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Il rischio dell'antisindacato

Da Brunougolini
"Il sindacato viene spesso paragonato al marcio della politica". Non è la provocazione di uno dei tanti fustigatori delle caste. E’ l’osservazione di un giovane delegato della Cgil intento a spiegare il distacco esistente tra nuove generazioni e, appunto, il sindacato. E’ tra gli spunti contenuti in un volume (Ediesse) curato da Cesare Menghini e Federico Chicchi: “Quali alleanze? Giovani e sindacati di fronte alla frantumazione del lavoro”.
Il rischio dell'antisindacato
Il titolo è riferito alla proposta conclusiva, quella di operare per una nuova “coalizione del lavoro” (opposta a quella che prevede una contrapposizione tra padri e figli) formata dalle nuove figure eterogenee del lavoro e i soggetti lavoratori “più conosciuti e riconosciuti”.
Tutto parte da una ricerca dell’Ires Cgil in Emilia Romagna. Sono stati realizzati 19 “focus group” in undici territori sindacali coinvolgendo oltre cento giovani delegati della Cgil. Tra gli aspetti emersi quello della mancata valorizzazione delle “conoscenze”. Pretendono la professionalità ma non la riconoscono. Magari capita che in un industria alimentare un giorno stai ai forni, poi il giorno dopo al reparto gastronomia, e un giorno ancora alla cassa. “Alla fine non hai imparato nulla, fai il tappabuchi".
Manca la formazione, come ha certificato l’altro giorno anche il Censis. Interessanti le osservazioni circa la flessibilità che si vorrebbe “dal basso” misurata secondo esigenze individuali e non imposta dall’alto. Non emerge, in sostanza, una nostalgia per il modello di governo fordista ma semmai la richiesta di una radicale riorganizzazione sociale dei rapporti tra formazione e lavoro, tra tempi di vita e tempi di lavoro.
Il sindacato è vissuto, quando va bene, come un Grande Avvocato.
Un distacco che ha bisogno di risposte, contenute nel capitolo conclusivo del libro. E’ necessaria, si spiega, una riorganizzazione capace di conciliare una dimensione individuale con quella collettiva. Il meccanismo della rappresentanza si è inceppato e non basta acquisire un nuovo “appeal”. E’ necessaria “una strategia di fidelizzazione”, una revisione della ritualità interna, anche ricorrendo a nuovi mezzi di comunicazione come Facebook. Gli autori fanno proprie molte analisi di studiosi (Sergio Bologna), citando iniziative come quella dell’Agorà delle donne.
Con la convinzione che i “modelli industriali della produzione” vadano progressivamente “in soffitta” (anche se sarebbe meglio dire che raggiungono altri Paesi). L’invito è quindi al sindacato perché vada ad abitare “i nuovi spazi sociali del lavoro” , a “federare le diversità”, dando vita alla nuova coalizione del lavoro, superando l’attuale divisione dei compiti tra Federazioni di categorie che contrattano e Confederazioni che pensano ai problemi più generali. L’accordo unitario Cgil Cisl e Uil del 28 giugno, dicono, può aiutare. Come può aiutare la voce di tanti precari all'assemblea di ieri della Cgil.

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