla Commedia Umana, racconta, in quadretti deliziosi nati per le ombre dei corridoi e dipinti con nevrotiche pennellate dall'apparenza distratta, tutto il pulsare di una società che mescola classi sociali e affari in un tripudio di decadenze. Esattamente come Goldoni, con il superamento della commedia dell'arte, crea un nuovo tipo di teatro ispirato alla vita reale.E se l'ironia di Longhe è dolce mentre quella di Hogarth è tagliente e forse solo perchè lui sa che la sua storia sta concludendosi, mentre quella britannica sta per vincere i mari che una volta erano di Venezia.